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lunedì 16 settembre 2019

Il rondone.. ma pallido

Non fatevi ingannare dal nome Rondone pallido (Apus pallidus), non si tratta di un uccello che ha perduto il colore naturale o è malaticcio, ma bensì di una specie poco conosciuta che merita un approfondimento. Tra pochi giorni inizierà l’autunno, per la precisione sarà il 23 settembre, alle 07:50 UTC, 09:50 ora italiana e, in questi ultimi giorni d’estate è il momento migliore per osservare il Rondone pallido mentre sta portando a termine la seconda nidificazione. Non ci si può sbagliare perchè Il suo parente stretto, il Rondone comune (Apus apus), molto simile a lui è da parecchio tempo che ha lasciato le aree di nidificazione.
Rondone pallido (Apus pallidus). Piumaggio dal colore ambrato,
in natura è difficilmente distinguibile dal Rondone comune. Settembre, Monza.

Rondone comune (Apus apus).Giugno, Varenna (LC).

Del Rondone ho già descritto alcune sue peculiarità Link e Link, pertanto non mi dilungo sulla biologia di questi straordinari e instancabili volatori.
I rondoni appartengono all’ordine degli Apodiformes e alla famiglia degli Apodidae, in Italia convivono tre specie di rondoni: il Rondone maggiore (Tachymarptis melba), che con i suoi 60 cm di apertura alare è il più grosso tra i vari rondoni; il Rondone comune (Apus apus) è la specie più diffusa e facilmente osservabile; il Rondone pallido (Apus pallidus) è la specie che ancora oggi è poco conosciuta ed indagata.
Rondone maggiore (Tachymarptis melba). Giugno, provincia di Como.
Fino a pochi decenni fa si pensava che il Rondone pallido fosse una specie relegata alle coste mediterranee, sue aree di nidificazione, in realtà, oggi sappiamo che è abbastanza diffuso e seppur in modo discontinuo è presente anche nelle città non costiere. La sua elusiva presenza, per via della difficoltà nel riconoscimento, arriva da lontano, basti pensare che il Rondone comune fu classificato da Linneo nel 1758 ma dovettero trascorrere 112 anni prima che un ornitologo inglese G. E. Shelley nel 1870 classificasse il Rondone pallido, assegnandogli il ruolo di specie. Gli fu assegnato nome Apus pallidus, Apus derivante dal greco  a=senza, e pous=piedi, per la ridotta lunghezza delle zampe e pallidus dal latino, per il colore ambrato del suo piumaggio.
Rondone pallido.

La somiglianza fra “pallido” e “comune” è dovuta al fatto che l’evoluzione ha portato diverse specie di uccelli ad assumere comportamenti e morfologie simili fra loro, pur mantenendo caratteristiche genetiche che spesso li pongono non solo in famiglie diverse, ma anche in differenti ordini, come nel caso dei rondoni e delle rondini.
Rondine (Hirundo rustica). Ordine Passeriformes.
Rondone comune (Apus apus). Ordine Apodiformes.
Ancora oggi esperti ornitologi, spesso rimangono in dubbio nell’identificarli mentre volano alti nel cielo. Questa convergenza evolutiva ha fatto si che tra il Rondone pallido e il Rondone comune abbiano molte caratteristiche simili: habitat, tipo di alimentazione, luoghi di riproduzione, comportamenti sociali e morfologia. Una differenza tra le due specie e determinante al riconoscimento è, il periodo di migrazione e il numero delle covate annue. Il Rondone comune, è un migratore tra i più ritardatari nell’arrivare sui luoghi di nidificazione (maggio), fa una sola nidificazione, ed il più precoce nel ritornare nei luoghi di svernamento (luglio). Il Rondone pallido, arriva molto presto (marzo) e lo si può osservare anche ad autunno inoltrato (settembre).

Carosello di rondoni comuni.
Svelato questo semplice trucco per riconoscere in natura i rondoni pallidi, non resta che individuare una colonia di nidificazione. Una di queste si trova a Monza, precisamente all’Arengario, numerosi sono i nidi nel portico, alcuni collocati in buchi dell'impalcatura di costruzioni, altri in fessure del soffitto. Questa colonia è mista con rondoni comuni, per questo motivo il periodo giusto è proprio questo di fine estate quando con plausibile certezza i rondoni che vediamo sfrecciare sono “pallidi”.
Rondone pallido.

Quando le conoscenze a riguardo della fenologia del Rondone pallido non erano tali, due famosi ornitologi dell’epoca Savi e Moltoni in un articolo datato 1950, scrissero della precoce osservazione di Rondoni comuni a Milano arrivati prima delle Rondini. Ma nel 1986 (Gimpel et al.) segnalarono la prima osservazione di Rondone pallido nidificante a Milano. Con tutta probabilità le osservazioni di Savi e Moltoni in realtà sarebbero da attribuire al Rondone pallido, ben difficile da riconoscere in natura con gli strumenti ottici del tempo e inoltre all’epoca nessuno avrebbe mai sospettato la presenza di questa specie nell’Italia settentrionale.
Carosello di rondoni pallidi.
Planate e giravolte, virate e cabrate, impennate intervallate da fasi di rapida battuta alare, i rondoni che siano pallidi o comuni poco importa, il vederli volare a velocità sostenute e mai sotto i 50 km/h, per non incorrere in stallo, per poi infilarsi con incredibile precisione nelle strette fessure dei muri senza schiantarsi fa si che sia un affascinante motivo per osservarli.
Rondone comune.

D’altra parte i rondoni sono nati per volare, sono loro i veri padroni del cielo, visto che vivono in volo continuo senza mai posarsi, salvo la breve pausa della cova al nido, e dal momento che il pulcino con coraggio si butta dal nido non toccherà più terra per due anni, quando adulto toccherà a lui il proseguo della generazione.

Rondone comune.


Bibliografia
G. Boano, Rondoni I signori del cielo. Rivista semestrale Picus, dicembre 2012.

P. Brichetti & G. Fracasso, 2007. Ornitologia italiana Vol. 4- Perdisia editore. Bologna.

mercoledì 10 maggio 2017

Una “normale” giornata di migrazione

Dopo un lungo periodo di siccità e temperature sopra la media durante la fine di aprile, siamo ripiombati nell’inverno con montagne imbiancate e temperature sotto le medie stagionali. Questo pazzo tempo ha condizionato molto il viaggio migratorio degli uccelli verso le regioni d’oltralpe poiché con il maltempo i valichi sono difficilmente attraversabili, se non rischiando la vita. Di conseguenza il fondovalle è diventato un’obbligata area di sosta per molti uccelli in attesa di una finestra di bel tempo. I campi allagati si sono così riempiti di un pullulare di vita alata portando per i birdwatchers un momento di grande euforia alla ricerca di specie particolari.

1_Pian-di-Spagna_004

Un campo allagato nei pressi della Riserva Naturale del Pian di Spagna (CO-SO).

2_Balestruccio_Pian-di-Spagna_002

Anche le linee elettriche vengono utilizzate come posatoi da centinaia di rondini e balestrucci.

3_Rondine_Delebio_002

 

 

 

 

Rondini che, nonostante la pioggia battente, si fanno sentire con il loro canto. Anche se non sembra, è primavera!

 

 

 

4_Stiaccino_Pian-di-Spagna_001

 

 

 

 

 

I campi colorati di rosso dalle infiorescenze dell’erba cucca (Rumex acetosa) ospitano gli stiaccini (Saxicola rubetra)…

 

 

5_Cutrettola_Pian-di-Spagna_001

 

 

 

 

 

 

…mentre nei solchi allagati le cutrettole (Motacilla flava) razzolano alla ricerca di qualche insetto.

 

 

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L’erba pronta per la fienagione è piegata dalla pioggia. Qui vi ha trovato rifugio un’inzuppata Pispola (Anthus pratensis).

 

 

 

Sosta obbligata anche per i grandi volatori come gli uccelli rapaci. L’insistente pioggia obbliga loro a lunghe pause su posatoi di ogni genere.

7_Falco-cuculo_Pian-di-Spagna_013

 

 

 

 

 

Il Falco cuculo (Falco vespertinus) ha scelto la linea elettrica ferroviaria.

 

 

 

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L’Albanella minore (Circus pygargus) sta immobile su un paletto sotto l’acqua.

 

 

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Il Nibbio bruno (Milvus migrans), appollaiato, aspetta che spiova.

 

 

I limicoli offrono il vero spettacolo con numeri insoliti per le nostre zone.

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Nel cielo plumbeo spicca un volo di limicoli.

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Un gruppo di combattenti (Philomachus pugnax) sta per atterrare nel campo allagato.

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I piro piro boscherecci (Tringa glareola) sono tra i limicoli presenti quelli con qualche centinaia di individui.

 

 

 

 

 

 

Questo è solo un accenno di quanto si è vissuto a causa del maltempo! Oltre agli uccelli inzuppati dalla pioggia, i diversi birdwatchers presenti, grazie alla loro riconosciuta abilità, hanno in breve tempo scovato molte rarità! Per chi volesse approfondire rimando al blog CROSVarenna (LINK) dove puntualmente sono documentate la maggior parte di queste specie particolari.

Tra le varie “rarità” sono comparse due specie dal buffo nome volgare, retaggio di un’intrinseca influenza religiosa o semplicemente frutto di poca fantasia. Sto parlando della Monachella (Oenanthe hispanica) e del Fraticello (Sternula albifrons), entrambi osservati in Alto Lario. Il famoso ornitologo Moltoni (LINK) così identificò l’etimologia del nome Monachella “per via del suo piumaggio13__Monachella(8) bianco e nero che ricorda l’abito di alcuni ordini monastici”.

 

 

 

 

 

Monachella, aprile, Provincia di Latina.

 

 

 

Più difficile è interpretare il nome dato al Fraticello. Moltoni, nonostante le sue abilità letterarie, si arrese scrivendo così: “Fraticello, forse per il suo piumaggio primaverile con capo nero e fronte bianca, che può ricordare quello di certi frati”. Come spesso è capitato infatti, chi si prese l’onere di attribuire il nome scientifico agli animali lo fece mettendo in evidenza caratteri o abitudini derivate da attenta osservazione. Di conseguenza vennero composti nomi molto appropriati, tra i quali ad esempio proprio quello del Fraticello che ha nel nome della specie albifrons parola composta latina, albus=bianco, e frons=fronte, in pratica fronte bianca, caratteristica ben visibile in questa specie. Più pragmatico è il nome volgare in inglese dove semplicemente viene chiamato Little Tern=piccola sterna. Infatti il Fraticello è il più piccolo uccello appartenete al genere delle sterne.

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Fraticello, aprile, Alto Lario (CO-LC).

Giusto per non farci mancare nulla della serie nomi “monastici” abbiamo anche il Fratino (Charadrius alexandrinus) un piccolo uccello abitualmente legato agli ambienti marini. 14

Fratino da disegno di John Gould (1867).

 

Visto che il Fraticello è definito specie “rara”, almeno dalle nostre parti, mi pare ovvio fornire alcune note a riguardo di questo uccello.

2017-04-28_Fraticello_Colico_015

Il Fraticello è una piccola sterna dalle dimensioni di circa 21-27 cm, dal peso di 45-60 g e di un’apertura alare di 45-55 cm.

Questa specie è presente in Eurasia, Africa e Oceania in aree frammentate. La specie presente nel continente americano è stata recentemente separata divenendo Sterna antillarum.

La popolazione paleartica del Fraticello ha abitudini prevalentemente costiere. In Europa è presente in estate come nidificante mentre trascorre l’inverno, tranne alcune eccezioni, lungo le coste dell’Africa occidentale e meridionale. Molte zone interne europee occupate fino alla prima metà del XX secolo sono state progressivamente abbandonate per varie cause ambientali.

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Distribuzione del Fraticello in Europa
Fonte www.birdguides.com

In Italia è nidificante in prevalenza nella Pianura Padana lungo alcuni fiumi con ampio alveo e soprattutto nelle lagune dell’alto Adriatico, mentre è più localizzata in Puglia, Sicilia, Sardegna.

Sul Lario, l’ultima osservazione accertata di questa specie risale al 1999. Troviamo riferimenti antecedenti nella collezione del Museo Ornitologico di Varenna con un esemplare datato 1963. Più genericamente, è segnato come “presenza rara” sia nel volume di Maurizio Monti “Ornitologia Comense - 1843”, sia nel “Catalogo ornitologico della provincia di Como e della Valtellina – 1870” del dottor Erasmo Buzzi.

Il Fraticello è specie in pericolo. Il suo decremento numerico è dovuto principalmente alla distruzione e la frammentazione degli habitat riproduttivi, il disturbo antropico (balneazione, pescatori, mezzi fuoristrada) e , durante la nidificazione, avvelenamento da pesticidi e la predazione di uova e pulcini da parte del Gabbiano reale, di ratti, Corvidi, cinghiale, cani e gatti randagi.

16_Fraticello_Colico_001-2


Bibliografia

L'etimologia ed il significato dei nomi volgari e scientifici degli uccelli italiani – Edgardo Moltoni – Milano 1946.

Spagnesi M. & Serra L, 2003. Uccelli d’Italia – Quaderni di Conservazione della Natura Numero 16, Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica “Alessandro Ghigi”

Monti M., Ornitologia Comense, 1843.

Web

Catalogo ornitologico, quaderni derviesi -http://www.dervio.org/qd/gloss/ornit/index.htm

www.birdguides.com

http://www.avibirds.com/euhtml/Little_Tern.html

domenica 6 aprile 2014

Il canto degli uccelli

Non c’è dubbio, anche i più distratti o disinteressati sanno che la primavera è la stagione principale per udire il canto degli uccelli. Non tutti forse sanno però perché gli uccelli cantano. Scopo di questo post è dunque affrontare un tema affascinante ma complesso in maniera semplice.

Tutti gli uccelli possiedono un repertorio di vocalizzazioni per comunicare fra loro informazioni su pericoli, cibo, sesso, spostamenti in gruppo e per molti altri scopi.

Il canto degli uccelli in genere, ma non sempre, è una prerogativa del sesso maschile dipendente dagli ormoni androgeni. Il canto consiste di una serie di suoni prodotti dalla siringe, un particolare organo posto tra la trachea ed i bronchi, che al passare dell’aria vibra allo stesso modo delle nostre corde vocali.

 

1_Cicogna bianca (64)

 

Praticamente tutti gli uccelli comunicano con suoni: dallo sbattere delle mandibole delle cicogne alla melodia di un usignolo.

 

Cicogna bianca Ciconia ciconia

 

 

I picchi, invece, comunicano più frequentemente tambureggiando sui tronchi con il becco.

2_Picchio rosso mag (6)

 

Picchio rosso maggiore Dendrocopos major

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Fagiano comune, oltre al rauco canto, si caratterizza anche scuotendo con fragore le ali.

3_Fagiano (14)

 

Fagiano comune
Phasianus colchicus

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il canto nel vero senso della parola spetta principalmente ai Passeriformi e tra questi i Turdidi sono i più melodiosi. Basti pensare che il canto dell’usignolo viene così descritto sul dizionario:
Usignolo: Piccolo uccello dal piumaggio bruno-rossiccio; ha un canto melodioso e penetrante con una varietà di gorgheggi eccezionale – Locuzione: Cantare come un usignolo, con voce melodiosa, nitida e dolcissima.

 4_Usignolo (19)

Usignolo Luscinia megarhynchos

 

 

 

 

 

 

 

 

La prerogativa del canto spetta al maschio, il quale durante la stagione riproduttiva investe molto tempo in questa attività che porta con sé un duplice significato: cantando a lungo dimostra alla femmina il suo ottimo stato di salute e dimostra anche la favorevole disponibilità alimentare del suo territorio. Inoltre con il suo canto territoriale avverte gli altri maschi rivali di stare lontani.

5_Tordo bottaccio (1)

Il Tordo bottaccio Turdus philomelos, normalmente vive nel folto del bosco, in primavera si posa ben in vista mentre canta per delimitare il suo territorio.

 

5_Merlo ed(5)

Gli uccelli, tuttavia, vocalizzano per una varietà di altre ragioni. Ad esempio, i canti servono a mantenere il contatto con la femmina, soprattutto nel periodo della cova e di allevamento della prole. I maschi si posano in un luogo ben visibile, da cui controllano che nessun predatore si avvicini e così comunicano con il canto alla compagna che tutto è tranquillo. Se invece si avvicina un qualsiasi pericolo, il canto si trasforma in suoni di allarme. Sono il tono, la frequenza e la durata a specificare l’urgenza del messaggio.

Merlo: canto   

Merlo: allarme

Durante la stagione non riproduttiva, il canto si trasforma in vocalizzi di contatto, soprattutto nelle specie gregarie. Altri suoni sono emessi per avvisare gli altri elementi del gruppo in presenza di pericoli e fungono come allarmi.

7_Codibugnolo (6)

 

Il Codibugnolo, Aegithalos caudatus, è molto gregario durante la stagione invernale. Con i membri del suo gruppo è solito tenersi in contatto attraverso il suo caratteristico richiamo.

 

 

 

 

Se per la melodia del canto, a detta di molti, il più bello spetta all’usignolo, allo scricciolo spetta il primato considerando il rapporto di minuta corporatura che lo caratterizza e la potenza del suono emesso.

Scricciolo Troglodytes troglodytes, (video di Luciano Mingarelli)

 

Essendo un vero e proprio linguaggio composto da suoni di varie frequenze, il canto subisce l’ influenza dialettale in funzione ad una limitata area geografica. Infatti gli uccelli non solo sanno riconoscere un appartenente alla loro stessa specie ma sono anche capaci di capire se è “forestiero”.

La produzione del canto è guidata da tracce acustiche in memoria contenute nel cervello che codificano le caratteristiche specie-specifiche e consentono il processo di apprendimento.
Gli etologi hanno stabilito che i giovani uccelli imparano i loro canti in quattro fasi:
Le prime due fasi sono dette silenziose poiché i giovani restano in ascolto per imparare dagli adulti.
Nella prima fase che dura da due a dodici mesi, a seconda delle specie, i piccoli imparano la struttura, il passo e le variazioni.
Nella seconda fase che dura sino ad otto mesi, apprendono sillabe o frasi.
Nella terza fase iniziano ad ascoltare se stessi confrontando le loro performance con quanto appreso sino a quel momento.
Nell’ultima fase (detta “cristallizzazione”) le frasi e i canti sono stabilizzati e corredati da piccole personalizzazioni che trasformano i giovani in adulti riconoscibili dagli altri componenti della stessa specie.

In alcune specie, durante questa fase di apprendimento, avviene un fenomeno di imitazione del canto, dei rumori o di vere e proprie vocalizzazioni umane, come nel caso dei pappagalli. Altri uccelli come la ghiandaia, la cannaiola verdognola, la capinera e molti altri hanno invece l’abitudine di imitare il canto di altre specie.
Perché questo avvenga è ancora sconosciuto ma interesse di studi contemporanei.8_Storno (61)

Personalmente, sono stato anche io ingannato durante una mia uscita invernale da uno Storno, artefice di una precisa imitazione del canto del rigogolo. Poiché però quest’ultimo in quel periodo si trovava a svernare in Africa, ho indagato curiosamente fino a scoprire che si trattava appunto del bravo imitatore e non dell’originale.

 

 

 


Lo Storno Sturnus vulgaris è uno dei più comuni imitatori del canto di altri uccelli.

Per chi fa birdwatching è importantissimo saper riconoscere il canto degli uccelli. Spesso nascosti nella folta vegetazione, la loro presenza è segnalata solo dal canto: un esempio è l’usignolo di fiume, molto vocifero ma praticamente invisibile.9_Usignolo di fiume (59)

Usignolo di fiume Cettia cetti

Mettiamoci alla prova : sul sito di Vogelwarte, un simpatico gioco a più livelli per riconoscere i canti LINK

11_Rondine (1)

 

Anche la lingua italiana sottolinea l’estrema peculiarità di alcuni canti di uccelli associando un verbo specifico ad una specie, come ad esempio la rondine che garrisce o il gracchiare della cornacchia.

 

 

 

 

 

Rondine Hirundo rustica

 

Quanto cantano gli uccelli? Il ricercatore Hans-Heiner Bergmann e il suo gruppo ha controllato sull’arco di un’intera giornata 23 maschi di fringuello. Il record è stato raggiunto da un maschio con 4546 strofe, mentre la media è di 2200 strofe al giorno, pari a circa 1 ora e mezza al giorno. (fonte vogelwarte)

12_Fringuello (45)

 

 

Fringuello Fringilla coelebs

 

 

 

 

 

 

 

 

L’uomo ha sempre avuto una particolare attenzione al canto degli uccelli. Basti pensare alla diffusissima pratica della detenzione in gabbia per poterne godere del loro canto. Comune a questo scopo è l’allevamento del canarino di cui se ne è già parlato su questo blog LINK


Molti musicisti hanno cercato di trasformare in concerti strumentali i canti degli uccelli, tra questi nel '500 Clement Janequin scrisse una chanson "descrittiva" intitolata proprio "Le chant des oiseaux".

13_Le.Chant.des.Oyseaulx

 

 

Brano tratto da Le chant des oiseaux

 

 

 

 

 

Dal blog musica e ambiente, riporto il seguente elenco di compositori che hanno scritto, con intenti sia comici che descrittivi ed evocativi, riferendosi agli uccelli sono:

Adriano Banchieri: contrappunto bestiale alla mente
Girolamo Frescobaldi : Capriccio sopra Cucho
Bernardo Pasquini: Toccata con lo scherzo del Cucco
François Couperin: in "L'art de toucher le Clavecin" brani dedicati all'usignolo, al canarino, alla capinera, al fringuello, al cuculo
Antonio Vivaldi: Il Cardellino (concerto per flauto e archi); e L'Estate da Le Quattro Stagioni
Ludwig van Beethoven: Sinfonia N° 6 "Pastorale, secondo mov. Usignolo, Quaglia e Cuculo imitati rispettivamente da flauto, oboe e clarinetto
Franz Joseph Haydn: Sinfonia N° 38 "La Poule"
Richard Wagner: motivo dell'Uccello de Bosco nel Sigfrido
Camille Saint Saëns: Il Cigno, Galli e Galline, Voliera, Il Cuculo nel fondo del Bosco, in Il Carnevale degli Animali
Igor Strawinsky: Le Rossignol; L'Uccello di fuocoùHeitor Villa-Lobos: Uiraparù
Maurice Ravel: Oiseaux Tristes

La personalità musicale del '900 che però ha studiato e usato il canto degli uccelli non con fini comici o semplicemente descrittivi, ma considerandoli un mezzo di avvicinamento alla natura intesa come fonte primigenia del suono è Oliver Messiaen, organista e compositore francese vissuto tra il 1908 ed il 1992. Dopo un periodo di studi tecnico-filosofici sui modi intervallari e ritmici, agli inizi degli anni '50 Messiaen rivolge la sua attenzione al "massimi musicisti". Già in lavori passati si ritrova la presenza di questi materiali usati come oasi distensiva in un contesto più serratamente speculativo (es. Choeur des alouettes nella Sortie della Messe de la Pentecôte). Le Merle noire per Of e flauto (1950), Reveil des oiseaux per Pf, e orch (1953), Oiseaux exotiques per Pf e strumenti (1956), Catalogue d'oiseaux per Pianoforte (1956 - 58) sono alcuni titoli in cui vengono usati i canti degli uccelli. "Per me - dice Messiaen - l'unica autentica musica è sempre esistita nei rumori della natura. Il suono armonioso del vento negli alberi, il ritmo delle onde marine, il timbro delle gocce di pioggia, dei rami spezzati, dell'urtarsi delle pietre, dei vari gridi di animali costituiscono per me la vera musica". Ma Messiaen non fa del "naturismo", non ricerca effetti descrittivi o onomatopeici, bensì utilizza elementi melodici e ritmici trasformandoli in impalcatura strutturale delle sue composizioni.

14_Cuculo (7)

 

 

Una popolare filastrocca dice:

L'inverno se n'è andato,
l'Aprile non c'è più;
è ritornato Maggio
al canto del cucù:

Cu-cù, cu-cù, l'Aprile non c'è più,
è ritornato Maggio al canto del cu-cù.

 

Cuculo Cuculus canorus

 

Sarà stato questo canto di primavera che avrà stimolato Franz Ketterer, orologiaio tedesco nativo di Schönwald nella Foresta Nera, che nel 1738 pare abbia inventato l’orologio a cucù, inserendo una suoneria composta da due flauti alimentati da un mantice imitante il verso del cuculo.

 

Curiosità: il chioccolatore, imitatore del canto degli uccelli

 

 Si ringrazia Maurizio Alberti per la consulenza musicale.

giovedì 18 aprile 2013

La migrazione: adattamenti fisiologici e comportamentali.


Dopo la lunga pausa invernale, la primavera porta con sé lo spettacolare fenomeno della migrazione degli uccelli.
In questi giorni la Riserva del Pian di Spagna è vivacizzata quotidianamente da arrivi di nuove specie quali ad esempio prispoloni, cutrettole, codirossi e culbianchi (tutti migratori transahariani). Altri gruppi di migratori a lungo raggio che si possono osservare in questi giorni nelle nostre zone sono i limicoli e le cicogne.


Questi nuovi arrivi mi portano a riprendere l’argomento migrazione iniziato nei precedenti post di seguito elencati:
Perchè migrare.
Migrazione: ma quanti tipi ce ne sono.
La dieta degli uccelli durante la migrazione.


Prispolone Anthus trivialis, aprile, Pian di Spagna (CO). Questo uccello è un piccolo passeriforme migratore transahariano che durante il viaggio migratorio ha dovuto affrontare pericoli e fatiche immani, attraversare deserti e mari per raggiungere le nostre montagne ai limiti della vegetazione dove vi nidificherà. L’evoluzione ha fatto di questa strategia quella ottimale per questa specie.



Cutrettola  Motacilla flava, aprile, Pian di Spagna (CO). Anche questo uccello è un  passeriforme migratore transahariano come il Prispolone, ma a differenza di quest’ultimo, proseguirà il suo viaggio verso le campagne europee.

Adattamenti fisiologici e comportamentali degli uccelli migratori.



La migrazione di per sé è un fenomeno affascinante che ci lascia sbigottiti di fronte ad alcuni viaggi intrapresi da certi uccelli dotati di un incredibile senso di orientamento che permette loro  di attraversare mari, deserti e montagne e dotati inoltre di grandi resistenze che permettono di sopportare voli anche di decine di ore senza mai riposarsi e alimentarsi.
Per far questo gli uccelli hanno sviluppato nel tempo diverse abilità, come ad esempio la regolazione temporale delle diverse fasi del loro ciclo vitale. (migrazione, riproduzione, muta).

Voltolino Porzana porzana.  Questo uccello appartenente alla famiglia dei  Rallidi passa la gran parte della sua vita nel folto del canneto spostandosi prevalentemente a nuoto o camminando, non volando per diversi mesi. Nonostante questa sedentarietà, dopo aver accu­mulato le riserve energetiche necessarie, improvvisamente si invola nella notte e senza sosta percorre centinaia di chilometri.



Molti uccelli decidono di migrare nel corso della notte, altri durante il giorno, mentre alcuni compiono movimenti migratori sia notturni che diurni. Gli studiosi si sono più volte soffermati sul motivo di tale comportamento. Una delle ipotesi più accreditate sulla migrazione notturna è quella che vede nel migrare di notte il vantaggio di poter sfruttare tutte le ore di luce, separando il tempo da dedicare alla migrazione, ovvero la notte, e quello da dedicare all’alimentazione, ovvero il giorno. Inoltre la migrazione notturna può anche essere associata a migliori condizioni di volo: migrando di not­te gli uccelli riuscirebbero ad evitare turbolenze d’aria e a ridurre la perdita di acqua per evaporazione. Inoltre non va sottovalutato il fatto del ridotto rischio di predazione e la possibilità di utiliz­zare importanti riferimenti per l’orientamento (ad esempio la posizione delle stelle).

In seguito un breve elenco relativo ai vantaggi della migrazione notturna.
  • maggior tempo a disposizione per alimentarsi durante il giorno;
  • temperature inferiori che aiutano a prevenire pericolosi fenomeni di surriscaldamento e disi­dratazione nelle regioni calde;
  • maggiore umidità che riduce ulteriormente il pericolo di disidratazione;
  • minore dispendio energetico per volare nell’aria fresca e densa della notte, piuttosto che nel­l’aria calda del giorno;
  • le velocità dei venti sono solitamente minori di notte, riducendo il pericolo di venti contrari o trasversali; allo stesso modo sono minori le turbolenze verticali e ciò diminuisce ulteriormente i costi energetici del viaggio;
  • possibilità di orientarsi utilizzando una bussola stellare;
  • minor rischio di predazione.
Tipico esempio di volatori notturni sono i limicoli. Il termine limicolo è usato genericamente quando ci si riferisce a varie specie di uccelli appartenenti all’ordine dei Caradriformi. Tali uccelli sono ac­comunati dall’abitudine di alimentarsi in zone umide ricercando invertebrati ed altri piccoli animali nell’acqua bassa o nel fango (il termine deriva proprio dalla parola “limo”). Questi volatili sono il classico esempio di migratori notturni, nella notte compiono centinaia di chilometri trascorrendo la giornata alimentandosi. I Limicoli completano il loro viaggio migratorio con poche lunghe tappe anche di 1000-4000 km, in queste pause ricercano ambienti idonei alla loro alimentazione.

Pettegola Tringa totanus, aprile, Pian di Spagna (CO), appartenente al gruppo degli uccelli  limicoli.

Il piro piro boschereccio Tringa glareola – appartenente al gruppo degli uccelli  limicoli.
I vantaggi del volo notturno sono tanti e tanto evidenti che ci si può chiedere come mai alcune spe­cie scelgano di migrare di giorno: volare di notte riduce i tempi, le richieste energetiche ed i rischi di predazione.
Il totano moro Tringa erythropus, aprile, Pian di Spagna (CO). – appartenente al gruppo degli uccelli  limicoli.

I migratori diurni.
Nibbio bruno Milvus migrans, aprile, Varenna (LC). Come tutti gli uccelli rapaci è un migratore diurno.

Tra i migratori diurni vi sono numerose specie di grandi dimensioni, come le cicogne, le gru ed i rapaci, che adottano un volo veleggiato sfruttando le correnti termiche ascensionali che si sviluppano sulla terraferma e traggono vantaggio dal rispar­mio energetico associato a questo tipo di volo.
Cicogna bianca Ciconia ciconia, aprile Pian di Spagna (CO). Scomparsa dal territorio italiano. Negli ultimi anni è possibile sempre più spesso osservarla in Italia durante la migrazione.
Vi sono infine specie migratrici che prediligono un volo battuto diurno. Sono due i motivi di tale “scelta”: il primo riguarda il fatto che questi uccelli traggono un vantaggio da un tipo di migrazione che prevede un frequente alternarsi di volo e foraggiamento. Il secondo motivo è legato al vantaggio per i migrato­ri diurni di poter localizzare più efficace­mente le aree di foraggiamento migliori, riducen­do i tempi di ricerca ed i costi ad essi associati. A differenza dei migratori notturni, quelli diurni si muovono generalmente più lenta­mente, poiché devono utiliz­zare le ore diurne sia per alimentarsi che per migra­re.

Il Fringuello Fringilla coelebs, aprile, Pian di Spagna (CO), è una specie migratrice diurna.
L’adattamento fisiologico degli uccelli migratori ha portato ad una morfologia della forma dell’ala diversa che negli uccelli con abitudini poco migratrici. 
Già dall’inizio del secolo scorso è stato intuito come ali lunghe ed appuntite, costituissero un carattere tipico dei migratori, secondo un principio chiamato re­gola di Seebohm (Seebohm, 1901), dal nome dell’ornitologo che per primo lo codificò. 
Numerose sono le ricerche che hanno dimo­strato il legame tra attività migratoria e forma delle ali, anche tra popolazioni all’interno della stessa specie. In ogni caso le popolazioni migra­trici hanno ali più lunghe e appuntite rispetto a quelle sedentarie e lo stesso vale tra popolazioni migratrici che migrano su diverse distanze: quelle che compiono movimenti più lunghi possiedono ali più lunghe e appuntite. Le ali lunghe ed appuntite costituiscono un requisito molto favorevole alla meccanica del volo, poiché per ragioni aerodinamiche offrono una minor resistenza all’aria fornendo vortici d’aria più favorevoli rispetto a quelle corte e arrotondate.

Rondine Hirundo rustica, aprile Pian di Spagna, un tipico esempio di ala di grande volatore è quella della rondine che si presenta lunga e appuntita.
Le ali sono mosse da una massa di muscoli pettorali, è stato osservato che essi in alcune specie migratrici possono costituire fino al 35% del peso corporeo. A tale massa muscolare corrisponde uno sterno sviluppato e robusto, con una larga super­ficie sulla quale i muscoli possono attaccarsi.
Fagiano comune Phasianus colchicus, è il tipico esempio di uccello terricolo che vola solo in caso di pericolo facendo brevi spostamenti.
I migratori su lunga distanza possiedono fibre muscolari rosse a rapida ossidazione glicolitica (che forniscono più in fretta l’energia necessaria al movimento) e fibre muscolari più sottili con eleva­ta densità di capillari, quindi maggiore efficienza nella diffusione dell’ossigeno nel sangue. Nei migratori inoltre, rispetto ai residenti, si sviluppano un’ipertrofia muscolare ed un accrescimento delle prestazioni fisiologiche che aumentano tra le due categorie il divario nell’efficienza della “macchina corporea”.
Lo Scricciolo Troglodytes troglodytes è tra i più piccoli uccelli europei, frequenta siepi e fitta vegetazione.
Dal sito crosvarenna emerge un dato di ricattura di uno scricciolo inanellato in Polonia e ricatturato a Calco (LC) dopo aver percorso 1189 km, di seguito la mappa del percorso effettuato da questo volatile.

È stato osservato infine che il cuore degli uccelli è grande fino al doppio di quello dei mammiferi di pari dimensione. Questa caratteristica permette loro di affrontare sforzi particolari come il superamento di alcune importanti barriere ecologi­che, quali ad esempio oceani, deserti e catene montuose.
Morette Aythya fuligula, aprile, volo migratorio attraverso le montagne.