martedì 28 aprile 2015

Aprile è tempo di scaldarsi

Con l’arrivo della bella stagione, dopo il lungo torpore invernale, timidamente fanno la loro comparsa i rettili sia sulle rive del lago a 200 m.s.l.m o sulle alte montagne sopra i 2000 m.s.l.m.. L’importante è che ci sia il sole per potersi termoregolare.

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Natrice tassellata (Natrix tessellata), aprile, Provincia di Lecco

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Marasso (Vipera berus), aprile, Parco Nazionale dello Stelvio

I rettili rappresentano una classe di vertebrati che si differenziano per essere a sangue freddo (eterotermi) ovvero incapaci di regolare la propria temperatura interna. Di conseguenza sono costretti a “riscaldarsi" esponendosi al sole. Tuttavia i rettili sono rivestiti da squame (e non scaglie, come nei pesci) di diversa forma e colore che permettono di trattenere il più possibile il calore evitando di disperderlo nell’ambiente.

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Natrice tassellata (Natrix tessellata)

Non mi cimento a descrivere la biologia questi interessantissimi e affascinanti animali. Per chi volesse approfondire segnalo questo sito LINK. Quello che invece mi preme fare in questo blog è lanciare un appello mirato alla salvaguardia di questi animali. Troppo spesso quando un serpente si incontra con l’uomo, il rettile ha la peggio. A molte persone i serpenti certamente non piacciono e questo deriva da una paura atavica. Già nelle società giudaico-cristiane rappresentava il simbolo del male. Questo ribrezzo per i rettili ad alcuni porta una vera “ofidiofobia”, parola di origine greca (ophis "serpente" e phobia "paura") che può presentarsi con caratteristiche di irrazionalità. Eppure i serpenti non attaccano l’uomo se non per legittima difesa e appena se ne accorgono fuggono. Delle 53 specie di rettili viventi allo stato selvatico in Italia (LINK) solo 4 sono potenzialmente velenose per l’uomo e di queste due sono presenti nel territorio Lariano: il Marasso (Vipera berus) e la Vipera comune (Vipera aspis).

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Marasso (Vipera berus)

 

 

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Vipera comune (Vipera aspis)

 

Le differenze tra serpenti velenosi e innocui italiani risiedono soprattutto nella morfologia del capo: le pupille di Vipera comune e Marasso sono verticali, mentre quelle delle specie innocue sono rotonde; diverse sono pure le squame della testa. Si tratta però in entrambi i casi di caratteri difficilmente riconoscibili da una certa distanza. Inoltre, la colorazione e il disegno di molti serpenti sono molto variabili ed esistono forme melaniche sia tra le specie velenose sia tra quelle innocue (vedi figura a destra). La prudenza nei confronti di qualsiasi serpente è dunque fondamentale. Un’indicazione molto utile: tutti i serpenti indigeni lunghi più di 90 cm appartengono con certezza a specie innocue. La Vipera comune e il Marasso non raggiungono mai queste dimensioni.*

Particolare del capo nei serpenti velenosi…

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Marasso (Vipera berus)
 LINK di approfondimento

 

 

 

 

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Vipera comune (Vipera aspis)
LINK di approfondimento

 

 

… e nei serpenti innocui

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Biacco (Hierophis viridiflavus) LINK di approfondimento

 

 

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Natrice tassellata (Natrix tessellata) LINK di approfondimento

 

 

 

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Natrice dal collare
(Natrix natrix natrix)
LINK di approfondimento

 

 

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Colubro di Esculapio o Saettone
(
Zamenis longissimus)

 

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Innocuo serpente presente in tutta Italia il cui nome Esculapio deriva dal nome del dio greco Asclepio (Asklepios) nome latinizzato in Esculapio, il dio della salute. Asclepio viene raffigurato con un bastone sul quale vi è un serpente attorcigliato. Questo rettile simboleggia la rinascita e la fertilità o, secondo un’altra ipotesi, la conoscenza (idea sostenuta anche nella Genesi in cui Adamo ed Eva vengono tentati da un serpente a mangiare i frutti dell'Albero della Conoscenza del bene e del male).

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Ancora oggi questo bastone dove è avvolto il rettile simboleggia le arti sanitarie ed è il simbolo dei farmacisti e medici.

Asclepio
Musei Capitolini di Roma
(Fotografia wikimedia.org)

 


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Pur non essendo un ofide bensì un sauro come le lucertole, l’innocuo orbettino (Anguis fragilis) spesso viene scambiato per serpente o vipera.

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Orbettino (Anguis fragilis) LINK di approfondimento

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Personalmente quando mi imbatto in un rettile, l’unica mia preoccupazione è quella di riuscire a fare qualche “buon” scatto fotografico! Poiché però non tutti la pensano come me, trascrivo alcune norme riportate in un documento scaricabile (LINK) prodotto dal Centro di coordinamento per la protezione degli anfibi e dei rettili in Svizzera per una convivenza possibile e senza rischi.


Precauzioni da prendere per evitare di farsi mordere*

Non camminate mai a piedi nudi nell’erba alta o nella sterpaglia: portate sempre calzature alte e rigide e pantaloni lunghi (anche i bambini). - Non lasciate i bambini piccoli a giocare da soli nell'erba alta o nella sterpaglia senza il controllo di un adulto. Spiegate loro che un serpente rappresenta un pericolo se si ha nei suoi confronti un comportamento sbagliato, e cioè, per esempio, se lo si provoca volontariamente.

Se incontrate un serpente che non si allontana al vostro sopraggiungere, non cercate di afferrarlo e non lo infastidite: fate piuttosto in modo che si accorga della vostra presenza e dategli il tempo di allontanarsi. Se rimane fermo, passategli tranquillamente oltre a una distanza di almeno 2 metri.

Prima di fermarvi a riposare, controllate che nel luogo scelto non vi siano serpenti.

Non abbassatevi incautamente a raccogliere qualcosa nell’erba alta o nella sterpaglia. Chi va in cerca di funghi o di bacche dovrebbe sempre battere prima i cespugli con un bastone, così da far fuggire eventuali serpenti.

Non mettete incautamente le mani in luoghi che potrebbero fungere da nascondigli, come ad esempio cataste di legna, muri a secco o pietraie.

Quando sollevate una pietra, un asse o una lamiera, ricordate che sotto potrebbe esservi nascosto un serpente.

Non dormite sul suolo nudo in zone note per la presenza di serpenti.

Durante le ore notturne non andate alla ricerca di legna senza una torcia.

Se nei pressi della vostra abitazione vi sono dei serpenti, eliminate dal terreno tutto quanto possa servire da nascondiglio a questi animali: tagliate l’erba e gli sterpi, eliminate le fascine, i mucchi di pietre, di vecchie assi e di ferraglia e accatastate la legna in un luogo possibilmente ombroso, poiché i serpenti preferiscono ripararsi in posti ben soleggiati.

Conoscere meglio i serpenti per evitare di farsi mordere*

I serpenti sono animali eterotermi: la loro temperatura corporea varia, cioè, in funzione della temperatura dell'ambiente esterno. Durante la fase attiva – all'incirca dalla metà di febbraio alla fine di ottobre – escono regolarmente all’esterno, soprattutto nelle giornate di tempo caldo e umido. Se invece il tempo è secco e molto caldo, o al contrario freddo e piovoso, i serpenti preferiscono rimanere nei loro rifugi o nel folto della vegetazione.

Di norma i serpenti reagiscono molto velocemente agli stimoli visivi. Movimenti e gesti che segnalano una presenza umana inducono questi animali alla fuga.

I serpenti non hanno orecchie esterne e sono quindi praticamente sordi.

I serpenti sono animali timidi: non attaccano mai l’uomo se non direttamente minacciati o aggrediti.

Se, messi alle strette, scattano in avanti, con il loro balzo i serpenti velenosi indigeni possono coprire una distanza massima pari alla metà della loro lunghezza corporea.

I serpenti si rifugiano spesso in anfratti o fenditure del terreno o sotto oggetti piatti. Possono perciò costituire luoghi di riparo privilegiati le cataste di legna, i mucchi di detriti di costruzione, le lastre di pietra o di eternit, le assi, le lamiere o altre strutture simili.

Se un serpente non scappa al sopraggiungere di una persona non significa che sia necessariamente morto: sta forse dormendo o fa totale affidamento sul suo camuffamento.

Se un serpente si avvicina, non è per attaccarvi: è più semplicemente perché non vi ha visti. Basta fare un movimento, un gesto, perché esso fugga. In primavera, durante il periodo dell'accoppiamento, i maschi sono spesso così presi dalla ricerca di una compagna che non fanno molto caso alla presenza dell’uomo!

Decorso e provvedimenti in caso di avvelenamento La maggioranza dei casi di morsicatura provoca solo leggeri sintomi. Di regola, un controllo in ospedale e i provvedimenti di un medico generico sono sufficienti. Solo in rari casi si rivela necessario l’utilizzo di un antidoto. In questi casi il siero antiveleno deve essere somministrato unicamente da un medico, poiché può provocare seri effetti collaterali. Per chi lavora a stretto contatto con i serpenti l’utilizzo di un siero antiveleno deve essere preso in considerazione unicamente in caso di assoluta necessità.

Morsi di serpenti in Svizzera: quali i rischi? Se comparate alle punture d’insetto, le morsicature di serpente costituiscono in Svizzera un evento assai raro. Sui 103 casi di morsi di serpente registrati tra il 1983 e il 1995, solo 14 hanno dato complicazioni. Dal 1960, un solo morso di serpente velenoso indigeno ha avuto esito letale. Così come nel caso delle punture d’insetto, sono più che altro le reazioni allergiche scatenate dal morso ad essere particolarmente pericolose. Contrariamente alla maggior parte delle punture d'insetto, il morso di un serpente richiede in ogni caso l'intervento di un medico. Scopo della presente pubblicazione è quello di aiutare il lettore ad evitare di incorrere in un morso di serpente e, se proprio ciò dovesse accadere, a mantenere il sangue freddo tenendo un comportamento lucido e corretto.

­­­­Qualora ci si trovi di fronte a un serpente è sempre consigliabile usare prudenza. Per un profano è difficile distinguere a distanza un serpente velenoso da uno innocuo: colorazione e disegno di molti serpenti sono infatti estremamente variabili e i caratteri distintivi non sono riconoscibili da lontano. Forme melaniche (nere) esistono tanto tra le specie innocue quanto tra quelle velenose.


Concludo questo discorso sui rettili con la speranza, se non di aver suscitato interesse e apprezzamento, almeno di avervi portato a pensare di evitare irrazionali atteggiamenti che spesso portano alla morte di questi innocenti esseri viventi che, come tutti gli animali, hanno il diritto di condividere la vita su questo pianeta.


*Testo riportato integralmente dal sito web del Centro di Coordinamento per la Protezione degli Anfibi e dei Rettili in Svizzera (karch) LINK che ne detiene tutti i diritti.

mercoledì 15 aprile 2015

Uno scatto “orientale”

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La fioritura del ciliegio giapponese è certamente spettacolare! Di quanto questo sia un momento topico della cultura orientale (Giappone, Corea e Cina) ne abbiamo ampiamente parlato su questo blog (LINK) descrivendo lo “Hanami” (contemplazione dei fiori). Per un orientale, anche se lontano dalla propria terra, imbattersi in un “Sakura” (ciliegio da fiore giapponese), è sempre un momento per sentirsi a casa.

 

 

 

 

 

 

Varenna, ciliegio da fiore giapponese Prunus serrulata

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lunedì 6 aprile 2015

Rongio – Gardata: sulle orme di Leonardo da Vinci

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Questo blog sulla serie “Itinerari del camminare piano ” oggi propone una suggestiva passeggiata in val Meria con partenza dalla frazione di Rongio a Mandello del Lario (LC). Questo tracciato, che ho percorso poco tempo fa e che può essere considerato un’alternativa al “Sentiero del Viandante”, si snoda interamente su una mulattiera nel primo tratto pianeggiante sul versante sinistro idrografico della val Meria poi su una rapida salita con un dislivello di 686 m. che porta alla base del Sasso dei Carbonai sul versante Sud occidentale della Grigna Settentrionale.

 

Il tragitto parte dalla frazione di Rongio. Seguendo il segnavia n° 14 e 18 percorreremo parte del percorso 7 di “Itinerari della Memoria – Partigiani sulla Grigna” proposto dall’ACML (LINK)

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Il primo tratto si percorre attraverso il bosco. E’ primavera e le prime macchie di colore fanno la loro comparsa arredando il sottobosco.

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Tratto di mulattiera per il “Ponte di ferro”

 

Disseminati nel sottobosco si trovano
i gialli fiori delle primule selvatiche
(Primula vulgaris)

 

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… e i blu-viola dell’anemone epatica (Hepatica nobilis)

 

 

 

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Il mutante colore dell’erba perla (Lithospermum purpurocaeruleum). Quando è in bocciolo il colore è porpora, quando sboccia muta in fucsia per diventare poi azzurra e blu.

 

 

 

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Un prato ricoperto dai candidi bucaneve (Galanthus nivalis)

 

 

Non solo fiori, il bosco in questo periodo è un cinguettare di uccelli.

 

12_Cincia bigia (2) (FILEminimizer)Cincia bigia
(Poecile palustris)

 

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Cinciarella (Cyanistes caeruleus)

 

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L’arrivo al “Ponte di Ferro” termina il tratto pianeggiante del percorso.

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Ponte di Ferro, 487 m s.l.m.

 

 

 

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Santa Maria, la Gardata, Sasso Cavallo e il Sasso dei Carbonai

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Un piccolo canyon regala giochi d’acqua

 

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Il percorso da pianeggiante ora si fa ripido

 

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Località Acqua Bianca, 540 m s.l.m. e il largo ingresso della Grotta Ferrera.

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Nei primi anni del 1500 Leonardo da Vinci in visita al Lago di Como arriva a Mandello per poi recarsi in Valsassina attraverso i valichi della Grigna. Cita questa grotta nel suo famoso “Codice Atlantico” - ....e i maggior sassi scoperti che si truovano in questi paesi sono le montagnie di Mandello, visine alle montagnie di Leche e di Gravidonia. In verso Bellinzona a 30 miglia a Leco, è quelle di valle di Chiavenna; ma la maggiore è quella di Mandello la quale ha nella sua basa una busa di verso il lago, la quale va sotto 200 scalini e qui d'ogni tempo è ghiaccio e vento....".

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Nel 1762 Domenico Vandelli, illustre scienziato e naturalista, visita le terre Lariane e ripercorre parte dei luoghi visitati da Leonardo; di questo viaggio pubblicherà il volume “Saggio d’Istoria Naturale del Lago di Como” nel quale scrive alcune annotazioni relative la grotta Ferrera. “Nella Sponda Settentrionale della Valmeria, vi è ampia grotta, chiamata Ferriera, il quale nome sembrarebbe indicare cunicolo di miniera di ferro, ma si riconosce essa grotta dalla natura formata. Il suo piano è ineguale con alti risalti e profondissime perpendicolari fenditure. A Settentrione da strati esce acqua, che nelle dette fenditure si perde. Nulla altro di particolare contiene, che incrostamenti e stalactiti, etcetera. Alcuni abitanti di Mandello asseriscono che, ristretta la grotta si poteva camminare per alcune miglia sotto il Monte, ma io non vi ho trovata apertura alcuna, di così lungo viaggio: forse si sarà chiusa la strada da caduti sassi.”

 

 

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La caverna è costituita essenzialmente da un'unica immensa sala lunga circa 175 metri e larga circa 50 metri. È percorsa per un breve tratto da un ruscello proveniente da una volta che forma una cascata

 

All’altezza della “Grotta Ferrera” la mulattiera si divide: sulla sinistra troviamo la serie di ripidi tornanti costruiti su un pendio roccioso, opera straordinaria e ben fatta che pare sia stata realizzata sotto l’impero di Maria Teresa d’Austria (1740), riadattando un antico sentiero (1). Questa mulattiera era d’importanza commerciale strategica in quanto veniva percorsa da muli che trasportavano carbone di legna ricavato da tempi remoti dallo sfruttamento dei vicini boschi. Forse per questo nei pressi troviamo il toponimo “Sasso dei Carbonai”.

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La bella, tortuosa e ripida mulattiera

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Il sentiero abbandona la val Meria e si passa in Val d’Era
e sull’opposto versante non passa inosservata la chiesa di Santa Maria

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Gli incontri ravvicinati con la natura non mancano: un Camoscio (Rupicapra rupicapra)
attraversa il pendio e con pochi salti si mette presto al sicuro ad osservarci incuriosito

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In lontananza Mandello e il lago nascosto dalla foschia

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Il sentiero prosegue piacevolmente in un bel ambiente montano. In lontananza si intravvede la pineta della Gardata

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Ciuffi di Erica erbacea o carnea (Erica herbacea) colorano il pendio

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Il panorama domina la Grigna dove si alzano isolate le "Colonne del Pescèe".

 

 

 

 

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Ai loro piedi il rifugio Rosalba sembra tanto vicino ma solo grazie al teleobiettivo!

 

 

 

 

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Il sentiero giunge alla radura della Gardata 1040 m s.l.m.. Qui nel 1944 fu sede del comando della brigata cacciatori delle Grigne. Nell’autunno del 1944, come gli altri rifugi dei partigiani, venne dato alle fiamme dalle truppe nazifasciste

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Termina qui il nostro “camminare piano” mentre nel bosco si sente il lamentoso canto
di un ciuffolotto e in cielo volteggia un corvo imperiale
(Corvus corax)

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(1) Fonte: Associazione Archivio Comunale Memoria Locale – Mandello del Lario