lunedì 23 marzo 2015

Marzo tempo di Marzaiole

A poco a poco l’inverno sta per finire e, nonostante qualche giornata plumbea, i segnali della primavera sono ovunque. 1_Marzaiola_109 (FILEminimizer)

Uno di questi segnali è dato dall’anatra migratrice Marzaiola che prende il suo nome proprio perché è in questo mese che ritorna alle nostre latitudini dopo il periodo invernale trascorso nelle lontane e calde lagune africane.

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Sull’orizzonte del lago un volo di anatre. Sono Marzaiole che in migrazione hanno deciso di fermarsi per una sosta sulle acque lariane.3_Marzaiola_114 (FILEminimizer)

 

 

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La Marzaiola (Anas querquedula) è una piccola anatra di circa 40 centimetri di lunghezza distribuita nel paleartico euroasiatico. Migratrice, sverna in Africa occidentale lungo la fascia tropicale a Nord dell’Equatore. Un numero esiguo di individui trascorre l’inverno nel bacino del mediterraneo mentre sono rarissime le segnalazioni di individui svernamenti in Italia.

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Maschio e femmina di Marzaiola Anas querquedula, marzo, Lago di Como.

Il volo migratorio della Marzaiola spesso è notturno e incomincia già verso la metà febbraio anche se vede il suo maggior picco nel mese di marzo e prosegue in numeri decrescenti fino ai primi di maggio. Solamente qualche centinaio di esemplari si ferma in Italia per la riproduzione. Il resto prosegue per le aree riproduttive dell’Europa centrale e orientale, della Scandinavia meridionale e dell’ Asia centrale.

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Distribuzione della Marzaiola in Europa - Fonte www.birdguides.com

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Distribuzione della Marzaiola nel mondo – Fonte www.planetofbirds.com

Specie fortemente gregaria, può raggiungere gruppi di diverse centinaia, se non di migliaia, di individui nei quartieri di svernamento africani. Prima della partenza per la migrazione primaverile iniziano i corteggiamenti ed i gruppi in volo verso le aree di nidificazione sono composti nella quasi totalità da individui già accoppiati. La deposizione, generalmente composta da 7 alle 12 uova, ha luogo solitamente dopo la metà di aprile e si protrae fino a metà giugno. L’incubazione è effettuata dalla sola femmina per 21-23 giorni. La schiusa è sincrona. Unica è la covata all’anno.

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Coppia di Marzaiola.

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Maschio in parata nuziale, marzo, Lago di Como.

La muta post-riproduttiva lascia inabile al volo la Marzaiola per 3-4 settimane. I maschi mutano tra metà luglio e metà agosto assumendo un abito molto simile alla femmina mentre le femmine tra metà agosto e settembre. Il Delta del Volga, in particolare, è una delle principali aree utilizzate per la muta di questa specie. Il suo habitat ideale è preferibilmente costituito da piccoli specchi d’acqua dolce, poco profondi, separati l’un l’altro da una fitta vegetazione ed in cui questo uccello si sente riparato.2009-09-05_Marzaiola_Pian di Spagna (20) (FILEminimizer)

Maschio di Marzaiola in abito eclissale, settembre, provincia di Como.

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La migrazione autunnale della Marzaiola inizia a fine luglio con un picco nel mese di agosto e all'inizio di settembre. Una volta che la specie ha raggiunto le località di svernamento africane compie spostamenti in relazione alle inondazioni stagionali.12_Marzaiola_031 (FILEminimizer) (2)

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Marzaiole Anas querquedula, marzo, Lago di Como.

 

 

 

   

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La Marzaiola essendo un’anatra di superficie si procura il cibo generalmente immergendo la testa sott’acqua o raccogliendo quello che galleggia. La sua dieta è composta principalmente da insetti, larve di ditteri, coleotteri, anellini, girini e di sostanze vegetali.

 

 

 

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La Marzaiola (Anas querquedula) è una specie monotipica, che la sistematica posiziona nell’ordine degli Anseriformi e nella famiglia degli Anatidi. Come già accennato, il nome Marzaiola deriva dal mese in cui giunge nei nostri territori dopo la migrazione invernale. Più dubbiosa è l’etimologia del nome latino querquedula. L’ornitologo Edgardo Moltoni, nel suo volume dedicato all’etimologia ed al significato dei nomi scientifici, ha forti dubbi sulla sua origine e avanza l’ipotesi che derivi probabilmente da una fonetica onomatopeica. L’ornitologo Maurizio Monti nel suo catalogo ”Ornitologia comense” del 1848 la chiama Garganell, nome dialettale italiano di origine imitativa del XVI secolo ancora in uso oggi nella zona lariana e nelle regioni del Canton Ticino e Svizzera meridionale. Curioso è il fatto che in lingua inglese la Marzaiola si chiami Garganey. L’uso di questo nome lo si deve a Conrad Gesner che lo utilizzò nel 1555 nel terzo volume della sua Historiae Animalium (Storia degli animali). Si tratta di un vocabolo che proviene dal dialetto italiano “garganei” che a sua volta deriva dal termine latino "gargala" che significa trachea.

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Questa specie è fortemente minacciata a causa del progressivo deterioramento delle aree riproduttive a causa di bonifiche e trasformazione delle aree umide in serbatoi idrici per l’agricoltura (dighe). Altre minacce per questa specie sono anche la distruzione dei nidi durante la prima falciatura dei prati, l'avvelenamento da 21_Marzaiola_019 (FILEminimizer)piombo, il botulismo durante le estati calde e la caccia effettuata sia in Africa che in Europa. Incombe anche la presenza di specie invasive intromesse dall’uomo, come ad esempio il Visone americano Mustela vison, vera minaccia per la predazione dei nidi. Inoltre questa specie è suscettibile all'influenza aviaria (in particolare ceppo H5N1) dove focolai del virus possono arrecare forti perdite.

Per questi motivi la Marzaiola in Europa ha uno status di conservazione sfavorevole (SPEC 3: vulnerabile) che secondo la Lista Rossa dei Vertebrati Italiani, pubblicata nel 1997, indica la sua “vulnerabilità” cioè corre un alto rischio di estinzione nel futuro a medio termine.

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Bibliografia

Monti M,. Ornitologia Comense, 1848

Moltoni E., 1946, L’etimologia ed il significato dei nomi volgari e scientifici degli uccelli italiani – Milano

Spagnesi M., Serra L., 2005 – Uccelli d’Italia - Quaderni di Conservazione della Natura N° 22 – Istituto Nazionale Fauna Selvatica “A Ghigi”.

E. Arrigoni degli Oddi, Ornitologia Italiana, Ulrico Hoepli. 1929

venerdì 20 marzo 2015

Equinozio di primavera con eclissi di sole

Straordinaria coincidenza oggi 20 marzo 2015, dalle ore 9:24 alle ore 11:44 per il nord Italia c’è stata l’eclissi parziale di sole, mentre alle ore 23:45 UTC (Coordinate Universal Time) è iniziata la primavera astronomica. Purtroppo le condizioni meteo non mi hanno permesso di godere pienamente di questa eclissi “speciale”, che l’ha vista coincidere con l’equinozio di primavera e con la luna al perigeo, cioè molto vicina alla terra. La prossima eclissi simile a quella odierna avverrà il 6 giugno 2020, mentre tra 5 anni vi sarà un eclissi dove la superficie solare coperta sarà minore e l’evento non sarà così spettacolare.

 

Eclissi solare del 20 marzo 2015 vista dal Lago di Como.

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ore 10:47

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ore 11:26

Approfondimento per l’eclissi odierna LINK

Eclissi: paure, suggestioni e leggende legate al Sole che scompare LINK

giovedì 5 marzo 2015

La primavera dello stambecco

È primavera anche per gli animali alpini, non tanto perché il calendario meteorologico fa iniziare la bella stagione il primo di marzo ma perché quest’anno sulle Alpi le precipitazioni nevose non sono state abbondanti come l’anno passato (LINK) e il precoce scioglimento della neve ha liberato porzioni di pascolo fornendo nuova opportunità alimentare dopo il lungo inverno povero di alimenti.

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Camoscio - Rupicapra rupicapra, marzo, Parco Nazionale del Gran Paradiso (AO).

Presto i pascoli, ora ingialliti, vedranno lo spuntare dell’erba fresca e ricompariranno gli uccelli che hanno scelto di svernare lontano migliaia di chilometri occupando territori che altri strateghi della sopravvivenza non hanno mai abbandonato. Più volte su questo blog ho portato esempi di queste strategie, diverse ma affascinanti, come ad esempio quelle messe in atto dalla pernice bianca o dal culbianco.

Tra le varie strategie di “vivere al limite della sopravvivenza” troviamo anche quella dello stambecco delle Alpi (Capra ibex ibex) che trascorre l’inverno non tanto in fondovalle -come invece ci si aspetterebbe- ma sulle impervie pareti rocciose o ripidi pendii oltre il limite della vegetazione dove anche la neve non ha modo di accumularsi lasciando scoperti pochi e poveri vegetali da qui trarre qualche nutrimento. Con lo sciogliersi della neve e il rispuntare della nuova vegetazione lo stambecco scende a valle attratto dalla tenera erba dopo mesi di alimenti coriacei e poveri di sostanza.

Poterlo vedere e godersi lo spettacolo è davvero un’occasione da non perdere, specialmente se si è nel suo regno: il Parco nazionale del Gran Paradiso.

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Maschio adulto di stambecco delle Alpi - Capra ibex ibex, marzo, Parco Nazionale del Gran Paradiso (AO).

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Sulla biologia e la storia dello stambecco abbiamo già parlato su questo blog (LINK) ma l’incontro avuto con questo fiero esemplare porta a fare alcuni approfondimenti su alcune caratteristiche peculiari che lo rendono unico nel suo adattarsi alla vita estrema.

 

 

Gli zoccoli

Lo stambecco è un ungulato di forme pesanti dove la sua conformazione fisica è caratterizzata da notevoli masse muscolari che rivelano un adattamento alla vita negli ambienti aspri e rocciosi. Le zampe, piuttosto corte, sono dotate di zoccoli particolarmente morbidi da permettere un’aderenza al procedere sulla roccia. Questi zoccoli inoltre hanno due “pinzette” notevolmente divaricabili e indipendenti tra loro nel movimento, consentendo all’animale di sfruttare al meglio anche i più piccoli appigli rocciosi. La mancanza della membrana interdigitale, presente invece nel camoscio, conferma la scarsa attitudine dello stambecco al procedere in ambenti con importante copertura nevosa, un vero esempio evoluzionistico specializzato in un ambiente rupicolo.4_Stambecco_PNGP024 (FILEminimizer)

Il mantello

A noi umani, abituati al caldo tepore delle nostre case, viene spontaneo chiedersi come faccia lo stambecco a resistere alle rigide temperature invernali che si registrano alle alte quote in cui vive. In realtà questo bovide ha sviluppato un mantello molto efficace per cui in estate il suo pelo (giarra) è fitto e ruvido mentre in autunno un pellame fitto e lanoso (borra) si sovrappone al primo dando all’animale una notevole protezione alle basse temperature.

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Un maschio adulto di stambecco ha un peso variabile tra 65 e 100 kg ma può raggiungere pesi molto superiori (140 kg) nel tardo autunno quando accumula sul dorso e nei fianchi una notevole riserva di grasso utile per la sopravvivenza invernale.

 

 

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Le corna

Come in tutti i bovidi, le corna sono presenti in entrambi i sessi: nei maschi sono molto sviluppate e raggiungono 85-100 cm per 4,5 kg di peso nell’individuo adulto. Lo sviluppo delle corna inizia poco dopo la nascita e continua fino alla morte dell’individuo. Osservando i vari stadi di accrescimento si può stabilire l’età dell’individuo.

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Nell'ambiente alpino lo stambecco non ha praticamente nemici naturali tranne l'aquila reale che, a volte, attacca i piccoli stambecchi. La vita media di uno stambecco è di circa 18/22 anni, se escludiamo le pratiche venatorie. La morte in natura di alcuni individui può essere causata da cadute, da valanghe o da frane.

 

 

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Come lo stambecco anche il camoscio sfrutta piacevolmente il disgelo della neve.

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Se l’innevamento è cospicuo la difficoltà di reperire risorse vegetali porta il camoscio a nutrirsi anche della dura corteccia lasciando inevitabili tracce.

 

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Ora che sono ben alimentati, possono spendere le energie anche in corse improvvise…

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Non tutti però potranno godere della tanto attesa primavera. Questa carogna di camoscio non presenta tracce di predazione. Probabilmente l’animale è deceduto per qualche patologia come, ad esempio, la cheratocongiuntivite infettiva, una malattia contagiosa che colpisce in modo particolare il camoscio e in modo meno rilevante lo stambecco, manifestandosi con lesioni oculari più o meno gravi che possono portare alla cecità dell’animale e pertanto alla morte per stenti.

 

Si sa, in natura nulla va perso, la carogna è già stata trovata dal corvo imperiale, dalla volpe, dall’aquila reale e quando resterà solo la carcassa ci penserà il Gipeto a riciclare tutto.

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Il Corvo imperiale (Corvus corax) attende paziente di poter proseguire il pasto.

 

 

 

 

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Non sfugge la presenza di questa carogna al fine fiuto della volpe (Vulpes vulpes).

 

 

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Alta in cielo un’aquila reale (Aquila chrysaetos) con la sua acuta vista aspetta che la situazione sia tranquilla prima di avventarsi sui resti di questo camoscio.

 

 

Fino a qui abbiamo vissuto quella che è la primavera per alcune specie di fauna alpina ma non è difficile immaginare come nei tempi passati fosse difficile la vita dell’uomo in questi luoghi. Possiamo quindi ben comprendere come fosse tanto festeggiato l’arrivo della primavera!

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Piccolo nucleo abitato in Valsavaranche


Bibliografia

Mustoni A., Pedrotti L., Zanon E. e Tosi G., 2002 - Ungulati delle Alpi. Nitida Immagine Editrice – Cles (TN)