Nel comprensorio del Parco Regionale del Delta del Po – Regione Emilia Romagna - si trovano le saline di Comacchio, un’estensione di 600 ettari di fitti intrecci di canali, di specchi d'acqua di scarsa profondità e di argini di terra caratterizzati dalla presenza di vegetazioni capaci di sopportare elevate concentrazioni di sali, quale Salicornia e Astro di palude. Nelle acque aperte dei bacini a bassa profondità la vegetazione è scarsa o assente ma con un grande sviluppo di alghe unicellulari. Si tratta insomma di un complesso ecosistema unico e delicato.
In questo luogo fin dai tempi più remoti veniva estratto il sale per tutta la Padania e tale attività fu causa di numerose guerre con Ravenna e Venezia. Il cloruro di sodio, è uno dei sali più comuni sul nostro Pianeta, costituendo la base dell’acqua di mare. L’uomo e gli animali superiori, essendo composti per oltre il l’80% di acqua salata, ne sono ricchi e ne devono assumere regolari quantità, soprattutto attraverso il cibo, per integrarne le perdite. Per questo non esiste organismo vivente superiore che possa fare a meno del sale. E per questo l’uomo, sin dalle epoche preistoriche, ha ricercato, prodotto e commerciato questo bene così importante, considerato prezioso quasi quanto l’oro, tanto da essere usato dagli antichi romani per pagare i soldati (da cui il termine “salario”).
La“Torre Rossa” è tra gli edifici più antichi del Delta e vanta una storia di 500 anni. Fu fatta costruire dal Duca Alfonso d’Este II nel XVI secolo e posseduta dagli austriaci intorno al 1800, che la usarono come fortino di difesa, avvistamento e alloggiamento dei soldati e dei finanzieri ed in seguito utilizzata per il controllo del traffico di sale. Dal secondo dopoguerra l’edificio divenne caserma della Guardia di Finanza per il controllo del comprensorio della salina.
La produzione del sale alle Saline di Comacchio è stata interrotta nel 1984, poiché non ritenuta più un'attività remunerativa, riconvertita e gestita per fini esclusivamente naturalistici come Oasi di protezione della fauna divenendo una zona umida salmastra di notevole valore naturalistico, dove sostano e nidificano molti uccelli. Oltre ai fenicotteri, di cui ne abbiamo parlato nel post precedente, qui troviamo un’altra specie che sul Lario non è mai stata osservata: si tratta del Gabbiano roseo.
Il Gabbiano roseo
Il Gabbiano roseo Chroicocephalus genei (ex Larus genei) (Brème, 1839) appartiene all’ordine dei Caradriformi, famiglia dei Laridi.
Il Gabbiano roseo e una specie prevalentemente migratrice, molto localizzata come nidificante. Si stima che ben il 90% della popolazione nidifichi in meno di dieci siti ubicati nelle zone umide dell’ex Unione Sovietica, dal Mar Nero sino al Kazakhstan, nei laghi interni della Penisola Anatolica e in Iraq. Nel Mediterraneo nidifica in poche località costiere. In Italia il Gabbiano roseo nidifica dagli anni’70 in quattro aree ben distinte e localizzate: il Cagliaritano (1976), l’Oristanese, il Delta del Po tra Comacchio e Ravenna (1978) e le saline di Margherita di Savoia, in Puglia.
Distribuzione del Gabbiano roseo (fonte www.birdguides.com)
Il Gabbiano roseo ha uno status di conservazione favorevole in Europa e quindi è importante preservare le aree di nidificazione perlopiù saline.
La specie si nutre di piccoli pesci e invertebrati, in particolare di insetti. Il nome “roseo” è dovuto alle sfumature che caratterizzano la parte inferiore del piumaggio. Questo è uno dei caratteri distintivi per la specie, altrimenti piuttosto simile al Gabbiano comune, se non anche per l’assenza del “cappuccio” e per le dimensioni leggermente più grandi.
Coppia di Gabbiani rosei e in primo piano un Gabbiano comune.
Molte sono le specie che utilizzano la salina come luogo di svernamento o di sosta durante le migrazioni rendendo questo luogo un ambiente umido di notevole valenza. Tra le specie nidificanti di rilievo troviamo oltre al Gabbiano roseo, il Fenicottero e il Fratino. Altre specie molto più comuni che qui vi nidificano sono il Gabbiano reale e il Gabbiano comune.
Tra le specie più interessanti, la salina ospita come nidificante la Volpoca Tadorna tadorna presente con diverse coppie.
Molto diffusa è la Sterna comune Sterna hirundo.
Coppia di Sterne comuni al nido
Il Fraticello Sternula albifrons, pur non essendo strettamente legato a questo ambiente, in salina di Comacchio nidifica dal 2003.
La Pettegola Tringa totanus qui nidifica con diverse coppie.
Facilmente osservabili sono l’Avocetta Recurvirostra avosetta…
…e il Cavaliere d’Italia Himantopus himantopus.
Molto comune è la Garzetta Egretta garzetta.
Volendo invece analizzare la presenza dei non volatili in questo ambiente, ricordiamo il tipico crostaceo Artemia salina che vive nelle vasche di evaporazione dove vi è un’alta salinità e di cui ne abbiamo parlato nel post precedente, mentre nelle vasche di prima evaporazione troviamo la tipica l’ittiofauna delle aree salmastre quali l’anguilla e il cefalo. Nelle vasche di seconda evaporazione, dove la salinità è elevata, si incontra solamente un tipo di pesce: il Nono (Aphanius fasciatus), un pesce di taglia molto piccola, la cui lunghezza massima è di circa 7-8 cm e il peso di 10 g, contraddistinto da un evidente dimorfismo sessuale. In Italia è presente nelle regioni costiere dell’alto Adriatico e dell’alto e medio Tirreno, in Puglia, Sicilia e Sardegna. Questo pesce conduce una vita gregaria in branchi a volte molto numerosi. Si nutre di piccoli invertebrati planctonici e bentonici, larve di insetti e alghe. Sebbene di nessun interesse commerciale, il suo status è in sensibile decremento. Tra le principali cause, la competizione con l'alloctona Gambusia: specie originaria del Golfo del Messico che nel corso del secolo passato è stata introdotta in molte zone paludose del mondo (tra cui l’Italia e tutta l’Europa meridionale) per combattere le zanzare. La Gambusia è inserita nell'elenco delle 100 tra le specie invasive più dannose del mondo.
Nono Aphanius fasciatus – femmina sopra maschio sotto
Disegno di Titti Ruosi
La descrizione del nostro viaggio proseguirà nel prossimo post con la visita alle Punte Alberete, unica area di bosco allagato di acqua dolce. Prometto che anche lì le curiosità non mancheranno…
Bibliografia
Spagnesi M. & Serra L, 2003. Uccelli d’Italia – Quaderni di Conservazione della Natura Numero 16, Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica “Alessandro Ghigi”
Zerunian S., 2002. Pesci delle acque interne d’Italia – Quaderni di Conservazione della Natura Numero 20, Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica “Alessandro Ghigi”
Harrison C., 1988. Nidi e Uova degli uccelli d’Europa – Muzio Editore
Scott B., 2000. Birdwatching nel Delta del Po
After Life Conservation Plain della Salina di Comacchio, 2006
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