Il Delta del Po è un'area di straordinario interesse naturalistico, storico e geologico sempre in evoluzione che occupa un’ampia porzione nella zona settentrionale del mare Adriatico formata dai depositi di limo portati dai fiumi Po, Adige e Reno. Ambienti diversi ospitano ciascuno una propria flora e una propria fauna, un vero paradiso per i naturalisti. In modo sintetico cercherò con alcuni post di descriverne i principali ambienti iniziando dal quello lagunare dove vive il Fenicottero, specie improbabile da osservare allo stato selvatico nella zona Lariana luogo abitualmente protagonista su questo blog.
Fenicotteri in volo sulla laguna
Il fiume Po con i suoi 650 chilometri attraversa la pianura Padana fino all'Adriatico, dove sfocia a delta, dando vita ad una delle più vaste zone umide europee e del Mediterraneo, un complesso di zone umide e terre emerse che si estende in tre province e due regioni: Veneto, provincia di Rovigo; Emilia Romagna, province di Ferrara e Ravenna. Nel profilo indiscutibilmente unico del Delta del Po c'è il territorio creato sia dalla sedimentazione del fiume che dall'opera dell'uomo che nei secoli ne ha regimentato le acque e bonificato i terreni. Nel Delta si distinguono vari ambienti, ognuno con caratteristiche peculiari: la campagna con i paleoalvei, le dune fossili, gli argini, le golene, le valli da pesca, le lagune o sacche e gli scanni.
Valli di Comacchio
L’insieme di canali e specchi d’acqua salmastra che formano le Valli di Comacchio può essere considerato il cuore del Delta del Po. Si tratta indubbiamente dell’ambiente umido più complesso dell’intera zona ed è anche la zona umida salmastra più estesa d’Italia, residuo orientale delle più vaste valli che caratterizzavano la bassa pianura ferrarese. Le Valli coprono una superficie di circa 11.000 ettari con una profondità media inferiore al metro ed una salinità compresa tra 0,5% e 3,5%. Le acque di drenaggio della bonifica costituiscono i principali afflussi di acque dolci, mentre le acque salmastre entrano dal mare attraverso vari immissari. Gli scambi d’acqua delle Valli sono totalmente regolati da manufatti idraulici: chiuse, sifoni e paratoie. La gestione idraulica delle Valli è in funzione sia delle attività di pesca, sia della qualità ambientale e del mantenimento di habitat e di specie protette.
Protetti dalla vegetazione lagunare sono molti i Gabbiani reali che vi nidificano
Coppia di Gabbiano reale – Pulcini di Gabbiano reale
Lo specchio d’acqua principale delle Valli di Comacchio presenta acque aperte nella parte centrale e complessi sistemi di dossi, barene e cordoni dunosi nella zona perimetrali.
La spiaggia lagunare ricoperta da detriti di molluschi.
La Volpoca è una specie è molto comune in laguna.
Capanni da pesca, Valli di Comacchio (FE)
La principale economia di questa zona è data dalla pesca, praticata con diversi metodi come ad esempio i caratteristici capanni da pesca.
Il cormorano è un frequentatore abituale di queste acque.
Le Valli di Comacchio hanno sempre svolto un ruolo fondamentale nell’evoluzione storica della zona. Primaria attività la pesca all’anguilla, attività svolta un tempo nei casoni da pesca: siti di attività lavorative e fino a pochi anni fa anche alloggi dei vallanti nonché luoghi di lavorazione del pescato.
Interno dei casoni da pesca, qui il Vallante viveva al freddo e all’umido per un periodo della durata di circa un mese, al suo rientro era talmente abbrutito che necessitava un sito dove rimettersi in sesto trovandolo in un luogo denominato “Fattibello” dove vi era un barbiere che si prendeva cura dell’immagine dei vallanti. Questa località è ancora ad oggi meta turistico-naturalista.
La principale attività all’interno dei casoni era la lavorazione dell’anguilla che avveniva in questa stanza denominata “sala del fuoco”. Le anguille venivano selezionate, tagliate a pezzi e infilzate in lunghi spiedi sospesi a un girarrosto. A cottura ultimata, venivano disposte in barili o scatole di latta con una speciale salamoia.
Dell’anguilla non si sprecava niente. Il grasso che colava durante la cottura veniva raccolto ed utilizzato per l’illuminazione delle lampade ad olio, la pelle essiccata veniva utilizzata per realizzare lacci delle scarpe mentre le teste e le code venivano consumate dai pescatori, le trippe d’anguilla erano una prelibatezza e le lische del pesce si mangiavano fritte.
Per la pesca in Valle si utilizzava il “lavoriero”, uno strumento molto antico ma ancora efficiente e fondamentale per la pesca di valle, che consente di catturare le anguille separatamente da cefali e altri pesci, quando queste migrano a mare stimolate dall'istinto riproduttivo.
Si tratta di un manufatto formato da una serie di bacini comunicanti, a forma di punta di freccia dove il pesce viene fatto convergere in passaggi obbligati e lo cattura, all'entrata ed all'uscita, in due fasi: nel primo sbarramento, a maglia più larga, restano impigliati tutti i pesci tranne l'anguilla che, essendo più sottile riesce ad oltrepassarlo, ma che viene poi bloccata al secondo sbarramento caratterizzato da maglie più fitte.
In primo piano il classico “lavoriero” delle Valli di Comacchio
L’Anguilla
È molto affascinate e misteriosa la vita dell’Anguilla. Si tratta di un animale migratore dal ciclo riproduttivo straordinariamente complesso e noto da relativamente poco tempo. Le conoscenze attuali indicano come unica area di riproduzione il Mar dei Sargassi, nell’Oceano Atlantico. Alla schiusa dell’uovo l’aspetto del pesce è molto diverso da quello dell’adulto. La larva viene trasportata dalle correnti marine verso le coste dell’Europa e del Nord Africa, durante questa migrazione passiva che dura da 1 a 3 anni il suo accrescimento sale a 7 cm di lunghezza, a questo stadio l’anguilla viene chiamata “cieca”. Nelle acque interne l’animale assumerà gradualmente l’aspetto definitivo prendendo il nome “anguilla gialla” (vedi disegno a sinistra).
Raggiunta l’età adulta dopo quasi 15 anni, in autunno l'istinto riproduttivo è talmente forte che per migrare verso il Mar dei Sargassi, distante fino a quasi 6000 km dalle aree di accrescimento, le anguille che vivono in laghi o stagni chiusi non esitano ad uscire dall'acqua e raggiungere il fiume o il mare strisciando come serpenti. Questo avviene durante la notte, soprattutto quando piove, poiché l’acqua evita la disidratazione. In questo stadio l’Anguilla subisce importanti modifiche morfologiche: gli occhi diventano più grandi, la pelle più spessa e le pinne pettorali appuntite (vedi disegno a destra); l’intestino degenera e l’alimentazione viene sospesa. In questa fase prende il nome di “anguilla argentina”. Dopo la riproduzione gli individui muoiono. Molti aspetti dell’Anguilla soprattutto la biologia riproduttiva, restano un mistero.
Oggi L'anguilla è considerata specie "in pericolo critico" dalla Lista Rossa IUCN (Unione internazionale per la conservazione della natura), che è il gradino immediatamente precedente l'estinzione. Il peculiare ciclo riproduttivo di questa specie la rende non allevabile in cattività se non catturando i giovani al loro ritorno dalla migrazione per immetterli nelle valli da pesca. Le principali cause della diminuzione di questa specie non sono ricollegabili all’inquinamento, a cui l'anguilla è poco sensibile ma all'eccessiva attività di pesca, sia degli adulti che del novellame.
A nord delle Valli si trova la Città di Comacchio, detta anche la “piccola Venezia” per i suoi pittoreschi canali e ponti.
Il Fenicottero
Nonostante la pressione antropica a cui questo territorio è sottoposto, il Delta del Po resta una delle zone faunistiche più importanti d'Europa. La check-list degli uccelli aggiornata al 2004 individua 344 specie registrate dal 1950, ovvero il 66,8% delle specie italiane: 156 quelle nidificanti, 185 quelle svernanti. Tra questi il Fenicottero.
Fenicottero, Valli di Comacchio (FE)
Il Fenicottero Phoenicopterus roseus appartiene all’ordine dei Phoenicopteriformes e alla famiglia dei Phenicopteridae. Il suo nome già usato da Aristofane deriva dal latino Phoenicopterus che a sua volta deriva dal greco foinikoperos= con ala rossa per via del colore rosso fiammante delle ali ad eccezione delle remigranti.
Alto fino a un metro e mezzo, il Fenicottero è un grande uccello distribuito in tutto il mondo. La sottospecie roseus è presente nel bacino del Mediterraneo, in Africa e in Asia sud-occidentale. Il suo habitat è caratterizzato da vaste estensioni di acque salmastre sia costiere (lagune, stagni e saline) che interne (laghi salati), poco profonde, ricche di nutrimento e costituito in gran parte da Crostacei del genere Artemia. Ed è proprio dal piccolo gamberetto rosa l’Arthemia salina che il Fenicottero ottiene i carotenoidi, cioè i pigmenti che conferiscono alle penne il caratteristico colore rosa. Anche le Artemie, peraltro, si procurano i pigmenti tramite l’alimentazione, e concentrano sulla loro corazza quelli presenti nelle alghe di cui si nutrono. La colorazione della livrea dei fenicotteri dipende dunque dalla quantità di microcrostacei ingeriti e varia dal bianco al rosa più o meno intenso. I carotenoidi però col tempo si degradano tant’è che le penne cadute durante la muta perdono in breve il loro tipico colore.
Arthemia salina
L'artemia salina è un crostaceo di piccole dimensioni, che vanno dai 3-4 millimetri allo stadio di nauplio fino ai 12 mm nell'adulto. La sua maturazione sessuale avviene dopo 15 giorni di vita. Le artemie in condizioni ottimali possono vivere fino a quattro mesi circa, producendo circa 300 naupli o cisti ogni quattro giorni circa. In condizioni di normale salinità (33 gr/lt) e abbondanza di cibo, le artemie partoriscono naupli vivi, mentre se la salinità inizia a salire o scendere e il cibo scarseggia, le artemie iniziano a riprodursi deponendo le uova che possono schiudersi anche dopo lungo tempo.
Arthemia salina, foto di Hans Hillewaert wikimedia.org
I Fenicotteri si procurano il cibo camminando lentamente con la testa immersa in acqua setacciando il fondale con il becco ricurvo dotato di micro lamelle che filtrano l’acqua trattenendo i piccoli microrganismi mentre l’acqua viene espulsa con la pressione della lingua.
In Europa il Fenicottero è nidificante in una trentina di siti sia costieri che in laghi salati interni. Per quanto riguarda il Mediterraneo occidentale la colonia più importante è quella della Camargue (Francia).
In Italia la specie è presente come migratrice e svernante e, a partire dal 1993, anche come nidificante. Le prime nidificazioni sono avvenute in Sardegna nel complesso degli stagni di Cagliari, successivamente a Orbetello nel 1994, a Margherita di Savoia dal 1996 e dal 2000, nelle Valli di Comacchio.
Il Fenicottero costruisce il nido in acque poco profonde sulle rive delle lagune salmastre. E’ un uccello molto socievole infatti nidifica uno vicino all’altro. Nel periodo della nidificazione è estremamente sensibile, se disturbato l’intera sua colonia può abbandonare il luogo di nidificazione e permettere ai Gabbiani reali di eliminare uova e pulcini di un’intera colonia. Il nido è costituito da un tumolo conico con una cavità in cima, è composto di fango che seccandosi si solidifica diventando molto resistente. In questo nido la femmina vi deporrà un uovo, raramente due e lo incuberà per 28-32 giorni.
Il Fenicottero è una specie gregaria. Nel Mediterraneo gli individui sono in parte sedentari e in parte si spostano durante il corso dell’anno in relazione alle disponibilità ambientali e trofiche presenti nelle varie zone. Sebbene la specie in Europa abbia registrato un sensibile aumento negli ultimi trent’anni, lo status di conservazione è sfavorevole per l’esiguo numero dei siti di nidificazione e per la notevole concentrazione della popolazione in poche zone anche al di fuori del periodo riproduttivo che rende la specie potenzialmente vulnerabile.
Il Fenicottero per prendere il volo necessita di una lunga corsa durante la quale risaltano le lunghissime zampe e il collo altrettanto allungato.
Proseguendo nel viaggio sul Delta del Po, appuntamento al prossimo post in cui parlerò di un altro ambiente: le saline.
Bibliografia:
Moltoni E., 1946, L’etimologia ed il significato dei nomi volgari e scientifici degli uccelli italiani – Milano
Spagnesi M. & Serra L, 2004. Uccelli d’Italia – Quaderni di Conservazione della Natura Numero 22, Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica “Alessandro Ghigi”
Zerunian S., 2002. Pesci delle acque interne d’Italia – Quaderni di Conservazione della Natura Numero 20, Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica “Alessandro Ghigi”
Harrison C., 1988. Nidi e Uova degli uccelli d’Europa – Muzio Editore
Scott B., 2000. Birdwatching nel Delta del Po
Quaderni di birdwatching volume 13, 2005 – EBN Italia
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