giovedì 21 giugno 2018

Estate è per l’agone il tempo degli amori.

Oggi 21 giugno alle 10:07 UTC inizia l’estate astronomica e sulle sponde lariane si assiste ad un frenetico movimento di pescatori. Cosa stanno pescando?

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Tanto interesse è dovuto alla presenza dell’agone (Alosa agone Scopoli, 1786, sinonimo Alosa fallax lacustris) un pesce pelagico che nel periodo da maggio a luglio raggiunge il litorale per la riproduzione.


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Un banco di agoni presso il litorale lariano.

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Gli agoni sono pesci dalle medie piccole dimensioni (lunghezza di circa 20-25 centimetri)
dall’elegante linea affusolata e dalle squame lucenti con riflessi azzurro-argento.

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L’inquadramento sistematico posiziona l’agone nell’Ordine dei Clupeiformi e nella Famiglia dei Clupeidi, unica specie di questa famiglia presente nel Lario. La tassonomia di questa specie è controversa: alcuni autori classificano l’agone dei laghi Prealpini ad una specie assestante mentre la maggior parte degli studiosi, tesi recepita anche dal decreto ministeriale (LINK), stabilisce che l’agone non è altro che una sottospecie dell’alosa (Alosa fallax) conosciuta anche come cheppia, specie diffusa nel Mediterraneo occidentale, nel Mar Nero, nell'Atlantico orientale e in parte del Mare del Nord. Essendo una specie anadroma (pesci che vivono per la maggior parte del tempo in acque salate e si riproducono in acque dolci), nel periodo riproduttivo risale i corsi d'acqua dolce che sfociano in questi mari. In pratica l’agone dei nostri laghi è una sottospecie di cheppia intrappolata nei laghi subalpini che si è adattata alle peculiari condizioni di vita dell'ambiente lacustre.

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Agone – Alosa.
Tavola a colori di Titti De Ruosi
Pesci delle acque interne d’Italia.



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Agone, stampa di autore e data ignota.
Archivio Associazione Culturale “L. Scanagatta”, Varenna.



In Italia il Genere Alosa è ben distribuito: l’Alosa fallax nilotica è presente in tutti i mari italiani e risale i principali corsi d’acqua dei due versanti della penisola e delle isole maggiori. L’agone (Alosa fallax lacustri) occupa i grandi laghi prealpini (Maggiore, Garda, Iseo, Como) e quelli della Sardegna (Lago Omodeo e medio Flumendosa). Questa specie è stata introdotta anche in alcuni laghi laziali (Bolsena, Vico, Bracciano).

Le alose o cheppie (Alosa fallax nilotica ) sono una specie eurialina (possono vivere, ma non sempre riprodursi, sia in acque dolci che a salinità marina) migratrice anadrome che risale per decine o centinaia di chilometri i corsi d’acqua fino ai tratti in cui sono presenti substrati ghiaiosi dove deporre le uova. L’agone (Alosa fallax lacustris) svolge l’intero ciclo biologico in acqua dolce: vive nella zona pelagica dei laghi, spostandosi nella zona litorale durante il periodo riproduttivo che va da maggio ad agosto.

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L’agone si alimenta prevalentemente di zooplancton, (soprattutto Daphnia hyalina e Bythotrephes longimanus) e copepodi (generi Cyclops e Diaptomus). In età adulta si ciba anche di larve d’insetti. Nel periodo riproduttivo non assume cibo. La crescita è simile nei due sessi nel primo periodo di vita mentre a partire dal 2°-3° anno le femmine crescono più velocemente. Non c’è dimorfismo sessuale. La maturità sessuale viene raggiunta nel 2° al 3° anno di età (lunghezza totale di 18-19 cm).

7-525px-Daphnia_pulex (1)Daphnia sp.
(Foto: Paul Hebert) [CC BY 2.5], via Wikimedia Commons

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Cyclops sp.
Immagine di pubblico dominio - wikimedia.org

L’agone depone le uova sui fondali ghiaiosi, tra maggio e luglio. La riproduzione ha luogo nelle ore notturne, con temperature dell’acqua di 18-20 °C; ogni femmina depone mediamente 15.000-20.000 uova biancastre non adesive, ma fluttuanti, che affondano lentamente e schiudono in circa sei giorni.


L’agone e il rapporto con l’uomo

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L’agone è un pesce che per lungo tempo ha avuto un ruolo determinante come sostegno alimentare alle popolazioni lariane. La configurazione geomorfologica del territorio non è particolarmente adatta ad un’agricoltura o ad una pastorizia redditizia. Il lago con i suoi pesci ha fornito quindi in passato un importante contributo alimentare. Per questo motivo l’attività di pesca fa parte della storia di questo territorio e ha origini lontanissime. Nel mosaico del V secolo situato nel battistero romanico di San Giovanni, sull’isola Comacina, vi è rappresentato un pesce che, a detta di alcuni, sembra proprio essere un agone.11_Isola-comacina-(46)-(Large)


Isola Comacina. L'unico edificio religioso ancora integro è la chiesetta barocca di San Giovanni. Al suo interno vi sono resti di murature romane e tardoromane, parte di fondazioni di una cappella romanica e resti di un mosaico del V secolo.


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Raffigurazione di un pesce presso la chiesa di San Giovanni. Questo mosaico alcuni lo identificano in un agone. (Fotografia di Marina Uboldi).


L'agone è un pesce di lago molto comune ed è pescato da secoli. Viene consumato sia fresco o salato ed essiccato prendendo il nome di missoltino nel linguaggio locale con diverse varianti Missoltit, Missultit, Missoltin. Oggi i missoltini sono una specialità gastronomica del Lario ma un tempo era semplicemente uno dei modi per poter conservare questo cibo per i mesi invernali.

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Missoltini.

Diverse sono le interpretazioni etimologiche del nome15-missolta missoltino: alcuni lo danno come derivato da missolta, nome dato al piccolo mastello in legno dalla base più larga in cui i pesci essiccati e salati erano conservati.

Disegno di antica missolta in legno
 da Pescatore del Lago, 1862



Altra interpretazione del nome Missoltin potrebbe essere una contrazione di “mis sota in del tin” messi nei tini. Da tempo la vecchia missolta in legno è stata sostituita da scatole in latta o mastelli in acciaio.

14-Cherubini-1Ulteriore interpretazione potrebbe essere quella di missolta=quantità, così come viene tradotta da Francesco Cherubini sul Vocabolario Milanese-Italiano datato 1814. A dire il vero lo stesso vocabolario riporta, alla voce missoltin, anche un accenno a misalta=carne di maiale salata.

Ad onor del vero, c’è anche la versione fantasiosa e priva di tracce documentative dove si racconta di una nobile signora scandinava, Miss Oldin, la quale avrebbe avuto il merito di aver insegnato ai comaschi questo modo di conservazione del pesce, secondo l’usanza del suo paese di origine. Da qui la trasposizione in missoltin.

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Agoni esposti al sole per l’essiccamento.


La preparazione dell’agone per diventare missoltino prevede l’eviscerazione, la salatura e all’essiccazione al sole e all’aria, la cui durata dipende dalle condizioni climatiche e dal grado di umidità. Una preparazione che richiede particolare attenzione nel dosaggio del sale: con poco sale il pesce non si conserva, ma con dosi eccessive diviene immangiabile.


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Moderna missolta. Dopo l’essiccatura, questi pesci vengono disposti ordinatamente nelle scatole di latta o in contenitori più grandi, alternando i pesci con foglie di alloro per migliorarne l’aroma. I nostri avi usavano molto l’alloro nelle conserve, come si tramandava per tradizione. Oggi sappiamo che questa pianta oltre ad avere un gradevole aroma ha anche un forte proprietà antibatterica che aiuta la conservazione degli alimenti.


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Disposti in questi contenitori, i missoltini, sono sottoposti alla pressatura per diverso tempo. Così compressi, secernono un grasso oleoso un tempo utilizzato nelle lucerne.

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Durate il processo di pressatura i pesci rilasciano una grasso oleoso che
va eliminato in quanto darebbe al prodotto finale un sgradevole sapore.

Altro metodo di conservazione è il pesce in carpione. Oggi è un gustoso piatto servito nei ristoranti lariani ma la sua origine era mirata alla conservazione del pesce. Questo metodo è molto antico e risale al Medioevo. Si tratta di una tecnica diffusa sia nel bacino del Mediterraneo che nell’entroterra. Nel volume De Arte Cocquinaria, il Maestro Martino da Como (importante cuoco del secolo XV) consigliava di conservare i pesci lacustri, dotati di carne “gentile e corruttibile”, in una “salamoja di aqua et aceto”. Il metodo di “carpionare” è semplice: il pesce, dopo essere stato infarinato e fritto, viene coperto con una marinata bollente preparata con aceto bianco, cipolla, aglio e l’aggiunta di erbe rigorosamente locali come il timo selvatico (Thymus sp.) e le foglie di alloro (Laurus nobilis).

A questo LINK è scaricabile una delle ricette locali sul pesce in carpione.

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Agoni in carpione.

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Il Timo selvatico, chiamato volgarmete in alcune aree lariane “erba del pess”, è una pianta aromatica spontanea diffusa sulle sponde lariane.


Come abbiamo visto l’agone è fortemente inserito nella storia locale anche sotto l’aspetto artistico.

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Agoni. Opera in rame a sbalzo e cesello di Danilo Vitali. L’artista non ha bisogno di pescare i pesci ma li crea. Bastano un foglio di rame, bulino e della pece.




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Agoni. Incisioni dell’artista Giancarlo Vitali.

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Il pesce, più delle volte è trattato solo come cibo e non come essere vivente. Questo animale però ha delle esigenze di vita che riguardano la conservazione e il rispetto del suo habitat, specialmente durante il periodo riproduttivo. Sebbene queste sembrino regole ovvie, a quanto pare l’essere umano fatica a recepirle, spinto dal suo arrogante modo di rapportarsi con gli altri esseri viventi. Nel 1862, Giovanni Cetti, nel suo libro Pescatore del Lario analizzando i metodi di pesca e le varie tipologie di pescatori, così scrisse: “I pescatori del Lario si possono dividere in tre classi, cioè: pescatori di professione, avventizi e dilettanti”. Dopo aver elencato la dura vita dei pescatori professionisti continua scrivendo: “ …vivono una vita di privazioni e di incomodità: non temono nè i cocenti raggi dell’estate, nè le assideranti bre32-Il pescatore del Lario-Cetti (Medium)zze invernali: sfidano i venti e le piogge, e mentre la notte i loro fratelli riposano dalle fatiche sepolti nel sonno, essi vegliano al lavoro per procacciarsi un sudato guadagno”. L’autore parla chiaramente di un preoccupante decremento della popolazione ittica, ipotizzando come causa le nuove attrezzature di pesca come ad esempio le nuove reti fatte in filo di seta, nelle cui maglie trasparenti i pesci restano impigliati senza scampo. La richiesta sempre più pressante da parte dei mercati fuori l’area lacustre, data anche dall’avvento di nuove vie di comunicazione e di trasporto, aumenta notevolmente la pressione umana sulla popolazione ittica. L’autore cita dei dati pubblicati nel 18461: “al tempo della frégola2 le barche che attendono alla loro pesca sul Lario sono circa 232, che ogni barca ne piglia presumibilmente 800 libbre comasche all’anno; e quindi la pesca annua degli agoni sarebbe di 185.600 libbre3”.

Il preoccupante forte declino ittico nel lago di Como incoraggia i pionieristici studi “Della pescicoltura”. Sono gli anni in cui si curarono i primi tentativi di immissione nel Lario del Lavarello (Coregonus lavaretus) e di altre specie ittiche.

La diminuzione del pesce diviene motivo di indagine di un apposita Commissione del Consiglio provinciale di Como, eccone uno stralcio:

Il Governatore della provincia con generale soddisfazione ha preso l’iniziativa per riparare alla decrescenza del pesce, da tutti lamentata, nelle nostre acque; e frutto degli studi di una Commissione da lui a questo scopo istituita e il progetto di regolamento, che da noi si prende in esame (...).

Si tratta con esso di procurare la moltiplicazione di questo importante genere di alimento, il quale ha il gran merito di conservarsi e d’accrescere naturalmente senza spesa, quanto appena sia moderata l’opera distruttiva dell’uomo; e si tratta di ottenerla non tanto coll’impedire l’abbondante presa, quanto col non lasciare che siano senza utile d’alcuno distrutte in embrione e nell’infanzia le diverse specie in esso, e di far si che l’abbondanza porti il buon mercato, e metta questo cibo alla portata dei mezzi del povero, e, in caso di carestia degli altri prodotti, possa supplire alla loro deficienza. 32-La fine della pesca nel lago di como

La relazione prosegue confermando quanto già stabilito in merito di pesca dai vari editti precedenti (1765 e 1774) dove viene fatta una prima regola sulla maglia delle reti e vietata la persecuzione dei pesci all’atto della loro generazione. Il 25 agosto 1861 con Reale Decreto viene emanato il regolamento per la pesca nei laghi e nelle acque pubbliche della provincia di Como. Ma si sa l’indole italica a non rispettare le regole è quasi una norma. Nonostante i vari divieti nel 1910 Alberto Ricordi pubblica il volume dal titolo inequivocabile “La Fine della Pesca nel lago di Como”. L’aurore, con grande coraggio per l’epoca e andando contro corrente (un precursore dell’ambientalismo lariano), così scrisse:

(...) la pesca che si fa all’agone è veramente spietata e si intensifica in modo impressionante di anno in anno. Il periodo della maggior produzione coincide coll’epoca vietata (...)

È appunto in tale epoca che le rive del lago sono completamente occupate dai pendenti4 talmente uniti fra loro da non poter neppure approdare con la barca (...).

E guai se una barca per sbaglio passa sopra queste reti! Sono minacce, imposizioni, violenze da parte dei proprietari che dalla mala consuetudine si sono creati un vero e proprio diritto.

In ogni tempo è vietata la pesca con il “sibiello” (guadino). Ebbene, lontano pochi metri uno dall’altro si trovano posti preparati per tale pesca; se ne contano a migliaia, si può dire, che si forma una linea ininterrotta di posteggio per la pesca proibita.

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Stampa ottocentesca in cui una nobile famiglia è intenta alla pesca dell’agone.
In primo piano la donna con un “sibiello”.

Questi posti sono diventati tradizionali, ed occupati sempre dalla medesima persona, tanto che nessuno si azzarderebbe ad occupare quello di altri (...).

In un paese noto per questa pesca clandestina, essa viene esercitata dai gruppi di ragazzi dagli 8 anni in su, dalle donne, dal sindaco... e dal curato, che naturalmente hanno posti distinti!

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Pesca all’agone con la canna dal trampolino (cavalett)...



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...o da una barca ancorata presso la riva, per gettare la lenza più lontana perchè l’agone verso il tramonto si avvicina lentamente alla spiaggia per deporre le uova, facendo un rumore caratteristico (barbuj) e mandando alla superficie dell’acqua delle bollicine d’aria. Immagine dei primi decenni del novecento.



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La pesca all’agone con il bilancino (quadrato), attrezzo composto da una rete da pesca a forma quadrata con quattro asole poste agli angoli che vengono fissate agli estremi di due aste metalliche incrociate, il tutto fissato da una corda ad un bastone che viene con ritmo alzato e immerso in acqua.

La situazione odierna di questa specie riporta un decremento demografico. La causa principale di questa riduzione è l’eccessiva pressione di pesca, condotta con strumenti sempre più distruttivi (in primo luogo le reti monofilo di nylon), anche nel periodo riproduttivo e a carico di individui in età pre-riproduttiva (Oppi e Novello, 1986).
L’alosa e l’agone sono sempre stati oggetto di pesca, sia professionale che sportiva, rivestendo localmente una certa importanza economica. Oggi, in seguito al decremento di tutte le popolazioni, i quantitativi del pescato sono sensibilmente inferiori rispetto al recente passato. Nella LISTA ROSSA dei pesci d’acqua dolce indigeni in Italia l’agone viene considerato “in pericolo”, l’alosa “vulnerabile”.
Tutte le specie del genere Alosa sono riportate nella Direttiva 92/43/CEE tra le “specie animali e vegetali d’interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione” e tra le “specie animali e vegetali d’interesse comunitario il cui prelievo nella natura e il cui sfruttamento potrebbero formare oggetto di misure di gestione”. Alosa fallax è inoltre elencata fra le specie protette nella Convenzione di Berna.


Concludo con le parole di Alberto Ricordi: quale destino si porti a questo povero pesce che paga colla vita il quarto d’ora d’oblio dell’amore!


1 – Dati pubblicati sul volume - Ittiologia della provincia e diocesi di Como, scritto da Maurizio Monti, 1846.

2 - La fregola. E’ il periodo in cui avviene la fecondazione e la deposizione delle uova nell'acqua da parte dei pesci. Questo termine è riferito principalmente ai pesci d'acqua dolce. Il nome deriva dal fatto che diverse specie di pesci usano strofinarsi alle pietre del fondo ghiaioso durante l’attività riproduttiva.

3 – Trasformare le libbre comasche è molto complesso. Tuttavia trovate le tabelle di conversione a questo LINK

4- Pendente è una tipologia di rete usata nella pesca dell’agone. 


Le opere d’arte di Danilo Vitali e Giancarlo Vitali sono di proprietà delle famiglie Denti di Varenna.


Bibliografia

Cherubini Francesco, Vocabolario Milanese-Italiano, Milano 1814.

Cetti Giovanni, Pescatore del Lario, Como 1862. Ristampa anastatica Dominioni, Como, 1999.

Ricordi Alberto, La fine della pesca nel Lago di Como, Milano, 1910. Ristampa anastatica Dominioni, Como, 2000

Zerunian Sergio, Pesci delle acque interne d’Italia. Quaderni di conservazione della natura numero 20, Istituto nazionale per La Fauna Selvatica “Alessandro Ghigi”, 2002.

dal web

Buona Lombardia ERSAF . LINK

Il pesce in carpione - giornata nazionale del pesce in carpione. LINK