mercoledì 28 settembre 2016

Il Piovanello pancianera, il limicolo che ha per casa il mondo

Settembre 2016. La migrazione post riproduttiva sul Lario ha regalato grandi emozioni agli appassionati di Birdwatching come l’osservazione della Sterna codalunga (LINK) o della Cicogna nera (LINK). Oltre a queste due presenze di riguardo ci sono state altre interessanti presenze ornitiche appartenenti al gruppo dei “limicoli”, uccelli frequentatori di ambienti umidi, melmosi e sabbiosi. La conformazione geologica del lago di Como è povera di questi luoghi e oltretutto i pochi siti con queste caratteristiche sono molto disturbati dalle varie attività ricreative umane. Vederli qui da noi è pertanto da considerarsi quasi un evento straordinario. Tra questi limicoli ho scelto di parlare qui del Piovanello pancianera, specie molto comune altrove ma alquanto poco presente nel territorio lariano.

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Piovanello pancianera (Calidris alpina), settembre, provincia di Como.

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L’alto Lario, precisamente la foce del fiume Mera, è una tra le aree lariane più visitate dai limicoli. La sua ampiezza dipende dal livello delle acque del Lago di Como che in certi periodi la fa scomparire quasi totalmente.

 

 

 

 

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Nonostante sia un ambiente idoneo alla sosta di questi uccelli, la loro permanenza si riduce a pochi giorni per non dire poche ore in quanto questo luogo è anche sottoposto ad un notevole disturbo umano che la rende pressoché inadatta alla tranquilla sosta e il foraggiamento di questi uccelli.

 

 

 

Ma prima di tutto chi sono i Limicoli?

Limicolo, al plurale limicoli, è un termine di uso comune per identificare alcune delle famiglie di uccelli appartenenti all’ordine dei Caradriformi che frequentano le acque basse melmose ricche di limo del mare e delle acque dolci (stagni, paludi, lagune ecc). I limicoli compiono spesso lunghi viaggi migratori tra le zone di nidificazione e quelle di svernamento. Durante questi spostamenti sostano per alimentarsi in ambienti umidi che pullulano di vita animale (insetti, lumache e vermi).

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Piovannelli pancianera alla ricerca di alimenti.

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Spesso i limicoli durante la migrazione o lo svernamento si riuniscono in gruppi anche di specie diverse. In questo caso un Piovanello pancianera (in primo piano a sinistra) è in compagnia di un Piovanello tridattilo (Calidris alba).

 

 

 

Il Piovanello pancianera (Calidris alpina) appartiene all’ordine dei Caradriformi e alla famiglia degli Scolopacidi. Il nome comune Piovanello pancianera è dovuto al piumaggio primaverile dell’addome su cui è presente una larga macchia nera. Il nome scientifico Calidris alpina è così descritto dall’ornitologo Moltoni: “Calidris, deriva dal nome greco, kàlidris, dato da Arispotele ad un uccello appartenente a una delle specie viventi sulle spiagge marine o lungo le rive di corsi d’acqua dolce. Mentre il nome della specie “alpina”, è dovuto al fatto che qualche volta lo si trova nelle zone elevate di montagna”.

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Piovanello pancianera (Calidris alpina) adulto in abito di transizione post riproduttivo. Settembre, provincia di Lecco.

Il Piovanello pancianera frequenta la regione biogeografia denominata “Olartico” che in pratica comprende la maggior parte dell'emisfero boreale, con esclusione delle regioni tropicali. Questa sua diffusione mondiale ha portato il Piovanello pancianera a differenziarsi per dimensioni e colorazioni tra le varie popolazioni. Per questo motivo sono state descritte diverse sottospecie così classificate:

Calidris alpina arcticola – Nord-Ovest dell’Alaska e Nord-Ovest del Canada; inverno in Cina, Corea e Giappone.
Calidris alpina pacifica - Sud-Ovest dell’Alaska; inverno nel Ovest degli Stati Uniti e nel Ovest del Messico.
Calidris alpina hudsonia – In centro Canada; inverno Sud-Est degli Stati Uniti e del Messico.
Calidris alpina arctica - Nord-Est della Groenlandia; inverno in Nord-Ovest dell'Africa.
Calidris alpina schinzii - Groenlandia, Islanda e Scandinavia; inverno nel Nord-Ovest dell’Africa.
Calidris alpina alpina - Scandinavia e nell'ex-Unione Sovietica;
                                         inverno nelle aree occidentali dell'India, alle coste dell'Arabia, dell’Africa nordorientale e del
                                          Mediterraneo.
Calidris alpina sakhalina - Russia; inverno Cina, Giappone e Taiwan.
Calidris alpina centralis – Siberia tra la Penisola del Tajmir ed il fiume Kolyma. Sverna tra il mediterraneo orientale,
                                               l’Africa nord-orientale e l’India. Forma intermedia tra c.a. alpina e la c.a. sakhalina, intermedia
                                               per colorazione e dimensione, ma non unanimemente riconosciuta.

Calidris alpina actites - Nord Sakhalin; svernamento sconosciuto.
Calidris alpina kistchinskii - Mare di Okhotsk a Isole Curili; svernamento sconosciuto.

7Distribuzione migratoria del Piovanello pancianera
autore Christof Bobzin – Dominio pubblico Wikimedia.org

Il Piovanello pancianera europeo nidifica in aree settentrionali fino alle latitudini artiche con una distribuzione circumpolare con tre sottospecie: la Calidris alpina artica che nidifica nel settore nord-orientale della Groenlandia e sverna nell'Africa nord-occidentale, la Calidris alpina schinzii nidificante in Groenlandia sud-orientale, in Islanda ed in Norvegia, per la maggior parte svernante nell'Africa nord-occidentale, specialmente Marocco e Mauritania e la sottospecie Calidris alpina alpina che si riproduce in Scandinavia e nell'ex-Unione Sovietica, che migra e svera fino alla porzione occidentale dell'India, alle coste dell'Arabia, dell’Africa nordorientale e del Mediterraneo. In Italia è specie migratrice regolare e svernante in circa 50 siti costieri con tre sottospecie: Calidris alpina alpina, Calidris alpina schinzii e Calidris alpina centralis. Oltre l’80% di queste popolazioni sono concentrate nelle aree umide dell’Alto Adriatico dove si possono osservare stormi composti da centinaia se non migliaia di individui. In territorio Lariano è migratore regolare di doppio passo con poche osservazioni e sempre riguardante individui solitari o gruppi composti da pochi individui.

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Distribuzione europea del Piovanello pancianera
fonte:www.birdguides.com

Limicolo di medie dimensioni, il Piovanello pancianera misura 160-200 mm di lunghezza con una apertura alare di 380-430 mm. Il peso è di circa 46-56 gr. In quanto a longevità, è stato registrato un individuo di 19 anni e 9 mesi.

9_Piovanello-pancianera_013Gruppo di piovanelli pancianera, settembre, provincia di Lecco.

Questo limicolo non ha un evidente dimorfismo sessuale. Generalmente il maschio presenta una colorazione più brillante della femmina, carattere poco apprezzabile in natura, mentre varia il piumaggio stagionale tra gli esemplari adulti a quelli giovani.

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Piovanello pancianera: a sinistra il giovane e a destra l’adulto.

L’habitat preferito di quest’uccello per la stagione riproduttiva è principalmente costituito da ambienti paludosi intervallati da acque di superficie, praterie costiere umide, saline e brughiere montane. Nella regione artica frequenta la tundra. Per il restante periodo questa specie frequenta una grande varietà di zone umide d'acqua dolce e salmastra, sia costiere che aree interne comprese le lagune, spiagge di acqua dolce fangose, aree di marea, campi allagati, impianti di depurazione, saline, coste sabbiose e gli estuari.

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Il piovanello pancianera maschio è il primo ad arrivare nelle zone di riproduzione dove è solito preparare una bozza di nido realizzandolo con raschiature sul terreno che poi riveste con erba e foglie. Con l’arrivo delle femmine il maschio cerca di attirare la futura compagna effettuando voli di visualizzazione che consistono in brevi planate con le ali arcuate rigide. Formata la coppia, è la femmina a scegliere una di queste raschiature terminando la costruzione del nido dove normalmente depone 4 uova. L’incubazione è a cura di entrambi i genitori e dura dai 20 ai 22 giorni. I giovani lasciano il nido poco dopo la schiusa ma sono dipendenti dagli adulti per circa 20 giorni. Durante il periodo non riproduttivo, il piovanello pancianera è altamente gregario e viaggia in gruppi numerosi sia durante la migrazione che durante lo svernamento.

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Piovanello pancianera  - da: THE BIRDS OF GREAT BRITAIN, John Gould - 1870

Questa specie è attiva sia durante il giorno che la notte. Si nutre sondando e conficcando il suo lungo becco nel substrato alla ricerca di cibo.

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Piovanelli pancianera in frenetica attività trofica.

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I limicoli sono attivi sia di giorno che di notte e spesso capita di osservarli in brevi pause di riposo.

Di seguito un breve video che rende bene l’idea della frenesia che caratterizza questi uccelli mentre si alimentano. 

Piovanello pancianera from Roberto Brembilla on Vimeo.

Cosa mangia il Piovanello pancianera?

Questa specie è praticamente onnivora. Durante la stagione riproduttiva si ciba di insetti (adulti e larve) come mosche, scarafaggi, tricotteri, vespe ed effimere. Non snobba i ragni, gli acari, i piccoli gasteropodi o gli elementi vegetali (di solito semi).

Durante la stagione non riproduttiva la dieta è basata principalmente di Anellidi quali i Policheti (LINK) e gli Oligocheti (LINK).

Come già detto il Piovanello pancianera si alimenta regolarmente sia di giorno che di notte. Uno studio eseguito su questa specie durante la migrazione autunnale nel mare 18danese di Wadden ha mostrato come questi uccelli tendano a differenziare l’habitat durante il giorno e la notte. In questa ricerca si è scoperto che il foraggiamento notturno è prevalentemente a base di Corophium volutator, invertebrato che pare sia molto importante per il ripristino dei depositi di grasso in uccelli migratori a lungo raggio.

Corophium volutator
fonte: <a href="http://www.discoverlife.org">
© Copyright Malcolm Piano 2011-2115

 

Lo stato di conservazione di questa specie è notevolmente minacciato nei luoghi riproduttivi per via della perdita del suo habitat e per via della predazione ai nidi da parte di mammiferi introdotti su alcune isole. La minaccia maggiore proviene dai luoghi di migrazione e svernamento: le bonifiche degli estuari, l'invasione di specie vegetali aliene, come l'erba Spartina anglica, che si è diffusa sulle piane fangose britanniche con la conseguente riduzione delle aree di alimentazione, la distruzione di importanti habitat di sosta migratori sulla costa del Mar Baltico adiacente alla regione di Kaliningrad della Russia, l'inquinamento petrolifero, il drenaggio delle zone umide per l'irrigazione e l’estrazione della torba con la relativa distruzione di habitat. E per non farsi mancare nulla questa specie è anche soggetta all’influenza aviaria (ceppo H5N1 in particolare) ed è quindi minacciata dai focolai di questo virus.

Purtroppo anche la situazione italiana è sfavorevole per questo uccello. Si è infatti registrato un notevole declino demografico nei siti di svernamento a partire dal 1970. La perdita di ambiente, dovuta al crescente disturbo causato dalle attività di allevamento e raccolta dei molluschi nelle aree di alimentazione, è una delle principali minacce nelle lagune dell’alto Adriatico e sul Delta del Po. Da aggiungersi anche l’attività venatoria e gli abbattimenti illegali alquanto frequenti.

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Come ribadito più volte su questo blog, se non si mette in atto una strategia di conservazione prevedendo una gestione ecologica nella protezione dei siti chiave utilizzati nella migrazione o nello svernamento, tra qualche anno ci ritroveremo con un pietoso impoverimento di fauna che nessuno sarà più in grado di recuperare! L’arroganza e l’ignoranza dell’essere umano stanno portando alla distruzione della biodiversità!

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Bibliografia

L'etimologia ed il significato dei nomi volgari e scientifici degli uccelli italiani – Edgardo Moltoni – Milano 1946.

Brichetti P. & Fracasso G., 2004. Ornitologia Italiana. Vol. 2 - Alberto Perdisia editore, Bologna.

Brichetti P.,Cagnolaro L., Spina F, Uccelli d’Italia, Giunti – 1986

Spagnesi M. & Serra L, 2003. Uccelli d’Italia – Quaderni di Conservazione della Natura Numero 16, Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica “Alessandro Ghigi”

Harrison C., Nidi, Uova e Nidiacei degli uccelli d’Euopa – Muzio Ediore, 1988

Melville, D.S., Shortridge, K.F.; Letters in Applied Microbiology - Spread of H5N1 avian influenza virus: an ecological conundrum, 2006

Del Hoyo, J ., Elliott, A., Sargatal, J., Manuale degli uccelli del mondo, vol. 3: Hoatzin a Auks. Lynx Edicions, Barcellona, Spagna. 1996

CHECK LIST IN LINGUA ITALIANA DEGLI UCCELLI DEL MONDO - rif: Clements Check List

 

Siti web consultati

BirdLife International (2016) Specie: Calidris alpina. Scaricato dal http://www.birdlife.org (2016). Lista Rossa IUCN per gli uccelli. Scaricato dal http://www.birdlife.org (2016).

http://avibase.bsc-eoc.org/avibase.jsp

giovedì 22 settembre 2016

Primo giorno d’autunno e nei campi è in fiore lo Stramonio

Oggi, 22 settembre alle ore 14:21 UTC (le 15:21 italiane) inizia l’autunno astronomico.

In questo periodo dell’anno negli incolti vicino ai ruderi e lungo i margini delle strade possiamo scorgere una vistosa pianta dai fiori imbutiformi e dal frutto spinoso. Si tratta di1_Datura-wrightii_005 una specie alloctona naturalizzata in aree climatiche miti dell’Europa. Di origine americana e probabilmente anche asiatica, questa pianta ha innumerevoli nomi volgari: stramonio, erba del diavolo, erba delle streghe, noce spinosa, noce del diavolo e pomo della morte. Tutti questi nomi non lasciano dubbi sulla sua peculiarità di essere una pianta allucinogena e velenosa per l’uomo.

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Stramonio di  Wrightii
(Datura wrightii),
settembre, provincia di Lecco.

Le immagini di questo post ritraggono lo Stramonio di Wright (Datura wrightii), specie simile al più noto Stramonio comune (Datura stramonium). Il genere Datura ha diverse specie tutte legate a climi temperati e tutte velenose. Lo stramonio appartiene alla famiglia delle Solanacee, stessa famiglia delle melanzane, peperoni, pomodori e patate.0

 

 

 

Lo Stramonio comune si differenzia dallo Stramonio di Wrightii per gli steli verdi, le foglie più frastagliate, i fiori più piccoli e i frutti in posizione verticale, mentre lo Stramonio di wrightii ha gli steli violacei, le foglie ovate (più ampie e dai bordi leggermente irregolari) e grandi fiori e frutti appesi.

 

 

Stramonio comune Datura stramonium
Flora von Deutschland, Österreich und der Schweiz 1885.
Fonte: Wikimedia Commons

 

 

 

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Stramonio comune Datura stramonium – settembre, Provincia di Como.

Lo stramonio è stato introdotto in Europa probabilmente come pianta medicinale e si è diffuso e naturalizzato velocemente nel sud della Francia, in Spagna e intorno ai paesi mediterranei. Lo Stramonio comune (Datura stramonium) è stata la prima specie a essere scientificamente descritta da Carlo Linneo nel 1753, utilizzando per il genere il nome di provenienza sanscrita “dhatura” (nome indiano “dhât” dato al veleno da essa estratto), altre ipotesi traducono il termine indiano dhatura in mela spinosa, ad indicare i frutti spinosi. Linneo coniò per la specie il termine stramonium, nome di incerta origine. Cento anni prima di Linneo fu l’inglese Nicholas Culpeper (medico, botanico ed erborista) a citare, nella sua opera Culpeper’s Complete Herbal, questa pianta come erba medicinale. Il nome scientifico della specie Stramonio di wrightii Datura wrightii è stato assegnato nel 1859 dal botanico Eduard Regel in onore alla figura del botanico, esploratore statunitense Charles Wright (1811-1885) che aveva scoperto questa pianta in Texas nel 1850. Lo stramonio è la più rinomata tra le piante usate nella stregoneria medioevale: veniva chiamata "erba del diavolo" o "erba delle streghe" e per questo motivo la troviamo citata nel volume Malleus Maleficarum=Martello delle streghe del 1486, redatto dei frati domenicani Jacob Sprenger e Heinrich Institor Kramer allo scopo di reprimere in Germania l’eresia, il paganesimo e la stregoneria.

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Lo stramonio fu usato in medicina per la cura dell’asma.
I fiori essiccati e arrotolati venivano fumati come sigaretta per alleviare i sintomi di questa malattia. Infatti gli alcaloidi presenti inibiscono i muscoli nelle pareti delle vie aeree, allargando così i bronchioli e rendendo più facile la respirazione. Questa pratica, per via degli effetti collaterali, portava in realtà più danni che benefici anche perché la concentrazione di questi alcaloidi può variare notevolmente da pianta a pianta. Pertanto l’utilizzo di questa in medicinale è molto difficoltosa e rischiosa.

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Frutto e semi di Stramonio di Wrightii

 

 

 

Lo stramonio suscita tanto interesse anche per l’aspetto “sacro” che è collegato alle sostanze presenti in questa pianta. L'effetto allucinogeno di delirio è stato a lungo utilizzato per sperimentare “altre realtà", in particolare in India e presso tribù native americane. Alcuni sciamani si erano specializzati nell'uso di questa pianta per ottenere “sogni profetici” o per rituali iniziatici per i ragazzi. Tutte le parti di questa pianta contengono alcaloidi come la scopolamina e l'atropina che causano delirio, battito cardiaco accelerato e un aumento della temperatura corporea, seguita spesso da amnesie. Tutti sintomi spesso fatali o causa di numerosi casi di avvelenamento. Sembra impossibile ma ancora ai giorni nostri la cronaca riporta di casi di intossicazione da stramonio di persone sprovvedute che, volendo vivere sulla propria pelle questi effetti allucinogeni, si ritrovano spesso a sperimentare solo forte agitazione, confusione, dilatazione della pupilla, attacchi di panico e avvelenamento, che nei casi più gravi può anche condurli alla morte. Di seguito il link di alcuni fatti di cronaca:

Civitanova, mangia fiori di stramonio e cade in mare: ragazzo in rianimazione

Tè allo stramonio

Ferrara, universitario in coma

Ancora peggiore è l’ignoranza in fatto di erbe che, se non riconosciute con certezza, resta più saggio evitare di raccoglierle. Di seguito riporto un caso capitato ad una coppia di coniugi che hanno scambiato lo stramonio per fiori di zucca. (LINK)

Mentre queste signore hanno cucinato lo stramonio come fosse spinaci.(LINK)

Concludo ribadendo che tutta questa pianta è tossica: foglie, fiori, radici e semi compresi perciò deve essere bandita dall’uso erboristico privato. Tuttavia è doveroso un chiarimento a riguardo delle piante velenose o medicinali e, per far questo, utilizzo integralmente quanto riportato sul sito www.sostanze.info.

“Una pianta si può definire "velenosa" se contiene, in una qualsiasi parte, "principi attivi" in grado di arrecare un danno alla salute di chi ne viene, in qualsiasi modo, a contatto.
Molto spesso sentiamo parlare di piante "medicinali" e piante "velenose", piante buone o cattive, secondo un vezzo, del tutto umano, di distinguere ciò che ci circonda in soggetti utili o meno a noi stessi. In realtà quando dividiamo le piante secondo queste categorie commettiamo un grosso errore di superficialità e di presunzione, fondati sull’assunzione di superiorità della nostra specie rispetto a tutto il resto dell’ambiente naturale che, al contrario, si è evoluto in genere molto prima di noi.
E’ del tutto evidente che non esistono in natura piante utili o piante dannose, ma è l’uso più o meno corretto che ne viene fatto da parte dell’uomo che determina il grado di pericolosità o di utilità di una pianta”.


Curiosità:
Nel meraviglioso trittico “Giardino delle delizie” dipinto da Hieronymus Bosch (LINK descrizione del dipinto) vi è raffigurato la “noce spinosa” dello stramonio. Questo quadro raffigura figure mostruose, grottesche, strani esseri volanti, demoni, frutto di una fantasia da incubo. L’antropologo Puckert, senza nessuna prova, ha ipotizzato che Bosch abbia fatto uso di sostanze allucinanti come lo stramonio per realizzare queste immagini fantasiose.

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Giardino delle delizie, Hieronymus Bosch (1450–1516 circa) – Olio su tela 220×389 cm, Museo del Prado, Madrid.
Fonte: Pubblico dominio Wikipedia

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Il giardino delle delizie,
pannello centrale, particolare in basso a sinistra
probabile raffigurazione del frutto dello stramonio.
Fonte Pubblico dominio Wikipedia

 

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Dettaglio del Giardino delle delizie, una schiera di uccelli scruta gli uomini nei pressi di un laghetto.

 


Bibliografia

Devoto G., Oli G. C., Vocabolario Illustrato della lingua italiana, 1971

Otto Wilhelm Thomé Flora von Deutschland, Österreich und der Schweiz (1885) – Germania.

Pignatti S., Flora d'Italia - Edagricole, Bologna.1982.

Malizia E., Hieronymus Bosch - Insigne pittore nel crepuscolo del Medio Evo - 2016

 

Dal web

www.actaplantarum.org

Wikipedia