giovedì 5 marzo 2015

La primavera dello stambecco

È primavera anche per gli animali alpini, non tanto perché il calendario meteorologico fa iniziare la bella stagione il primo di marzo ma perché quest’anno sulle Alpi le precipitazioni nevose non sono state abbondanti come l’anno passato (LINK) e il precoce scioglimento della neve ha liberato porzioni di pascolo fornendo nuova opportunità alimentare dopo il lungo inverno povero di alimenti.

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Camoscio - Rupicapra rupicapra, marzo, Parco Nazionale del Gran Paradiso (AO).

Presto i pascoli, ora ingialliti, vedranno lo spuntare dell’erba fresca e ricompariranno gli uccelli che hanno scelto di svernare lontano migliaia di chilometri occupando territori che altri strateghi della sopravvivenza non hanno mai abbandonato. Più volte su questo blog ho portato esempi di queste strategie, diverse ma affascinanti, come ad esempio quelle messe in atto dalla pernice bianca o dal culbianco.

Tra le varie strategie di “vivere al limite della sopravvivenza” troviamo anche quella dello stambecco delle Alpi (Capra ibex ibex) che trascorre l’inverno non tanto in fondovalle -come invece ci si aspetterebbe- ma sulle impervie pareti rocciose o ripidi pendii oltre il limite della vegetazione dove anche la neve non ha modo di accumularsi lasciando scoperti pochi e poveri vegetali da qui trarre qualche nutrimento. Con lo sciogliersi della neve e il rispuntare della nuova vegetazione lo stambecco scende a valle attratto dalla tenera erba dopo mesi di alimenti coriacei e poveri di sostanza.

Poterlo vedere e godersi lo spettacolo è davvero un’occasione da non perdere, specialmente se si è nel suo regno: il Parco nazionale del Gran Paradiso.

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Maschio adulto di stambecco delle Alpi - Capra ibex ibex, marzo, Parco Nazionale del Gran Paradiso (AO).

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Sulla biologia e la storia dello stambecco abbiamo già parlato su questo blog (LINK) ma l’incontro avuto con questo fiero esemplare porta a fare alcuni approfondimenti su alcune caratteristiche peculiari che lo rendono unico nel suo adattarsi alla vita estrema.

 

 

Gli zoccoli

Lo stambecco è un ungulato di forme pesanti dove la sua conformazione fisica è caratterizzata da notevoli masse muscolari che rivelano un adattamento alla vita negli ambienti aspri e rocciosi. Le zampe, piuttosto corte, sono dotate di zoccoli particolarmente morbidi da permettere un’aderenza al procedere sulla roccia. Questi zoccoli inoltre hanno due “pinzette” notevolmente divaricabili e indipendenti tra loro nel movimento, consentendo all’animale di sfruttare al meglio anche i più piccoli appigli rocciosi. La mancanza della membrana interdigitale, presente invece nel camoscio, conferma la scarsa attitudine dello stambecco al procedere in ambenti con importante copertura nevosa, un vero esempio evoluzionistico specializzato in un ambiente rupicolo.4_Stambecco_PNGP024 (FILEminimizer)

Il mantello

A noi umani, abituati al caldo tepore delle nostre case, viene spontaneo chiedersi come faccia lo stambecco a resistere alle rigide temperature invernali che si registrano alle alte quote in cui vive. In realtà questo bovide ha sviluppato un mantello molto efficace per cui in estate il suo pelo (giarra) è fitto e ruvido mentre in autunno un pellame fitto e lanoso (borra) si sovrappone al primo dando all’animale una notevole protezione alle basse temperature.

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Un maschio adulto di stambecco ha un peso variabile tra 65 e 100 kg ma può raggiungere pesi molto superiori (140 kg) nel tardo autunno quando accumula sul dorso e nei fianchi una notevole riserva di grasso utile per la sopravvivenza invernale.

 

 

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Le corna

Come in tutti i bovidi, le corna sono presenti in entrambi i sessi: nei maschi sono molto sviluppate e raggiungono 85-100 cm per 4,5 kg di peso nell’individuo adulto. Lo sviluppo delle corna inizia poco dopo la nascita e continua fino alla morte dell’individuo. Osservando i vari stadi di accrescimento si può stabilire l’età dell’individuo.

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Nell'ambiente alpino lo stambecco non ha praticamente nemici naturali tranne l'aquila reale che, a volte, attacca i piccoli stambecchi. La vita media di uno stambecco è di circa 18/22 anni, se escludiamo le pratiche venatorie. La morte in natura di alcuni individui può essere causata da cadute, da valanghe o da frane.

 

 

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Come lo stambecco anche il camoscio sfrutta piacevolmente il disgelo della neve.

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Se l’innevamento è cospicuo la difficoltà di reperire risorse vegetali porta il camoscio a nutrirsi anche della dura corteccia lasciando inevitabili tracce.

 

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Ora che sono ben alimentati, possono spendere le energie anche in corse improvvise…

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Non tutti però potranno godere della tanto attesa primavera. Questa carogna di camoscio non presenta tracce di predazione. Probabilmente l’animale è deceduto per qualche patologia come, ad esempio, la cheratocongiuntivite infettiva, una malattia contagiosa che colpisce in modo particolare il camoscio e in modo meno rilevante lo stambecco, manifestandosi con lesioni oculari più o meno gravi che possono portare alla cecità dell’animale e pertanto alla morte per stenti.

 

Si sa, in natura nulla va perso, la carogna è già stata trovata dal corvo imperiale, dalla volpe, dall’aquila reale e quando resterà solo la carcassa ci penserà il Gipeto a riciclare tutto.

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Il Corvo imperiale (Corvus corax) attende paziente di poter proseguire il pasto.

 

 

 

 

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Non sfugge la presenza di questa carogna al fine fiuto della volpe (Vulpes vulpes).

 

 

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Alta in cielo un’aquila reale (Aquila chrysaetos) con la sua acuta vista aspetta che la situazione sia tranquilla prima di avventarsi sui resti di questo camoscio.

 

 

Fino a qui abbiamo vissuto quella che è la primavera per alcune specie di fauna alpina ma non è difficile immaginare come nei tempi passati fosse difficile la vita dell’uomo in questi luoghi. Possiamo quindi ben comprendere come fosse tanto festeggiato l’arrivo della primavera!

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Piccolo nucleo abitato in Valsavaranche


Bibliografia

Mustoni A., Pedrotti L., Zanon E. e Tosi G., 2002 - Ungulati delle Alpi. Nitida Immagine Editrice – Cles (TN)

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