domenica 30 giugno 2013

Il merlo dal collare: “Il merlo con il bavaglino…”

In questo periodo sui rilievi montani può capitare di osservare, con un po’ di fortuna, un merlo ma, attenzione, perché se presenta un bavaglino bianco si tratta di un Merlo dal collare e allora l’osservazione non è per nulla banale.
♂ Merlo dal collare Turdus torquatus
Anche il nome “merlo” denota la sua assomiglianza al Merlo che tutti conosciamo e “dal collare” indica il suo caratteristico collare bianco posto tra la base del collo e l’alto petto (l’etimologia del nome scientifico Torquatus = ornato di un collare, dal latino torques=colare (1)).

♀ Merlo dal collare Turdus torquatus

Il Merlo dal collare vive e si riproduce in ambiente montano a quote di altitudine comprese tra i 1.300 e i 2.300 metri in ambienti con presenza di conifere, laricete e boscaglie di pino mugo e spazi aperti e praterie montane con sporgenze rocciose e brughiere, dove la vegetazione si fa più rada.

Il tipico ambiente del Merlo dal collare.

Il Merlo dal collare appartiene all’ordine dei Passeriformi e alla famiglia dei Turdidi. Questa specie si differenzia in due sottospecie: la prima il Turdus torquatus torquatus che si distribuisce nell’Europa settentrionale tra la penisola scandinava e le isole britanniche, nei mesi invernali migra verso la penisola iberica e l’area montuosa dell’Atlante che si estende dalla Tunisia al Marocco mentre la seconda Turdus torquatus alpestris che si riproduce sulle montagne dell’Europa centro-meridionale sverna nell’estremo sud dell’areale di distribuzione.

In Italia le popolazioni principali della specie sono distribuite sull’arco alpino e localizzate anche sulla dorsale appenninica.

Distribuzione del Merlo dal collare in Italia (2).
Il Merlo dal collare si muove agilmente sul terreno, camminando o saltellando, alla ricerca di insetti, molluschi e lombrichi, che sfila con abilità dal suolo. In questo breve video si nota la forte assomiglianza nei comportamenti con i merlo.



Il Merlo dal collare raggiunge una lunghezza media di 24 cm. Il piumaggio del maschio è fondamentalmente nero ma le penne orlate di chiaro gli conferiscono un aspetto “squamato”. La femmina tende al brunastro con una banda pettorale sfumata di grigio-bruno, la gola decisamente striata e il collare meno definito rispetto al maschio ed è di color bianco sporco, tendente al grigio.
♂ Merlo dal collare


♀ Merlo dal collare 
Merlo dal collare - John Gould (1867)

Come detto in precedenza l’ambiente è tipicamente montano e in questo periodo è caratterizzato da un’ interessante vivacità di vita e colori.
Ambiente del Merlo dal collare, Alpi Orobie.
 Il botton d’oro Trollius europaeus.

La Clematide alpina Clematis alpina.
L' Anemone narcissino Anemone narcissiflora. 

Il lino delle alpi Linum alpinum.


Una marmotta allarmata goffamente raggiunge la tana.



In uno stagno una concentrazione di chiocciole. Per chi fosse interessato, si tratta di esemplari appartenenti alla famiglia Lymnaeidae, specie Lymnaea peregra (Müller) specie a distribuzione geografica paleartica, diffusa in tutta Italia, Corsica, Sardegna, Sicilia, Malta che vive in stagni, fossati e laghi(3).



Lymnaea peregra


(1) L’etimologia ed il significato dei nomi volgari e scientifici degli uccelli italiani – Edgardo Moltoni – Milano 1946.
(2) Brichetti P. &  Fracasso G., 2008. Ornitologia Italiana. Vol. 5 - Turdidae–Cisticolidae. Oasi Alberto Perdisia Editore, Bologna.
(3) "Guide per il riconoscimento delle specie animali delle acque interne italiane, Consiglio Nazionale delle Ricerche, AQ/1/44" - Alberto Girod, Irene Bianchi, Mauro Mariani: Gasteropodi, 1 - Pulmonata - Prosobranchia: da Neritidae a Valvatidae 

venerdì 21 giugno 2013

Solstizio d’estate

Dalle ore 05:04 siamo in estate e fioriscono i rossi papaveri.
Il papavero selvatico (Papaver rhoeas).


Curiosità dal web

Perpetuando un'antica tradizione, ogni 23 giugno le popolazioni del Nord Europa festeggiano l'arrivo dell'estate come momento di vitalità e di rinascita. In Finlandia la notte che precede il giorno di San Giovanni (24 giugno), prende il nome di Juhannus, la "festa di mezza estate", del "sole di mezzanotte" che rimarrà per circa due mesi, rendendo surreale l'atmosfera dei meravigliosi paesaggi scandinavi.

È estate anche nel delta dello Yukon in Alaska, dove nidifica qualche milione di limicoli, anatre, oche e gabbiani. 10 minuti di video da non perdere.

sabato 15 giugno 2013

Dopo la neve… il risveglio alla vita

Quest’anno in alta montagna l’inverno è stato più lungo del solito. Se a fondovalle la primavera è stata caratterizzata da tanti giorni di pioggia, sui rilievi alpini la neve è stata presente più a lungo. Ora la stagione estiva riprende velocemente il tempo perduto e a queste quote non c’è tempo da perdere poichè la bella stagione non durerà molto.

Il ghiaccio invernale sta abbandonando questo laghetto alpino.


Il Crocus albiflorus volgarmente chiamato “zafferano alpino” è uno tra i primi fiori a comparire a queste quote in primavera.

Crocus albiflorus




La valle dello Spluga. Sullo sfondo il piccolo abitato di Montespluga.

Il Lago di Montespluga è un bacino artificiale chiuso a sud da due dighe. Questa opera risalente al 1931 ha modificato drasticamente questa valle.

Veloci sfrecciano i Rondoni. A Montespluga (quota 1800 m) nidifica una piccola colonia di Rondoni e penso di poter affermare che questa sia tra le aree di nidificazione la più elevata in termini di quota.
Rondone comune Apus apus
La marmotta qui è di casa.
Marmotta Marmota marmota



La Viola calcarata.
Uno stagno è la testimonianza della forza della natura, una biodiversità incredibile.


Migliaia di uova di Rana temporaria  (o Rana alpina o montana)

Uova di Rana temporaria.



Alcune uova si sono già schiuse e ora i girini iniziano la loro vita larvale.

Girini di rana temporaria.
Alcuni girini trovano di che nutrirsi in un malcapitato coleottero caduto in acqua.

Ma le rane non sono le sole frequentatrici dello stagno poiché ci sono anche molti tritoni alpestri (per approfondimenti vi rimando al post Il tritone alpestre).



Un Tritone alpestre maschio in livrea riproduttiva.
L’escursione odierna è caratterizzata dall’interessante osservazione di una Lucertola vivipara Zootoca vivipara, specie rara e difficilmente osservabile sia per il colore mimetico che per il carattere timoroso che al minimo allarme si rintana velocemente.
Lucertola vivipara Zootoca vivipara
La Lucertola vivipara Zootoca vivipara (JACQUIN 1787) è un piccolo sauro che raramente supera i 15 cm di lunghezza. Questo rettile adattato a vivere anche a temperature relativamente basse ha la caratteristica di trattenere le uova nel corpo materno fino al completo sviluppo degli embrioni, così che i piccoli vedono la luce già perfettamente formati. Questa caratteristica ha permesso alla Lucertola vivipara di colonizzare gli ambienti più disparati e quote che possono superare i 2000 m s. l. m. La sua particolare forma di riproduzione la rende indipendente dalla costituzione del suolo; ciò le permette di vivere anche in prati umidi e acquitrini. La latenza invernale varia a seconda delle caratteristiche dell’habitat e si prolunga da settembre/ottobre fino a marzo/aprile. L‘accoppiamento ha luogo tra maggio e giugno. La durata dello sviluppo degli embrioni nel corpo materno è strettamente legato alle condizioni atmosferiche. Nelle estati favorevoli i piccoli nascono già durante la seconda metà di agosto, nelle estati fredde e umide anche in ottobre o addirittura può capitare che alcune femmine trascorrano l‘inverno in stato di gravidanza. La femmina dà alla luce solitamente da 5 a 8 piccoli che alla nascita misurano circa 5 cm. La quota di sopravvivenza è molto bassa, solo pochi di essi raggiungono il primo anno di età.

La Lucertola vivipara è il rettile in grado di spingersi più a nord a livello mondiale. Il suo areale si estende su gran parte dell‘Europa e dell’Asia settentrionale: dalla Cordigliera Cantabrica spagnola e dall’Irlanda fino all‘isola di Sahalin, sulle coste del Pacifico; dalla Pianura padana fino al Mare del Nord e al Mare di Barents.

Lucertola vivipara
Nota interessante: la Lucertola vivipara si differenzia dalla Lucertola muraiola Podarcis muralis per le zampe più corte e il capo più stretto e il corpo relativamente tozzo e non appiattito. Spesso presenta una stretta linea vertebrale scura.

 Lucertola muraiola Podarcis muralis, Varenna (LC).

domenica 9 giugno 2013

Elateridi: i coleotteri con l’elastico

Roberto mi ha passato un paio di belle immagini di Coleotteri da lui fotografati in Grigna, con preghiera di classificarglieli. Si tratta del Selatosomus aeneus e della Ctenicera virensentrambi appartenenti alla famiglia degli Elatèridi, particolarmente interessante perché i suoi componenti sono dotati di uno straordinario meccanismo loro esclusivo, mediante il quale possono (tra l’altro) rigirarsi sulle zampe se si ritrovano capovolti “a pancia in su”. Dato che l'evoluzione non fabbrica un congegno così complesso per un obiettivo tanto semplice, molto probabilmente il meccanismo suddetto ha lo scopo assai più importante di sconcertare gli eventuali predatori, aiutando addirittura l’insetto a sgusciare via se viene afferrato. 
Selatosomus aeneus
Diversi rappresentanti della famiglia sono comuni nei prati e per i bambini di altri tempi, che vivevano molto più a contatto con la natura, uno di loro poteva costituire un insolito trastullo: mettendolo adagiato sul dorso l’Elateride raccoglie le zampe, sembra inarcarsi sulla schiena e all’improvviso scatta in un “salto” che in certe specie può raggiungere anche qualche decina di centimetri. Lo scatto, ripetuto finché l’animaletto non si ritrova rigirato dalla parte giusta, produce un distinto rumorino secco, da cui il nome inglese di click beetles dato a questi Coleotteri, espressione in cui beetle è l’equivalente del nostro “scarabeo” e click vuol dire allo stesso tempo “scatto” e “clicchettio”.
Ctenicera virens
(Attenzione, però: beetle in inglese non ha mai significato “scarafaggio”, insetto dell’ordine dei Blattoidei, che con i Coleotteri non hanno niente a che vedere. Per inciso, quando i famosi Beatles inventarono il loro nome - che si pronuncia esattamente come beetles - fecero un gioco di parole tra il termine che indica i Coleotteri e il verbo (to) beat = ‘battere il tempo, suonare con un determinato stile’; non immaginando certo che qualche giornalista italiano ignorante di scienze li avrebbe disgraziatamente battezzati “gli scarafaggi” anziché “gli scarabei”! Per chi ne fosse curioso, in inglese lo scarafaggio - il bulóo del nostro dialetto  - si dice cockroach, dallo spagnolo cucaracha. Restando in ambito musicale, questo era il soprannome dispregiativo che i rivoluzionari messicani di Pancho Villa davano al suo nemico presidente Huerta, da loro preso in giro con la famosa canzoncina… ma basta così).


Tornando allo scatto verso l’alto degli Elateridi, data la posizione in cui avviene non è ovviamente dovuto all’attività muscolare delle zampe. Per tentare di descrivere in breve e molto grossolanamente il loro marchingegno diremo che sulla superficie inferiore di una parte dell’insetto - il protorace, subito dietro la testa - c’è una specie di dentino, il quale al rilasciarsi improvviso di certi muscoli slitta di colpo in un alloggiamento del vicino mesotorace. L’effetto è una specie di contraccolpo che determina il “salto”; il meccanismo è così insolito e complesso che alcuni suoi aspetti non sono ancora stati del tutto chiariti dai fisici! 




Il nome scientifico del genere Elater, da cui prese nome l’intera famiglia, fu coniato nel ’700 dal solito Linneo e si ricollega alla radice del verbo greco elào = spingere, distendere; per cui “in grado di distendersi” si dice elastikòs. E’ curioso pensare che gli antichi Greci sarebbero stati in grado di capire benissimo questa parola oltre duemila anni prima che in Europa fosse conosciuta la pianta denominata dai discepoli di Linneo Hevea brasiliensis, l’albero della gomma.

La famiglia degli Elateridi, di aspetto molto omogeneo, è piuttosto cospicua, superando le 9.000 specie sinora classificate nel mondo (in Italia sono oltre 220), le cui dimensioni vanno da pochi mm a circa 7 cm di lunghezza nei più grandi rappresentanti tropicali. Le larve, cui la forma cilindrica molto allungata e la corazza a segmenti assai robusta hanno valso il nome di “vermi fil di ferro”, vivono sotto terra o nel terriccio vegetale, in cui la madre depone le uova e il loro sviluppo dura di solito due anni; possono essere sia carnivore (attaccando in particolare le larve di altri Coleotteri) sia vegetariane e in tal caso sono dannose soprattutto ai cereali, di cui rodono le radici. Gli adulti frequentano erbe e fiori, nutrendosi di polline o sostanze vegetali.



Alcune specie di Elateridi tropicali del centro e sud America, appartenenti al genere Pyrophorus, sono in grado di emettere luce. Detti localmente cucujos o cocuyos, hanno ai lati del pronoto (la superficie superiore del protorace) due aree circolari che diffondono una luminosità verde chiaro simile a quella delle lucciole; in alcune regioni gli indios che devono muoversi nella foresta di notte si legano ai sandali o direttamente alle dita dei piedi, per rischiarare il cammino, alcuni di questi grossi insetti (dai 2 ai 4 cm di lunghezza) completamente innocui, lasciandoli poi in libertà “dopo l’uso”. Al riguardo rammento un gustoso aneddoto riportato da un libro divulgativo francese di fine ’800: nel 1776, un cucujo giunto dall’America a Parigi probabilmente nascosto in un carico di legname si mise a volare di notte tra le case del sobborgo di Saint-Antoine, spargendo il panico tra gli abitanti!



Un ultimo appunto. I naturalisti del ’700, nell’escogitare i nomi di animali e piante che classificavano, erano spesso poetici: se osservate in particolare la seconda delle foto di Roberto vi sarà chiaro il motivo per cui gli Elateridi ricevettero anche la denominazione di Pettinicorni. Come già nel caso dei ventagli di lamelle del maggiolino, anche le antenne di varie specie di questa famiglia sono più sviluppate nei maschi. Costituiscono un appariscente carattere di dimorfismo sessuale, vale a dire la presenza nei due sessi di forme diverse, fenomeno presente in molti animali: l’aspetto delle femmine, più importanti per la riproduzione della specie, deve attirare meno i predatori, mentre i maschi, come appunto l’esemplare di Ctenicera della foto, devono essere più vistosi per farsi scegliere come partner.


Giancarlo Colombo