venerdì 17 luglio 2015

Avvoltoi. Il grifone uno dei magnifici quattro.

Lo scorso mese mentre mi trovavo presso il Passo dello Spluga in Provincia di Sondrio, vedo spuntare dalle nubi un Grifone Gips fulvus, evento insolito per le nostre montagne. A dire il vero però negli ultimi anni queste “apparizioni” si sono fatte sempre più regolari, infatti, pochi giorni dopo, un esemplare di questa specie viene osservato sui monti della sponda occidentale lariana. (Fonte CROS Varenna link).

Ma la mia osservazione di un solitario grifone sarebbe stata solo un assaggio di quanto avrei fatto pochi giorni dopo presso il Parco Regionale del Verdon in Provenza, dove, un ambizioso progetto di reintroduzione iniziato nel 1999 ha riportato questo grande avvoltoio a ripopolare il territorio da dove per vari motivi scomparve oltre un secolo fa.

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Grifone Gips fulvus, giugno, Parco Nazionale del Verdon (Francia)

Il grifone (Gyps fulvus) appartiene all’ordine dei Falconiformi e alla famiglia degli Accipitridi. Il termine Gyps deriva da greco gups = avvoltoio, mentre fulvus = fulvo per il colore del suo piumaggio.

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Grifone Gips fulvus, giugno, Parco Nazionale del Verdon (Francia)

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Il termine Grifone ha origine greca (grýps) (trasformatosi in latino gryphus = grifone) ed identifica una creatura leggendaria che simboleggia la perfezione e la potenza con il corpo, la coda e le zampe posteriori da leone (animale dominante della terra) e la testa, le ali e gli artigli anteriori di un'aquila (animale dominante del cielo).

 

Grifone raffigurato sullo stemma posto su un
portale rinascimentale del 1637 a Bratislava.
Foto di Peter Zelizňák – da wikimedia.org

 

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In araldica, il Grifone veniva rappresentato nello stemma di chi aveva eseguito una missione con precisione e capacità. Il simbolo del Grifone nel corso del Medioevo simboleggiava i concetti di custodia, vigilanza e protezione e, non a caso, viene tuttora utilizzato in parecchi stemmi, tra cui quello del Corpo della Guardia di Finanza *. (fonte Wikipedia link)

 

Stemma del Corpo della Guardia di Finanza wikimedia

 

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Il grifone (Gyps fulvus) è riconoscibile per il suo lungo collo ricoperto da una fine peluria, per il colletto bianco e il suo piumaggio fulvo. Ha il becco ricurvo e gli artigli come tutti gli uccelli da preda nonostante questo uccello sia incapace di catturare prede vive. La sua imponente dimensione dalla apertura alare (2,3-2,7 metri) lo rende tra i più grandi uccelli rapaci europei.  Il suo peso (8-10 kg) gli impedisce di volare per lunghi tratti sbattendo le ali ma grazie alle dimensioni di queste, riesce a sfruttare abilmente i venti e le masse d’aria in movimento e, con poco sforzo, a risalire grandi altezze raggiungendo altitudini record di 10.000 metri e percorrendo grandi distanze alla ricerca di cibo senza consumare energie.

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Gruppo di Grifoni in corrente
termica ascensionale

 

 

 

Il Grifone è distribuito nelle aree adatte dell’Europa meridionale, dell’Africa settentrionale e del Medio Oriente in Asia sud-occidentale (Afghanistan, Pakistan e India settentrionale). In Europa l’areale è discontinuo e irregolare a seguito di una marcata riduzione accentuatasi a partire dal XIX secolo. La popolazione europea è per lo più concentrata in Spagna (circa il 90%).

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Distribuzione del Grifone in Europa - Fonte www.birdguides.com

 

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Un tempo il Grifone era numeroso e ben diffuso in Sicilia ed in Sardegna e in alcuni settori degli Appennini e delle Alpi. Dalla metà del secolo scorso questa specie ha subito un drastico declino tanto da farlo estinguere in quasi tutto il territorio italiano, eccezione per la Sardegna dove è rimasta l’unica popolazione naturale seppur drasticamente ridotta. Negli ultimi anni, alcuni progetti di reintroduzione hanno consentito di creare colonie nidificanti in Friuli e in Abruzzo ed ora si sta tentando la reintroduzione anche in Sicilia.

 

Grifone, aprile, Monfragüe Spagna

Ma perché vengono fatti tanti sforzi per reintrodurre gli avvoltoi? Questi preziosi rapaci hanno in natura un ruolo importante di “pulizia ecologica” consumando rapidamente le carogne degli animali morti. Inoltre il loro apparato digerente elimina tutti i batteri e i virus limitando la diffusione di malattie e di inquinamento e proteggendo quindi le acque sotterranee, in particolare le fasce calcaree e permeabili.

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Gruppo di Grifoni in alimentazione presso una carogna, Exstremadura Spagna

Reintrodurre una specie animale a volte solleva polemiche e dibattiti. I detrattori della reintroduzione si trincerano spesso dietro ad un semplicistico: “Questa specie è scomparsa perché non aveva posto".  A questa risposta potremmo ribattere che, purtroppo, è la natura in generale a non avere più posto nella nostra società moderna.

Le specie reintrodotte sono state vittime dirette dell'azione dell'uomo, soprattutto a causa di una distruzione di massa (caccia, bracconaggio e avvelenamenti) data dall’ignoranza di un tempo di considerarli “nocivi”. Gli avvelenamenti hanno avuto luogo anche per via indiretta, alimentandosi di mammiferi a sua volta avvelenati dall’uomo come lupi e volpi. Inoltre la riproduzione lenta di questo rapace non ha certo contribuito a contrastarne la scomparsa.

Tuttavia oggi gli habitat e le risorse alimentari sono in grado di mantenere questa specie senza interventi particolari da parte dell’uomo. I Grifoni possono quindi vivere in questo mondo moderno senza grandi difficoltà. Hanno solo bisogno di un minimo di spazio e un po’ di quella considerazione che nel corso della storia non hanno amai avuto.

Video in lingua francese riguardante la reintroduzione del Grifone Parco Regionale del Verdon. LINK

La reintroduzione non è altro che una misura di conservazione nel restauro di comunità biologiche danneggiate dall'uomo. Si potrebbe anche dire che sia un "lusso" dei paesi ricchi che stanno rimediando ai problemi creati dal mancato rispetto della tutela del proprio ambiente. E’ un’importante presa di coscienza, una nuova opportunità offerta a questa fauna estinta. Programmi di reintroduzione si articolano ad altre questioni ambientali ampliando gli obiettivi di conservazione e di conseguenza rendendo il nostro ambiente più naturale e vivibile.

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Utili pannelli didattici posti nei luoghi interessati dal progetto aiutano a far comprendere
anche ai meno esperti quanto sia importante il lavoro che si sta svolgendo.

La reintroduzione non è certo un esperimento promosso da qualche sprovveduto naturalista ma è un serio progetto basato sulle linee guida rigorose stabilite dall'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN). Questa organizzazione ha elaborato una Carta di raccomandazioni in materia di etica e dei requisiti da rispettare prima di iniziare un progetto, indipendentemente dalle dimensioni dello stesso.

Qualsiasi reintroduzione si basa, ad esempio, sull’accertamento che la specie in questione sia stata effettivamente storicamente presente nell'area designata e che questa sia in grado di ospitarla di nuovo. Inoltre bisogna dimostrare che il sito di rilascio sia ottimale dal punto di vista biogeografico della specie in questione. Ciò significa che l'ambiente naturale e sede potenziale corrispondono ai requisiti specifici di questa specie. Inoltre vanno valutate tutte le cause di estinzione della specie assicurandosi che queste siano anche scomparse.

Altra importante prerogativa è il contesto socio-culturale favorevole. Le popolazioni umane che vivono nel territorio devono prendere consapevolezza del perché si vuole reintrodurre una specie. Se queste condizioni generali sono garantite, la reintroduzione avrà successo. In caso contrario, e soprattutto dove la popolazione locale non abbia consapevolezza dell’importanza del progetto reintroduttivo, si rischia il fallimento del progetto stesso come accadde in Sardegna, dove dopo 40 anni dalla sua scomparsa si è tentato di reintrodurre alcuni esemplari di Gipeto morti poco dopo il rilascio per aver ingerito esche avvelenate. LINK

Permettemi una piccola nota sulla differenza tra il termine reintroduzione e introduzione. Quest’ultima di solito è la scorretta pratica di immettere specie alloctone in ambienti non originari con il risultato di negative e devastanti interazioni con le specie autoctone. Ma di questo ne abbiamo già parlato qui (LINK)

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La presenza di una nuova comunità di avvoltoi attrae anche altre specie come dimostra questa immagine dove vediamo sulla sinistra un Grifone e sulla destra un rarissimo Avvoltoio monaco (Aegypius monachus), specie minacciata di estinzione. Attualmente in corso il tentativo di reintroduzione anche nel Parco Regionale del Verdon (LINK).


La biologia del Grifone

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In generale in Italia il Grifone può essere considerato specie parzialmente migratrice ed erratica. Gli adulti nidificanti sono perlopiù sedentari mentre i giovani si muovono maggiormente. Spesso gli spostamenti avvengono per motivi alimentari.

Il grifone in Italia – LINK

Questa specie frequenta preferibilmente ampi spazi aperti, caratterizzati da scarsa vegetazione arborea, che spaziano dalle montagne al semi-deserto, dal livello del mare fino a c.3.000 m. dove comunque siano presenti mammiferi, sia selvatici sia di allevamento, le cui carcasse ne sono il sostentamento. Per la nidificazione scelgono pareti rocciose in aree montane o coste marine dove esistono situazioni favorevoli alla formazione di correnti ascensionali.

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Tipico ambiente del Grifone formato da ampi spazi e pareti rocciose dove nidificare o radunarsi per il riposo notturno. Queste pareti sono anche luogo di correnti ascensionali che si formano durante la giornata, correnti che il Grifone utilizza per prendere in volo senza dispendio di energie.

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Grifone in volo presso le strapiombanti pareti rocciose delle Gole del Verdon, Francia

 

 

 

 

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Il Grifone è il più gregario tra le quattro specie di avvoltoi italiani. Si ritiene che il gruppo sia condizione indispensabile per la sopravvivenza dei singoli individui specialmente nella fase di ricerca di carcasse di animali, che spesso viene effettuata da vari individui posti anche a grande distanza l’un l’altro su un vasto territorio ma in reciproco contatto visivo tra loro, sicché la localizzazione di una carogna da parte di un singolo grifone scaturisca un involontario segnale di raccolta per parecchi individui che prontamente confluiscono su il ritrovamento. La discesa sul terreno avviene a larghi voli a spirale e ad atterraggio avvenuto le larghissime ali vengono rinchiuse. Sul terreno il Grifone si muove goffamente a balzi. All’operazione di ripulitura della carcassa spesso viene osservato un certo ordine gerarchico di priorità tra i singoli individui: chi ha più fame si nutre per primo. La carcassa dell’animale morto viene ripulita in pochi minuti dopo il passaggio di questi necrofagi. Gli avvoltoi possono stare a digiuno per diversi giorni consecutivi fino al ritrovamento di un altro animale morto.

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Gruppo di Grifoni in attesa di spiccare il volo dopo essersi alimentati presso una carcassa messa a disposizione dagli addetti al progetto reintrodutivo

Riproduzione

Per la riproduzione il Grifone predilige falesie, dominanti vasti spazi aperti e aridi ricchi di ungulati selvatici e domestici allo stato brado. Generalmente si concentra in piccole colonie e il voluminoso nido, riutilizzato per più anni, viene di solito costruito su speroni 20-Grifone_185 (FILEminimizer)rocciosi, con sporgenze protette o piccole grotte. La deposizione dell’unico uovo avviene generalmente in febbraio e l’incubazione curata da entrambi i sessi si protrae per circa 52 giorni. Il piccolo viene accudito da entrambi i genitori e diviene atto al volo non prima dei 110-115 giorni. Una sola covata annua. La maturità sessuale avviene non prima del 5°/7° anno di vita.

Il Grifone nidifica su pareti rocciose. In questa immagine cerchiato in rosso un luogo di nidificazione

 

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Un Grifone che trasporta materiale per la costruzione il nido che nel corso degli anni può raggiungere dimensioni che superano il metro di diametro

 

 

Status di conservazione Fonte www.iucn.it

Questa specie ha uno status di conservazione sfavorevole in Europa (SPEC 3: rara). In Italia sono stimate complessivamente 37-42 coppie, comprese quelle nei siti di reintroduzione nel 2003 (Brichetti & Fracasso 2003, BirdLife International 2004). Stimate 68-71 coppie da Schenk et al. 2008. Trend in decremento seguito da locale incremento dovuto alle traslocazioni.

La popolazione sarda è diminuita da oltre 1.000 coppie negli anni Trenta a 65-75 all'inizio degli Anni ‘80, a 42 alla fine degli Anni Novanta e a sole 15 coppie nel 2000 (Grussu in Brichetti & Fracasso 2003).

Grazie anche alle operazioni di restocking dal 1986 al 1996, il numero di coppie che hanno deposto è passato da 20 a 31 (Schenk et al. 1997). Nel 2005 le coppie territoriali in Sardegna erano 31-32 (Schenk & Aresu 2006).

Complessivamente si può affermare che in 3 generazioni (circa 50 anni per questa specie) la popolazione di Grifone in Italia è diminuita di almeno l'83,6% (dai 580 individui stimati nel 1955 ai 95 stimati nel 2005, Gustin et al. 2009). Mentre il numero di coppie è diminuito del 96,9% dagli anni 30 al 2005 (75 anni circa).
Da questi dati risulta ragionevole ritenere che in 3 generazioni (48 anni circa) il numero di individui maturi della popolazione italiana abbia subito un declino pari ad almeno l'80%.

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Grifone Gips fulvus, giugno, Parco Nazionale del Verdon (Francia)


Oltre al Grifone, l’avifauna italiana ha altre specie tre specie di avvoltoio: il Gipeto, l’Avvoltoio monaco e il Capovaccaio, in sintesi lo status attuale in Italia di queste specie.

Gipeto

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l Gipeto (Gypaetus barbatus) è un avvoltoio dall’aspetto agile, con un ampia apertura alare compresa tra 240 e 300 cm. Tipico delle regioni montuose, sulle Alpi l’ultimo esemplare di Gipeto fu abbattuto nel 1913. Un progetto di reintroduzione iniziato negli anni ‘70 del secolo scorso ha avuto l’ambizione di riportare questo esemplare sulla catena alpina. Questo progetto ora conta con successo circa 200 individui allo stato naturale. (LINK Libereali)

 

Avvoltoio monaco

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L’Avvoltoio monaco (Aegypius monachus), giugno, Parco Nazionale del Verdon (Francia)

Imponente avvoltoio con un’apertura alare di 250-295 cm dal colore del piumaggio marrone scuro-nero brillante nell’adulto, con capo coperto da piume grigio-marroni e parti nude rosa. In volo l’avvoltoio monaco appare come un grosso rettangolo con ali lunghe e larghe, testa e coda poco sporgenti.
Frequenta ambiente zone collinari e montuose con la presenza di boschi.B-2011-04-18_Avvoltoio monaco_Belen-Exstremadura (22) (FILEminimizer)

L’areale dell’Avvoltoio monaco spazia tra il Paleartico meridionale e l’Asia sino alla Cina. L’IUCN - Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (2008), l’ha inserita tra le specie “prossime alla minaccia di estinzione” perché la già ridotta popolazione mondiale (7.200-10.000 coppie) sta subendo un forte declino nell’areale asiatico.
Catalogata come specie “rara” in Europa, dove nidifica solo in pochi paesi, come la Spagna che ospita la quasi totalità della popolazione.
In Italia l’Avvoltoio monaco è estinto come nidificante. La specie nidificava in Calabria sino al principio del XX secolo ed in Sardegna sino agli anni’60. Osservazioni in Italia di questa specie sono dovute ad individui erratici, di probabile provenienza francese dove è in corso un progetto di reintroduzione.b-Avoltoio monaco_Exstremadura (22) (FILEminimizer)

Avvoltoio monaco, Exstremadura Spagna

 

Capovaccaio (Neophron percnopterus)

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Capovaccaio, Exstremadura Spagna

Il capovaccaio è il più piccolo degli avvoltoi italiani. Ha una apertura alare che va da 155-170 cm. L’adulto ha una colorazione bianco-nera che ricorda quella della Cicogna bianca. Questa specie è distribuita nel sud dell’Europa, nell’Asia orientale e centrale, nell’India nord-occidentale e nel Nord Africa. La popolazione europea è migratrice e sverna in una ristretta fascia latitudinale a sud del Sahara. In Europa lo stato di conservazione è sfavorevole (SPEC 3: in pericolo). Stessa situazione per l’Italia dove si è registrato negli ultimi dieci anni un calo del 50%. Attualmente il Capovaccaio è nidificante con pochissime copie in Basilicata, Calabria e Sicilia.

Vittime della loro cattiva immagine, questi utilissimi ed imponenti giganti dell'aria entrano negativamente anche nel lessico comunemente utilizzato. Infatti è uso comune dare dell’avvoltoio ad una persona che approfitta delle disgrazie altrui. Come per altri animali, l’irrazionalità umana ha colpito negativamente anche questo uccello.

 

Chiudiamo questo post con un simpatico video tratto dal film di animazione “Il Libro Della Giungla” prodotto nel 1967 da Walt Disney, dove troviamo protagonisti simpatici avvoltoi. LINK


Fonti bibliografiche

L’etimologia ed il significato dei nomi volgari e scientifici degli uccelli italiani – Edgardo Moltoni – Milano 1946
 
Spagnesi M. & Serra L, 2004. Uccelli d’Italia – Quaderni di Conservazione della Natura Numero 21, Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica “Alessandro Ghigi”

Brichetti P., Fracasso G. (2003), Ornitologia italiana - Gavidae-Falconidae Alberto Perdisa Editore, Bologna

Gustin M., Brambilla M. & Celada C. (2009), Valutazione dello stato di conservazione dell'avifauna italiana. Rapporto tecnico inedito su incarico del Ministero dell'Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare. pp. 1-1151 (PDF LINK)