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martedì 22 settembre 2020

La fine dell’estate e il sornione gabbiano reale.

Oggi martedì 22 settembre alle ore 13:31 finisce l’estate e inizia ufficialmente l'autunno. Colgo l’occasione per parlare del gabbiano reale e in particolare di un esemplare che durante tutta l’estate ha osservato da vicino i molti turisti venuti a visitare il borgo di Varenna. Quest’anno infatti chi ha frequentato questo paesino con un occhio particolarmente attento alla natura avrà notato che da alcuni mesi c’è un nuovo ospite ad attendere i turisti lungo la romantica passeggiata che costeggia il lago. Si tratta di un solitario gabbiano reale, specie comune diffusa sul lago. Ciò che rende questo esemplare speciale è il suo strano comportamento: se ne sta per ore immobile ad osservare il passaggio dei turisti. A partire da questa osservazione, voglio oggi fare qualche considerazione su questo particolare atteggiamento e su questa specie, approfondendo il discorso con qualche informazione scientifica.

Attento e altezzoso questo gabbiano reale (Larus michahellis) osserva il via vai dei turisti di fine estate. Settembre, Varenna (LC).

Tutti attratti da questo gabbiano, come fosse una star!

Questo impavido uccello è un immaturo gabbiano reale (Larus michahellis) dall’aspetto un po’ disordinato perché in periodo di muta del piumaggio. Tra non molto raggiungerà l’età adulta e sarà pronto a metter su famiglia. 

Ma perché ci osserva per ore immobile? Ci scruta, non per pura curiosità ma semplicemente per studiare le nostre abitudini relative al cibo. Riutilizzare i nostri scarti alimentari è una abitudine normale di molte specie (non solo degli uccelli) ma nel gabbiano reale entra in gioco un comportamento più deciso. Se il cibo non gli viene offerto o non viene abbandonato in suo favore, il gabbiano arriva fino letteralmente a rubarlo. In gergo naturalistico questa condotta si chiama cleptobiòsi [dal greco kléptō, rubare+biosi], una sorta di parassitismo alimentare che consiste nell'impadronirsi, per mezzo di un comportamento aggressivo, del cibo procurato da un individuo di un’altra specie, uomo compreso.
 Il bambino e il gabbiano. Per ora siamo alla sola fase di richiesta del cibo.


Un gabbiano reale nordico (Larus argentatus) piomba all’improvviso alle spalle di una ignara signora per rubargli il gelato. Inghilterra (immagine dal web-autore ignoto).

Facciamo un passo indietro nel tempo, fino alla metà del secolo passato quando sul Lario la presenza del gabbiano reale era un evento straordinario, “una rarità”. I cattivi comportamenti umani, come l’abbandono dei rifiuti o la creazione di enormi discariche intorno alle città, sconvolsero le abitudini di diverse specie, tra cui il gabbiano reale che, attratto da queste opportunità di cibo, iniziò una sorta di pendolarismo lasciando le coste marine (sue aree abituali) e seguendo i grossi fiumi e giunse fino ai nostri territori. Il suo insediamento sul lago fu inizialmente limitato alla sola sosta temporanea poi, verso gli anni ottanta, si trasferì stabilmente sul lago divenendo sedentario e anche nidificante. Allo stato attuale la popolazione di questa specie è molto diffusa ed invasiva e causa forti squilibri naturali andando ad incidere sulla sopravvivenza di altre specie di uccelli sottraendo notevoli risorse alimentari.

Gruppo di gabbiani reali sulle acque lariane.



Gabbiani reali nordici (Larus argentatus), nei pressi di un cassonetto dei rifiuti. Dublino Irlanda.

Ma ritorniamo al nostro solitario sornione gabbiano, il quale osserva attentamente i passeri che si avvicinano senza timore ai tavolini del bar o le anatre che fanno la questua per ricevere del cibo (che peraltro per loro è dannoso visto che la maggior parte delle volte è composto da zuccheri e sali).


Un gruppetto di passere d’Italia scorrazzano tra i tavolini del bar alla ricerca di briciole.

Un germano reale prende del cibo dalle mani di una signora. Questa pratica, anche se motivata dalle più nobili intenzioni, è da censurare. Fornire cibo ad una popolazione di animali selvatici, se non in particolari momenti di difficoltà come in inverno e con cibo appropriato, porta a uno squilibrio naturale e un impatto negativo sull’ambiente.

Nel mondo animale lo scambio di informazioni per quanto riguarda il cibo è veloce. Potrei elencare decine di esempi ma ne cito uno tra i più famosi risalente al 1921 a Swaythling, un quartiere della città di Southampton in Inghilterra, dove inspiegabilmente le bottiglie del latte che ogni mattina venivano lasciate sull’uscio delle case, venivano trovate aperte. Ci vollero dei mesi prima di scoprire che causa di questo “dispetto” erano le cinciarelle (Cyanistes caeruleus), piccoli uccelli frequentatori dei nostri giardini. Questi astuti uccelli, avevano capito che bucando e sollevando la sottile lamina metallica che faceva da tappo, potevano nutrirsi della panna che si formava sulla parte alta della bottiglia (all’epoca il latte non era omogeneizzato). Il fenomeno si espanse in breve tempo da Southampton in tutta l’Inghilterra e infine in tutta Europa.

Una cinciarella si ciba aggrappata alla palla di grasso e semi. Sembrerebbe una cosa normale ma anche in questo caso si tratta di apprendimento. Nei paesi d’oltralpe è abitudine nei mesi invernali appendere sugli alberi del giardino queste palle alimentari. Quella nella fotografia è la palla che io ho appeso nel mio giardino. Nonostante sia davvero raro vederle appese agli alberi nei giardini italiani, è interessante notare che l’apprendimento fatto altrove porta gli uccelli a riconoscere questo tipo di alimento. Gennaio, Varenna.

Nel caso specifico del gabbiano reale, oltre ad elemosinare il cibo, quest’uccello arriva persino a prenderselo con prepotenza grazie al suo carattere predatorio e aggressivo. Quest’abitudine peraltro è tipica di molti animali come ad esempio gli stercorari e i labbi ai danni di altri uccelli marini. Nei mammiferi le iene sono le più conosciute nel praticare quello che viene chiamata la “cleptobiòsi o clepto-parassitismo”.

Due gabbiani reali si contendono del cibo rubandoselo a vicenda. Aprile, provincia di Lecco.

Quest’ abitudine di rubare cibo ad altre specie (tra cui all’uomo) del gabbiano reale è già da tempo in voga nelle città turistiche, come Venezia e Roma, dove si registrano una serie di episodi finiti poi sulle pagine del giornale.

Link - ilgazzettino.it gabbiano ruba panino

In rete vi sono una serie di scatti veramente suggestivi dove si vede chiaramente l’audacia e l’abilità di questi possenti uccelli mentre compiono i furti. Gli inglesi chiamano queste aggressioni in picchiata Dive bomb (tuffo a bomba).

Con destrezza questo gabbiano reale, sottrae l’intero gelato allo sbigottito turista. (immagine dal web-autore ignoto).

Ora, non vorrei aver distrutto il mito del gabbiano Jonathan Livingston, protagonista del libro di Richard Bach, dove il gabbiano, cerca la perfezione nel volo e l’indipendenza di giudizio. Ma come ha scritto qualcuno: “Oggi il gabbiano reale, per chi vive in città, è soprattutto un bullo alato, ladro di gelati, focaccine e serial killer di piccioni”.

Non so se il nostro sornione ospite varennese abbia intenzione di passare all’attacco o se, con il diminuire dei turisti al termine della bella stagione, decida di trasferirsi altrove. Se questo dovesse avvenire non mancherò di documentare questo blog con qualche immagine, sperando di non rivivere le scene del famoso film “Gli uccelli (The Birds)” diretto nel 1963 da Alfred Hitchcock, ma in modo più simpatico come i gabbiani nel film “Alla ricerca di Nemo” di cui vi lascio il link della Clip  "Mio! Mio! Mio!"


La locandina dell’epoca - Copyrighted by Universal Pictures Co., Inc.. / Public domain – wikipedia.org

scheda: I grandi gabbiani

Il gabbiano reale (Larus michahellis), il gabbiano reale nordico (Larus argentatus) e il gabbiano reale pontico (Larus cachinnans) fino a qualche decennio fa erano considerati appartenenti ad una sola specie. Nelle provincie di Como e Lecco sono presenti tutte e tre le specie ma con sostanziali differenze numeriche e di periodo.

Il gabbiano reale, come già detto, è stanziale e nidificante in Italia e da diversi decenni anche nelle provincie di Como e di Lecco.

Adulto di gabbiano reale. Aprile, provincia di Lecco.

Giovane di gabbiano reale del primo inverno. Gennaio, provincia di Lecco.

Il Gabbiano reale pontico, specie diffusa nella regione del Mar Nero e del Mar Caspio, si è spinto ad estendere il suo areale a est nell'Asia centrale fino alle propaggini nord-occidentali della Cina e si sta insediando in Europa con colonie nidificanti in Polonia e nella Germania orientale, con espansioni a nord fino alla Svezia, Norvegia e Danimarca. Voli migratori raggiungono le coste mediterranee dell’Italia e alcuni individui si spingono anche nei grandi laghi del nord. In provincia di Como e Lecco è considerato un migratore regolare con pochi individui. Distinguere questo gabbiano è cosa ardua, da veri esperi di ornitologia!

Adulto di gabbiano reale pontico. Febbraio, provincia di Lecco. Nelle provincie di Como e di Lecco si osserva regolarmente d’inverno ma con pochi esemplari, spesso associato al gabbiano reale dal quale è difficile distinguerlo. Frequenta i fiumi e le discariche di rifiuti urbani che usa come fonte di cibo.

Il gabbiano reale nordico è una specie diffusa in Europa Settentrionale e lungo le coste atlantiche. Da noi se ne contano pochissimi individui, sempre nei mesi invernali. La differenza più evidente tra il gabbiano reale mediterraneo e il gabbiano reale nordico è data dal colore delle zampe degli esemplari adulti, rosa nel gabbiano reale nordico e gialle nel gabbiano reale.

Adulto di gabbiano reale nordico. Marzo, provincia di Como. Questa curiosa immagine non ha bisogno di commento sul fatto di come possa ingoiare ogni sorta di cibo.

Queste tre specie appartengono all’ordine dei Charadriiformes e alla famiglia Laridae, sono considerati “grossi gabbiani” poiché sono lunghi 52-58 centimetri, con un’apertura alare che può raggiungere i 120-140 centimetri per 1,25 kg di peso. Maschio e femmina sono praticamente identici. La colorazione del piumaggio varia con le classi d’età: scuro nei giovani, poi in modo graduale al quarto inverno la livrea assume l’aspetto definitivo dell’adulto con corpo e testa bianchi, dorso e ali grigio chiaro.


Gabbiano reale, con i suoi 140 cm di apertura alare è un dominatore del cielo. Vola con qualsiasi condizione meteorologia, sfidando burrasche di ogni tipo.

Adulti di gabbiano reale. I sessi sono simili, se sono vicini si nota che il maschio è un po’ più grande della femmina. Giugno, Lago di Como.

La dieta dei gabbiani reali può essere generalizzata come onnivora perché spazia da pesce, ratti, animali morti e scarti dell’alimentazione umana. Tra le sue prede vi sono anche altri uccelli, che cattura in volo o preleva dai nidi.

Un giovane di gabbiano reale che ha predato una gallinella d’acqua (Gallinula chloropus). Agosto, provincia di Como.

Sul Lario il gabbiano reale nidifica sulle coste rocciose dove depone una o due uova che cova per 25-27 giorni. I pulcini lasciano il nido dopo circa 40 giorni dalla schiusa. La vita media si aggira intorno ai 15-20 anni ma si ipotizza anche il raggiungimento fino a trent’anni.

Un gabbiano reale su di una roccia dove ha nidificato. Giugno, Provincia di Como.

Nido con uova di gabbiano reale. Maggio, Provincia di Ferrara.

Pulcino di gabbiano reale. Giugno, provincia di Como.

Il gabbiano reale è una specie gregaria durante tutto l’anno, compreso il periodo riproduttivo, quando si raggruppa in colonie riproduttive. Si osserva in stormi numerosi specialmente in inverno, anche nelle campagne e presso fonti di cibo come le discariche di rifiuti urbani.

Raggruppamento di gabbiani reali presso la colonia di Bellagio (CO).

Gabbiani reali che si azzuffano per la conquista del cibo. Lago di Como.

Negli adulti è presente sul becco una macchia rossa. Tra gli studi che hanno reso celebre il naturalista olandese Nikolaas Tinbergen*, ci sono anche le ricerche sui “meccanismi scatenanti innati”, ossia quei comportamenti che, invariabilmente, causano negli animali una reazione inconscia, innata. Un esempio sono proprio queste macchie rosse presenti sul becco di alcune specie di gabbiani che funzionano da stimolo innato per i piccoli che, grazie ad esse, riconoscono il becco del genitore inducendolo così a rigurgitare un po’ di cibo tutte le volte che sono affamati.

Particolare della testa di un gabbiano reale adulto dove si vede la macchia rossa sul becco.

Un pulcino di gabbiano reale nordico oramai cresciuto sta cercando cibo stimolando la macchia rossa dell’adulto. Settembre, Irlanda.

Concludo dicendo che nonostante in questo post abbia descritto severamente le caratteristiche comportamentali del gabbiano reale, vi esorto a non confondere questi grossi gabbiani con le altre plurime specie appartenenti all’ordine dei Caradriformi e alla famiglia dei Laridi. Nelle provincie di Como e Lecco, nel corso degli anni, sono infatti state osservate 20 specie. Sette di queste sono state presenze accidentali mentre le altre si riferiscono a migratori più o meno regolari. Tranne i tre gabbiani reali già citati e un altro grosso gabbiano, lo Zafferano (Larus fuscus), le restanti specie hanno comportamenti decisamente mansueti e non invasivi e fanno parte del paesaggio lacustre animando le plumbee giornate invernali.

Febbraio. Un vociante stormo di gabbiani comuni (Chroicocephalus ridibundus)
scorrazzano sulle acque del lago.
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*ll naturalista olandese Nikolaas Tinbergen, al pari del più celebre Konrad Lorenz, è uno dei padri della moderna etologia (la scienza del comportamento). Insignito del premio Nobel per la Medicina nel 1973 insieme allo stesso Lorenz e a Karl von Frisch, scopritore del linguaggio racchiuso nella danza delle api, Tinbergen ha stabilito alcuni dei principi fondamentali che ancora oggi regolano lo studio del comportamento animale. Le basi poste da Tinbergen includono, tra le altre cose, quattro domande fondamentali che ogni scienziato dovrebbe porsi quando osserva un nuovo comportamento. Questi quattro, fondamentali “perché”, parzialmente ispirati dalle “quattro cause” di Aristotele riguardano, rispettivamente, la causa, lo sviluppo, la funzione e l’evoluzione di quel comportamento. E si tratta tuttora di un metodo perfettamente applicabile ad altri campi di studio, come ad esempio l’anatomia: osservando l’organo di un animale, riguardo ad esso ci si può porre gli stessi quattro quesiti: perché si è formato? Come si è sviluppato? Qual è la sua funzione? Come si è evoluto?

Il sornione gabbiano di Varenna.


Bibliografia

Brichetti P. &Fracasso G., 2006. Ornitologia Italiana. Vol 3. Alberto Perdisia Editorere – Bologna.

La Rivista della Natura, Nikolaas Tinbergen e i quattro perché del comportamento animale. Novembre 2018.

La Rivista della Natura, Le cinciarelle sono appassionate di latte. Settembre 2015.

giovedì 31 gennaio 2019

Una passeggiata invernale tra natura e storia nella riserva del Pian di Spagna

Chi in estate apprezza la bellezza del mondo naturale, anche in inverno ha buoni motivi di stupore e di ammirazione. Il pungente profumo di freddo nell’aria, il paesaggio quasi monocromatico, le corte giornate dai lunghi tramonti sono un buon motivo per trascorrere qualche ora all’aria aperta e godere di quello che questa stagione ci regala.
Vi propongo quindi la visita in una zona della riserva naturale del Pian di Spagna, una delle varie località che le terre lariane offrono, dove oltre al bel paesaggio circondato da monti, con un po’ di fortuna, ci si può imbattere in incontri inaspettati ed emozionanti.

Veduta della riserva del Pian di Spagna dal monte Legnoncino. Sulla sinistra si vede l’alto Lago di Como con la foce del fiume Adda e del fiume Mera. La riserva è l’area pianeggiante che occupa quasi 1600 ettari ed è posta alla confluenza della Valtellina e della Valchiavenna nelle province di Sondrio e Como. Questo luogo è circondato da tre gruppi montuosi: a Nord-Ovest il versante roccioso del Monte Berlinghera (1930 metri di altitudine) che scende quasi a lambire il Lago di Mezzola; a Nord-Est il Sasso Manduino (2888 metri); a Sud il versante Nord del Monte Legnone (2609 metri).

Veduta dell’area Nord della riserva ripresa dal Sasso di Dascio, ottimo punto panoramico lungo il percorso che conduce al tempietto romanico di San Fedelino.


L’area della riserva vista dal piccolo abitato di Dascio (CO)
 dove le luci variano durante i vari momenti del giorno.



L’escursione è mirata al percorso naturalistico Nord, in Località Baletrone-Cascina Poncetta, un tragitto nel cuore della riserva che attraversa terreni agricoli fino a giungere alle spalle dei canneti delle sponde del Lago di Mezzola e del canale di Dascio. Un cammino breve nel quale ci si può perdere silenziosamente affascinati dai vari aspetti naturalistici che offre.







Il percorso è una strada sterrata di libero accesso. La visita in riserva resta comunque regolamentata e si informa che alcuni tratti del percorso sono accessibili solo se accompagnati da una guida autorizzata.






Schematica della riserva nel suo complesso.






Particolare della zona Baletrone-Cascina Poncetta.



La riserva del Pian di Spagna in località Baletrone. 
Sullo sfondo lo sperone roccioso del Sasso Manduino.



L’effimere opere della brina, del ghiaccio e della galaverna 
svaniscono con il sorgere del tiepido sole invernale.



Al mattino presto o all’imbrunire è facile imbattersi nei Cervi (Cervus elaphus). In quest’area della riserva vive una discreta popolazione di questi ungulati.


Un gruppo di cervi allarmati della mia presenza. E’ bastato il leggero clic della macchina fotografica per vederli scomparire nel canneto.

La temperatura rigida condensa il fiato di questo maschio di cervo.




Quando le avversità invernali infieriscono sui rilievi montuosi è il momento migliore per fare interessanti, se non eccezionali, incontri di uccelli alpini che si trasferiscono a fondovalle.






L’Aquila reale (Aquila chrysaetos). Non è comune osservarla appollaiata su un albero. Né il freddo né il cattivo tempo ma solo la fame spinge questo straordinario animale ad allargare il proprio territorio di caccia fino a fondovalle.


Il Fringuello alpino (Montifringilla nivalis). Questa specie è tipicamente alpina ed è una rarità trovarla a circa 200 m s.l.m.


Il lago che lambisce il canneto offre una ricca varietà di uccelli acquatici: è sufficiente fare una visita a Dascio per rendersi conto delle varietà di specie che qui hanno deciso di trascorrere l’inverno.


Il tratto del fiume Mera a Dascio, qui sostano varie specie di uccelli acquatici.

Ben diversa e molto rarefatta è la presenza di uccelli in questo periodo sui prati, nelle siepi o nel canneto all’interno della riserva.
Cinciarella (Cyanistes caeruleus)
Cinciallegra (Parus major)
Pettirosso (Erithacus rubecula)

Tra le specie osservabili nel periodo invernale, ve ne è una che potremmo definire poco comune, se non addirittura rara. Si tratta dell’Averla maggiore (Lanius excubitor), un passeriforme che ha trovato in questa zona il luogo ideale per trascorrere l’inverno. L’ambiente gli ricorda le regioni del nord Europa, suo luogo di provenienza, e perciò resta una visitatrice affezionata di questo luogo, in cui infatti tutti gli anni è presente regolarmente come svernante.
Averla maggiore (Lanius excubitor), gennaio, riserva Naturale Pian di Spagna (CO-SO).

L’Averla maggiore è una specie presente con una quindicina di sottospecie in Europa, Asia, Nord America e Africa centro-settentrionale. L’areale riproduttivo delle popolazioni europee si estende dalla Penisola Iberica ad Est fino alla parte occidentale dell’ex Unione Sovietica e a Nord sino alla Penisola Scandinava. Le strategie migratorie sono diverse nelle varie popolazioni: quelle più settentrionali in autunno abbandonano completamente i quartieri riproduttivi, quelle più meridionali sembrano essere sedentarie mentre quelle intermedie sono parzialmente migratrici. Le aree di svernamento includono i paesi dell’Europa centro-orientale e la Turchia.



In Italia è migratrice regolare e svernante nelle regioni settentrionali con pochi individui.









La mappa indica con i punti azzurri (individui dai 1 a 10) la presenza in Italia dell’Averla maggiore nella stagione invernale 2018-2019.
Fonte Ornitho.it.












Questa specie ha un atteggiamento poco socievole nei confronti dei suoi conspecifici, divenendo particolarmente aggressiva se qualche individuo estraneo invade il suo territorio. Trascorre gran parte della giornata sulla cima di alberi o altri posatoi dominanti, dai quali può individuare le prede che cattura in volo o sul terreno. La dieta spazia dai grossi insetti ai topi, arvicole e toporagni.




L’Averla maggiore in Europa è in diminuzione a causa delle trasformazioni ambientali e dell’impiego dei pesticidi in agricoltura.


Da pochi anni anche il Nibbio reale (Milvus milvus) trascorre l’inverno in questa località e condivide le poche risorse alimentari con la Poiana (Buteo buteo).

Nibbio reale (Milvus milvus)

Poiana (Buteo buteo)

Le attività umane in questa particolare area sono da sempre agricole come testimonia la presenza di cascinali.









La Civetta (Atena noctua) è solita utilizzare i vecchi cascinali. Nonostante sia un uccello notturno nella stagione fredda è facile osservarla su posatoi mentre si gode il tiepido sole invernale.





Cascina Poncetta, ex cascinale agricolo. Ora è di proprietà dell’istituzione della riserva e viene utilizzata per attività didattiche e di inanellamento.

Il paesaggio come lo vediamo oggi è ben diverso dalla sua conformazione originale. In questa zona vi era l’antica foce dell’Adda e il suo corso mutava continuamente formando nuovi rami e isolotti. Di questo percorso non vi è più traccia tranne nel toponimo Bocca d’Adda ancora in uso. Gli interventi di bonifica di gran parte del territorio vennero effettuati nel corso del XIX: si deve agli Austriaci la regimentazione del corso dell’Adda che lo rese rettilineo nell’ultimo tratto fino all’attuale foce. (approfondimenti a riguardo a fondo articolo)


L’Adda prima della regimentazione austriaca in una mappa del 1786.

Carta topografica del Pian di Spagna dei primi del ’900.

Alcune di queste bonifiche sono riportate su un pannello posto lungo il sentiero Nord della riserva, dove si ricorda la figura del sacerdote Don Guanella1 che attorno al 1900 fondò Nuova Olonio2 frazione di Dubino dove sorse un istituto a favore dei giovani e degli anziani in difficoltà. Il centro successivamente si sviluppò e divenne un villaggio.

Una vecchia immagine in cui si vede Don Luigi Guanella insieme ai lavoratori impiegati nella bonifica.

Il particolare ambiente soggetto a periodiche esondazioni ha fatto sì che si sfruttasse questo luogo anche come attività di pesca realizzando delle peschiere3. Ancora oggi si trovano tracce di questi sbarramenti di contenimento realizzati con pietre sistemate in modo tale da permettere l’entrata dell’acqua nei terreni e non l’uscita dei pesci.


Resti del muro dell’antica peschiera del Baletrone.


Altro manufatto poco evidenziato e studiato ma di importanza storica è il cippo triangolare alto oltre un metro che sorge in mezzo ai campi a Nord della riserva. Questo cippo confinare risalirebbe al 1763 ed è posto sulla linea concordata fra il Ducato di Milano e la Repubblica delle Tre Leghe4.



Pianta e alzato dei sassi di confine.
Da:1763. Il nuovo confine di Stato nel Pian di Spagna di Ugo Carniti, Altolariana n. 7



Mappa con la nuova linea di confine del 1763.

Da:1763. Il nuovo confine di Stato nel Pian di Spagna di Ugo Carniti, Altolariana n. 7


Il sole sta tramontando e le ombre si allungano. E’ tempo di rientrare.

Chiudo questo post con una considerazione: nonostante infatti molti siano gli stimoli naturalisti e storici della riserva del Pian di Spagna, quello che conta è che offre la possibilità di trascorrere una spensierata giornata invernale all’aria aperta!

Per un approfondimento storico di seguito sono pubblicati alcuni spunti a cura di Pierfranco Mastalli ricercatore storico. 


Inoltre è doveroso precisare, per non creare facili aspettative, che le immagini naturalistiche qui pubblicate sono frutto di più uscite fatte sempre comunque nel periodo invernale.


1) Nel 1900 Don Guanella iniziò la bonifica di alcune parti paludose del Pian di Spagna, allora malsane e inospitali. «Un giorno D. Guanella approda a Colico con una dozzina di ricoverati che chiamava buoni figli e li aiutava a salire sopra un carro preparato e via fra le risa di quei di Colico che strabiliavano. [...] Si trattava di appianare collinette di sabbia per riempire delle paludi e mettere in disparte la terra vegetale - humus - a stendervi sopra quasi concime prezioso. Sì chiamarono poi lavoratori Veneti abilissimi in tali lavori e cosi si ridusse a prato a campo a vite a gelsi una spianata di steppe». (L. Guanella, Le vie della Provvidenza. l9l3-l9l4).

L'intervento riguardò una trentina di ettari, compresi nei comuni di Delebio e Sorico; la terra recuperata fu venduta a poco prezzo ai contadini locali perché la abitassero, la coltivassero e non fossero costretti ad emigrare. In breve si arrivò alla fondazione di un villaggio chiamato Nuova Olonio, dall'antica Aulonium romana. Oltre a tecnici e specialisti, nei lavori di bonifica e nelle attività agricole egli volle impiegare anche un gruppo dei suoi “buoni figli”, i disabili, per favorirne la promozione umana mediante il lavoro manuale.

Contemporaneamente Don Guanella si preoccupò anche di diffondere metodi di coltivazione più razionali e moderni, in sintonia con l'attenzione della Chiesa nel campo sociale in quegli anni. (Testo tratto dal pannello descrittivo posto lungo il percorso Nord della riserva.)

Cronologia Don Guanella da Don Leonardo Mazzucchi, SDC I PASSIDI LUI Dal «Charitas» n. 122, 1959

Dopo averla sognata dall’adolescenza e «preveduta» nei passeggi di Trinità di Mondovì, dà mano... eroicamente (28 luglio 1900) all’Opera agricola sociale-caritativa del Pian di Spagna (così denominato dalla storica linea di confine tra il dominio spagnolo di Lombardia e il dominio grigionese della provincia di Sondrio), ardua e contrastatissima e pur riuscita con tutta una bonifica agraria di zona abbandonata e malarica, un ricostruito Villaggio (Olonio S. Salvatore – così Don Guanella – ora Nuova Olonio), un’artistica Chiesa dedicata al Redentore (ed ora Santuario della Madonna del Lavoro), un Ricovero di abbandonati e «Buoni Figli» decis. il 18 ottobre 1899, acquisto il 28 luglio 1900, possesso dal 29 settembre seguente, inaugurazione della Casa – poi tutta rifatta ed ingrandita – e benedizione della Chiesa provvisoria il 4 novembre 1900, il 5 maggio 1901 benedizione del Simulacro della Madonna del Lavoro – ora rinnovato – volutovi per la prima volta in Italia e fatto modellare da Don Luigi con un operaio e un contadino dai vestiti antichi di lassù cioè di Traona – e benedizione della prima pietra della bellissima Chiesa di stile lombardo disegnatavi dal noto ing. Giovanni Sartirana sul modello dell’allora profanata Chiesa milanese di S Vincenzo in Prato, inaugurazione della stessa il 15 maggio 1904 – decorata poi nell’abside e sulle pareti dei Santi della Valle dal distinto pittore Cesare Iamucci, concessione ministeriale di medaglia d’argento per l’opera di bonifica il 29 luglio 1905.

Immagine Madonna del Lavoro. L’immagine voluta da don Guanella, umile e piccola ma infinitamente preziosa per l’affetto che raccoglie. Dopo varie traversie fu adeguatamente restaurata ed ora è venerata nella cappella interna della Casa di riposo di Nuova Olonio, intitolata proprio alla Madonna del Lavoro.

2) Il nome Nuova Olonio ricorda l’antico borgo di Olonio (Olonium in latino), importante porto in epoca romana e medioevale situato all’incirca nell'odierna località “Ponte del Passo” tra i Comuni di Gera Lario e Sorico. Questo villaggio fu seppellito nei secoli XV e XVI dai detriti fluviali per il continuo variare della foce del fiume Adda nel Lago di Como.

I fondatori di Olonio furono gli Aneuniates (vedi epigrafe su architrave su lastra di marmo bianco di Musso al Museo di Como) tribù che fondò “Anaunia” o “Anonio”, poi chiamato “Olonium” in latino.

Olonio, era in età romana nella provincia della Gallia cisalpina. Il borgo rappresentò per secoli un vivace porto sull'importante via d'acqua navigabile del Lago di Como che da qui metteva in comunicazione i territori romani con le popolazioni Celtiche e Retiche d'oltralpe. Olonio divenne un importante centro paleocristiano per la diffusione del Cristianesimo sino a diventare una delle più antiche Pievi del Lago di Como. Nel 1432 di Olonio si perdono le tracce e nello stesso anno la Pieve viene trasferita a Sorico. L'unico edificio testimone della posizione di Olonio e della sua importanza strategica fu sino ai primi decenni del novecento l'antica Torre di Olonio.

La piana alluvionale prese il nome di Piano di Olonio che, dopo la partenza definitiva degli Spagnoli che nelle vicinanze avevano costruito all’inizio del 1600 il Forte Fuentes, venne trasformato alla fine del Settecento, in pieno regime austriaco, in Piano di Spagna. Dal 1845 al 1858 l’’Austria creò le premesse per la bonifica del delta alluvionale con la costruzione del nuovo corso artificiale rettilineo dell’Adda. (vedi “La sepolta Olonio e la sua Pieve”di Martino Fattarelli).


3) Nell’archivio del Comune di Sorico, nella cartella “diritti di pesca”, si conserva una piccola mappa disegnata e firmata Ing. Luigi Conti, Gera 30 ottobre 1869 dello “Stagno e palude detto il Baletrone di proprietà di diversi comunisti di Sorico”. L’ attuale via Baletrone (da via Poncetta a cascina Poncetta) mantiene vivo il toponimo e ci indica l’area dove sorgevano le peschiere, dando una risposta alla presenza di muretti di contenimento.

... l’esistenza di queste peschiere delimitate da sbarramenti di pietre filtranti che permettevano l’entrata nei terreni dell’acqua dell’Adda e della Mera e non la uscita dei pesci ci è ben confermato da una relazione del 1581 richiamata nel libro “La sepolta Olonio e la Sua Pieve” Cattaneo 1986 di Martino Fattarelli che dice: “ogni puoca escavazione maggiore e abbassamento che si facesse alla detta bocca d’Adda (NdR al ponte di Lecco), il lago abbandonerebbe affatto la città debolissima e senza mura, da quella parte si asciugherebbero le peschiere di Sorico e Gera et altri luoghi di gran reddito a privati et benefitio al generale per l’abbondanza de pesce….”


4) Cippo di confine concordato nel capitolato nel 1763 con un decreto dell'Imperatrice Maria Teresa d'Austria allora Duchessa di Milano. E’ rappresentato con tratti di retta che hanno origine vicino a Dascio (sul sasso Dagio o Olzasco o Sass dela Cruseta) e corrono passando per Pontascio in direzione della vetta del Monte Legnone, sul cui primo dorsale è scolpito su un macigno un segno confinare (G+M 1763). Lungo la linea di confine (concordata nel 1763) dal Sasso Olzasco fino alla Scalottola, alle falde del Legnone, vennero posti termini artefatti. (Vedi Altolariana n. 7 del 2017 pag.245 in “1763.Il nuovo confine di Stato nel Pian di Spagna di Ugo Carniti ). Un’altra linea di confine prosegue lungo la sponda ovest del Lago di Mezzola sino a San Fedelino e si spinge per due chilometri in Valchiavenna fra Ducato di Milano e Repubblica delle Tre Leghe, oggi fra provincia di Sondrio e Como. Questa demarcazione fu utile per il completamento del Catasto Teresiano (in tedesco Mailänder Kataster); non solo risolse il problema della delimitazione terrestre tra i due Stati ma andò a sancire importanti diritti di pesca nel lago di Mezzola diviso anch'esso tra il Ducato di Milano, passato sotto la corona Austriaca (dal 1706 al 1797) dopo la Guerra di successione spagnola, e la Repubblica delle Tre Leghe. L'ufficialità di confine tra Stati venne meno con l'annessione della Valtellina e della Valchiavenna alla Repubblica Cisalpina e con l'arretramento dello spartiacque su quello che oggi è il confine Italo-Svizzero , mentre nel 1799 le restanti terre delle Tre Leghe entrarono a far parte della Repubblica Elvetica nata nel 1798. Con l’Atto di Mediazione del 1803 fu poi costituito il Canton Grigioni confluito nella Confederazione elvetica. Oggi la linea è ancora valida per la confinazione catastale del tratto delle Provincie di Como e Sondrio tra i comuni di Sorico, di Dubino e Samolaco.







Segno confinare su roccia inciso sulla rupe dell’Alzaschino o Sass dela Cruseta, poco oltre il Sasso di Dascio a destra del lago di Mezzola.











Cippo confinario situato sulla strada tra Colico e Piantedo. Pochi anni fa questa testimonianza fu maldestramente riposizionata invertendo la direzione originale delle nazioni confinanti.
(fotografia di Pierfranco Mastalli)





Mappa attuale dove si nota la linea di confine fra la provincia di Sondrio, di Como e di Lecco, esattamente come quella stabilita nel 1763 (Dascio-Pontascio-S.Agata-Legnone).


Di seguito il link per scaricare l’articolo di Ugo Carniti “1763,

 Il nuovo confine di Stato nel Pian di Spagna”. LINK

Un fatto di cronaca del 25 luglio 1793: Novate, due ambasciatori francesi sono arrestati all’osteria dell’Angelo dalla polizia austriaca.Nell’estate del 1793 gli ambasciatori francesi Maret e Sémonvile, diretti da Ginevra a Venezia con i loro parenti, furono arrestati dalla polizia austriaca in territorio grigione a Novate in Valchiavenna, nell’osteria dell’Angelo. L’episodio destò grande scalpore in Europa, attuato in spregio del diritto internazionale, violando il territorio dello Stato neutrale dei Grigioni, allora dominanti in valle.


Incisione su rame da Reinier Vinkeles e Daniel Vrijdag. Disegno di Jean Duplessi-Bertaux.

Novate Mezzola, oncora oggi è visibile la targa a ricordo di questo fatto.
(fotografia di Pierfranco Mastalli)


Bibliografia
Brichetti P. & Fracasso G. 2011. Ornitologia Italiana. Vol. 7 – Paridae-Corvidae. Oasi Alberto Perdisia Editore. Bologna.
Bertoglio D., Le variazioni del delta dell’Adda presso Colico negli ultimi secoli. Editore Bartolozzi.