Un giornale locale esordisce così riportando la notizia:
“Che meraviglia quel cigno nero arrivato sul lungolago di Lecco.
Non è uno scherzo della natura. E' proprio nero quel cigno che da circa una settimana vive con la comunità di esemplari dalle piume bianche che popolano il lungolago di Lecco (…)”
Dopo alcuni giorni vengo contattato telefonicamente da un amico che, con fare stupito tipico di chi ha visto qualcosa di straordinario, mi ha informato della presenza di un cigno nero (Cygnus atratus) nei pressi della Riserva Naturale del Pian di Spagna.
Vista la curiosità scatenata dalla presenza di questo animale, reputo opportuno portare sul blog alcune riflessioni a riguardo.
Cigno nero (Cygnus atratus), Novate Mezzola (SO) località Pozzo di Riva
L’uccello in questione non è il risultato di una mutazione melanica di qualche particolare specie di cigno bianco, si tratta invece di una specie molto comune in Australia meridionale e nel sud-est della Tasmania. L’osservazione di questi uccelli fuori dal loro continente originario, è conseguenza di un’importazione di questa specie, fuggita alla cattività o liberata volutamente.
Non ci troviamo di fronte ad una specie rara visitatrice occasionale, ma ad una specie alloctona detta anche “aliena”, “esotica” o “introdotta”; in pratica si tratta di una specie trasportata al di fuori della sua capacità di distribuzione per l'azione diretta o indiretta dell'uomo.
Il termine alloctono ci mette subito in allarme per le eventuali ripercussioni che potrebbe avere sull’ambiente: uno studio pubblicato su “Frontiers of Ecology and Environment” – prestigiosa rivista della Società Americana di Ecologia riporta: Sono oltre 10000 le specie alloctone esotiche presenti in Europa e oltre 1000 quelle invasive che provocano impatti deleteri per l’ambiente e per le altre specie autoctone.
Perché le specie alloctone invasive sono pericolose per le altre specie? Tanto per cominciare, possono portare parassiti o malattie per i quali le altre specie non posseggono un sistema immunitario adeguato a fronteggiarle; inoltre le specie alloctone possono essere dei predatori o dei competitori che possono quindi cacciare fino all'estinzione delle specie autoctone.
Da sempre l'uomo ha introdotto specie alloctone in giro per il mondo, basti pensare alla diffusissima robinia (Robinia pseudoacacia), essenza arborea, importata in Europa nel XVII secolo che ora ha completamente stravolto l’aspetto boschivo di intere aree del fondovalle. Altro esempio è dato dai ratti che, originari dell’Asia, hanno invaso tutto quanto il pianeta, seguendo le immigrazioni dell'uomo. Tantissime specie sono state introdotte anche su isole remote dove vi erano presenti altre assolutamente incapaci di rispondere adeguatamente alla presenza di questi nuovi invasori provocando estinzione di tantissime specie. Purtroppo l’elenco di questi esempi è lunghissimo da riempire intere pagine.
Ritornando al Cigno nero, argomento di questo post, la speranza dei naturalisti è legata al fatto che questa specie alloctona resti non invasiva, pertanto si auspica non si comporti come il Cigno reale (Cygnus olor), il quale, pur essendo specie originaria delle regioni nordiche dell’Eurasia, è sfuggito alla cattività o è stato rilasciato in natura acclimatandosi alla nostra latitudine fin dagli anni ’30 - ‘40 divenendo sedentario nidificante fin dagli anni ’60 - ‘70 del secolo passato.
Cigno nero (Cygnus atratus) e Cigno reale (Cygnus olor), Novate Mezzola (SO) località Pozzo di Riva
Mappa delle osservazioni di Cigno nero avvenuta nell’ultimo anno in Italia (fonte Ornitho.it).
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