lunedì 6 agosto 2012

La Pernice bianca “lecchese”.

L’odierna pagina di diario avrebbe dovuto raccontare una normale escursione in montagna, invece si è rivelata una giornata interessante di birdwatching. Nasce così lo stimolo di  parlare di quello che a mio parere è l’emblema della fauna alpina, la Pernice bianca.

Le previsioni meteorologiche lo avevano annunciato “perturbazioni sui rilievi alpini”, ma tutto era organizzato e si prende la decisione di salire.



Lungo il sentiero osserviamo un fungo dalla particolare forma; si tratta di un Mutinus caninus appartenente alla famiglia Phallaceae.

Salendo di quota la situazione meteo peggiora, stiamo per rinunciare quando improvvisamente un rauco verso e un movimento tra le sterpaglie fa salire l’adrenalina, non mi sembra vero involontariamente mi trovo in mezzo ad un gruppo di 7 Pernici bianche Lagopus mutus helveticus , molto probabilmente sono una “famigliola” al completo.

Pernice bianca, agosto, Prealpi lecchesi.



La Pernice bianca predilige aree impervie, fredde, in un certo senso inospitali. Per sopravvivere in questo ambiente ha sviluppato nel corso della sua evoluzione uno straordinario adattamento rendendosi mimetica con l’ambiente circostante, mutando il piumaggio dal grigio estivo al candido bianco invernale. 
Altra straordinaria caratteristica di questa specie è l’adattamento alimentare nel periodo invernale.
(Per conoscere meglio la biologia di questo animale a fine articolo trovate un’interessante testo dedicato alla Pernice bianca.)


Pernice bianca, agosto, Parco Nazionale dello Stelvio.
La Pernice bianca Lagopus mutus appartiene all’Ordine dei Galliformi,  Famiglia Tetraonidi.
L’etimologia del nome scientifico racconta: Lagopus, deriva dal greco lagos, che significa "lepre", e pus, che significa "piede". Si riferisce alle zampe piumate dell'uccello. Mutus deriva dal latino e significa "muto", con riferimento al canto gracido del maschio.

Canto Pernice bianca.

Pernice bianca, ottobre, Parco Nazionale dello Stelvio.
Pernice bianca, ottobre, Parco Nazionale dello Stelvio.
Purtroppo non tutti si avvicinano a questi straordinari animali con l’ammirazione e il rispetto dovuto a chi sa sopravvivere a condizioni estreme, è assurdo ma ancora oggi la Pernice bianca è nella lista delle specie cacciabili, una vera vergogna.
Pernice bianca, febbraio, Engadina.
Per approfondimento vi invito a leggere questo articolo tratto dal sito web ACE-SAP dedicato alla Pernice bianca.

Ovunque inconfondibile, ovunque candida d'inverno, la pernice bianca è emblematico esempio di quel fenomeno di micro-differenziazione che si verifica in risposta alla separazione geografica tra le popolazioni di una stessa specie con abitudini non migratorie. Il suo areale è virtualmente immenso, ma frammentato in un gran numero di differenti sistemi montuosi ed aree relitte di tundra.
La sua storia evolutiva recente è legata alle glaciazioni del quaternario, che ne hanno permesso la diffusione dalle zone artiche di origine fino all'Europa meridionale, attraverso vasti corridoi ghiacciati. Al termine dell'ultima glaciazione, col ritiro della coltre bianca, alcune popolazioni si riportarono a nord, al seguito dei grandi ghiacciai scandinavi, in aree contigue e prive di vere barriere geografiche. Altre, invece, si ritrovarono su isole che il mare andava separando dal continente, ed in quelle isole compirono la loro micro-evoluzione. Altre ancora, come la sottospecie alpina, semplicemente salirono di quota assecondando i ghiacciai residui che via via si isolavano dall'originario unicum bianco in ritirata, e costituirono popolazioni relitte, isolate tra loro da zone impercorribili, nè più nè meno come il mare.
Nel Grande Nord (dove le barriere geografiche tra popolazioni limitrofe sono piuttosto blande e le condizioni ambientali risultano sostanzialmente uniformi), la nascita di sottospecie è stata abbastanza limitata; viceversa, ritrovarsi su un'isola o, scendendo di latitudine, (zone alpine!) andare incontro comunque ad un isolamento geografico che implica l'adattamento a situazioni ambientali distinte, ha favorito la differenziazione in nuclei genetici ormai ben separati.
Le circa 30 sottospecie riconosciute all'interno della complessa classificazione della pernice bianca vanno dunque interpretate come testimonianza di mirabile adattamento.

Nell'ininterrotto tentativo di risultare poco visibile (criptica) nello spoglio ambiente che frequenta, la pernice bianca ha un piumaggio che si potrebbe definire "in continua transizione", tra un abito invernale quasi completamente candido (escluse le timoniere e - nei maschi - le redini, entrambe nere), ed un abito estivo grigio-bruno screziato con ali e parti inferiori comunque bianche.  
La femmina appare (come sempre nei Galliformi) più criptica dei maschi e durante la cova rimane perfettamente immobile sul nido costruito sul terreno, confidando ciecamente nella validità del proprio mimetismo. L'altissima percentuale di successo delle sue covate, la più alta all'interno dei Tetraonidi, è la prova della validità del suo camuffamento agli occhi del nemico, costituito principalmente da rapaci, corvidi e mammiferi quali l'ermellino e la volpe.

Sebbene l'efficientissimo piumaggio isolante minimizzi la dispersione termica, le alte quote invernali vedono le temperature scendere drasticamente sotto lo zero. In tali condizioni la ricerca quotidiana di cibo rappresenta, da novembre a maggio, una sfida cruciale per il bilancio energetico, tanto più critica per un uccello che per poter volare non può appesantirsi mangiando a dismisura. La sopravvivenza è garantita soprattutto dai minuscoli salici nani (che da alberi in miniatura quali sono, hanno un alto contenuto fibroso ma un pessimo contenuto calorico e proteico) e da quel che resta delle Ericacee, che la pernice bianca ricerca sui pendii meno innevati e, al limite, scavando anche sotto la neve.
Un becco piccolo e ricurvo per tranciare ramoscelli secchi ed i minuscoli germogli dei salici nani, ed un tratto intestinale molto lungo e con diverticoli (i “ciechi”) per digerirne le parti fibrose, sono gli adattamenti morfologici messi in atto per affrontare con successo anche la più povera delle diete. Nella tarda primavera e fino all'autunno la dieta si arricchisce, potendo contare sulle diverse essenze (oltre 90!) che popolano la tundra nostrana: mirtilli, ginepro nano, rododendro, erica baccifera, azalea alpina ed altre, unitamente a molluschi e insetti, utilizzati prevalentemente dai pulcini.

Scrive Francesco Borzaga, Presidente del WWF Trentino Alto Adige: "Sulle Alpi italiane la pernice bianca versa in grave e immediato pericolo di estinzione. Questa figlia dell'Artico, così legata ai ghiacciai e alla neve delle alte quote, ha ben poche difese nei confronti del mutamento climatico e delle troppo rapide trasformazioni della montagna. La scomparsa di questo splendido uccello verrebbe a significare un irrimediabile impoverimento del patrimonio naturale italiano."
I motivi che stanno causando la rarefazione della specie o addirittura la sua scomparsa da alcuni massicci montuosi sono molteplici ed in buona parte collegati fra loro.  Sono molte le cause di disturbo di origine antropica, prime fra tutte un turismo sempre più impattante, la realizzazione di bacini idrici o l'attività pastorale poco controllata ad alte quote. A ciò si aggiungono però i mutamenti climatici in atto, il ritiro dei ghiacciai e la riduzione dei nevai, che hanno portato ad una drastica riduzione dell'habitat di Lagopus mutus helveticus.
Mentre la "Red Grouse", la sottospecie britannica (Lagopus scoticus) della pernice bianca nordica, unica nel genere Lagopus a non diventare bianca nella stagione fredda, ha avuto a disposizione alcune migliaia di anni per imitare nel piumaggio un ambiente (le brughiere) progressivamente più povero di precipitazioni nevose, non è affatto scontato che la nostra farfalla delle nevi abbia la possibilità di adattarsi a condizioni che cambiano troppo velocemente per i ritmi lenti dell'evoluzione.
Se da un lato la maggioranza delle cause di contrazione di questa sottospespecie sono poco controllabili, appare quindi evidente che la più efficace ed immediata azione di tutela che si possa e si debba intraprendere sia quantomeno il depennamento della pernice bianca alpina  dalla lista delle specie cacciabili. Di qui  l'appello del WWF a fermare la caccia alla pernice bianca su tutto il territorio alpino italiano.

4 commenti:

  1. Ho messo il tuo blog tra i preferiti, immagini e contenuti bellissimi, complimenti!
    Saluti da varese, Massimo

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  2. Sono trascorsi oltre 6 anni dalla pubblicazione di questo articolo. Il WWF è riuscito a proibire la caccia alla pernice bianca? Fatemi sapere. Buona Pasqua 2018

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