mercoledì 21 novembre 2012

Sui sentieri dei contrabbandieri

Diario di una giornata in Valle Albano, una valle comasca confinante con la Svizzera.

Da Dongo (CO) seguiamo le indicazioni per il paese di Germasino e subito attraversiamo un bosco di faggio in veste invernale.
Unico tono di colore un cuscino di muschio. Dovrebbe trattarsi di Muschio stellato (Polytricum commune) ma non ne sono sicuro.

La valle che stiamo percorrendo è la Valle del Liro, lo sguardo spazia sulle brume mattutine…

Grazie alla temperatura fredda l’umidità si trasforma in decori.


Un rigagnolo si arricchisce di sculture.



Anche se si tratta di una semplice escursione il birdwatcher incallito ha sempre occhio e orecchie pronte. Infatti, improvvisamente, una femmina di Fagiano di monte prende il volo vicino a noi ma è più veloce di me. Spero di riuscire a scattare una fotografia la prossima volta!

Un passo dopo l’altro raggiungiamo il Passo Giovo 1750 mt. Qui non resta che scegliere se prendere per il Passo S. Jorio o verso l’alta Valle Albano.
La vallata verso il Passo S. Jorio.
 Visione verso il Lago di Como anche se dominano le nebbie mattutine…
Al Passo Giovo vi è una caserma della Guardia di Finanza in funzione dal 1870 al 1976. Questo ci ricorda che queste valli un tempo erano luoghi di contrabbandieri (a fondo post se avrete voglia di approfondire l’argomento ho estratto dal web un brano dedicato a questo argomento).

Percorriamo il comodo sentiero che ci porterà in alta Valle Albano. La stagione propone colori quasi monocromatici.


Veduta sulla Valle Albano.
Il sole illumina la festuca indorandola.
Il sentiero a tratti è costituito da muri a secco, una testimonianza dell’antica pratica di costruzione e tecnica oramai abbandonata che consentiva di costruire senza utilizzare cemento. Questi muri ospitano una serie di piante e animali rivestendo un ruolo naturalistico molto importante.


Tracce di un periodo storico… il contrabbando.

Lungo il pendio una femmina di cervo con il suo piccolo. 

…e molto lontana un’albanella reale perlustra il territorio in cerca di prede.

 I resti di quello che prima del passaggio di una slavina era il laboratorio di ricerca e didattica ambientale “Nembruno”.

Siamo quasi arrivati al rifugio Sommafiume. Termina qui il mio breve diario dedicato al “Sentiero natura della Valle Albano”.

*
Il contrabbando nelle valli comasche ed in Valle Albano fu un fenomeno sociale esteso e radicato, quasi sempre legato alle necessità di sostentamento delle famiglie valligiane, soprattutto in annate e stagioni particolarmente avare di risorse agricole.
La particolare conformazione e posizione geografica della Valle Albano, inoltre, favorì inevitabilmente lo sviluppo di traffici illeciti di merci sul confine italo-svizzero, che coinvolsero molti valligiani nei tentativi di importare generi alimentari richiesti come lo zucchero e la farina, solitamente assai meno costosi in territorio svizzero. Il governo italiano tentò più volte di ridurre l’entità del fenomeno ricercando anche una possibile intesa con la Svizzera, che però non aveva nessun interesse a sottoscrivere l’accordo, poiché le attività commerciali alimentate dal contrabbando erano rilevanti, mentre con l’aumento dei controlli si sarebbero in parte limitate le esportazioni e si sarebbe potuta rischiare una crisi economica diffusa nelle zone elvetiche di confine.
Il commercio delle merci contrabbandate non fu sempre diretto verso l’Italia: infatti durante la Prima e Seconda Guerra Mondiale la Svizzera, trovandosi isolata tra le nazioni belligeranti, aveva forti necessità di derrate alimentari e questa situazione contribuì ad invertire il flusso tradizionale dei generi di contrabbando che assunse una dimensione inedita in particolare tra l’autunno del 1943 e l’estate del 1948. Questo periodo è stato infatti ricordato come “epoca del riso”, poiché questa derrata fu a lungo predominante tra i generi alimentari trasportati in Svizzera. In cambio del riso si ricevevano sigarette, saccarina e sale. Nel dopoguerra si è invece individuato il cosiddetto periodo del tabacco, quando il crollo del franco svizzero e l’adeguamento dei prezzi italiani al mercato internazionale avevano incentivato il traffico di sigarette dalla Svizzera all’Italia.
I contrabbandieri venivano chiamati in gergo dialettale sfroosadòr (da andàa de sfroos, andare di frodo, senza autorizzazione) o anche spalloni, poiché erano soliti trasportare sulle proprie spalle un grosso involucro rettangolare predisposto per contenere le merci. Tuttavia in Valle Albano non veniva normalmente usato il termine spalloni, così come cuntrabandèer, pronunciato con la fonetica del dialetto comasco. Al loro posto si utilizzava il termine cuntrabandèr, pronunciato con l’articolazione retroflessa della r del gruppo tr, tipica dei dialetti di origine siciliana e legata a Germasino proprio a causa dell’emigrazione in Sicilia di molti valligiani tra il Cinquecento e l’Ottocento. Il linguaggio dei contrabbandieri e con cui gli abitanti della Valle Albano facevano riferimento alle attività di contrabbando andava ben oltre il semplice uso del dialetto, che era comunque la lingua corrente parlata dalla popolazione. In realtà i contrabbandieri avevano elaborato un gergo particolare che permetteva loro di scambiarsi informazioni senza essere compresi dai finanzieri, soprannominati “canarini” per via della fiamma gialla che contraddistingueva la loro divisa. Così, anche le merci erano denominate con termini gergali: il tabacco si definiva “foglia di Lugano”, lo zucchero “ossa di morto” e la saccarina “coniglio bianco”. Oltre ad adottare diverse espressioni in codice, veniva spesso utilizzato un linguaggio simbolico: ad esempio, le imposte e le finestre chiuse o semichiuse o ancora la biancheria stesa in un determinato modo indicavano se la via di transito era controllata dai gendarmi. Anche le donne ricoprivano un ruolo importante per la buona riuscita dell’operazione, in quanto con varie astuzie controllavano i finanzieri e si informavano sugli orari dei loro turni di guardia. Dalle testimonianze ancor oggi reperibili tra gli abitanti più anziani si evince che il fenomeno del contrabbando fu indubbiamente molto radicato nel tessuto sociale della Valle fino almeno alla metà del secolo scorso, in quanto spesso coinvolgeva a diversi livelli e per molti anni tutti i componenti del nucleo familiare di un cuntrabandèr.

Tratto dal sito – www.vallealbano.it





venerdì 16 novembre 2012

La dieta degli uccelli durante la migrazione

La migrazione, è un processo energeticamente molto dispendioso, gli uccelli per affrontarla con successo necessitano delle scorte energetiche che hanno accumulato sottoforma di grasso prima di iniziare il viaggio migratorio.
Nel post riguardante la migrazione ho già accennato al meccanismo conosciuto come “iperfagia” ovvero quando alcuni uccelli in preparazione al viaggio migratorio si alimentano continuamente fino a raddoppiare il proprio peso nel giro di un paio di settimane.

Il diario odierno si colloca sulle alture della Valsassina dove ho osservato l’attività trofica che vede come protagonista la pianta del Sorbo degli uccellatori, che costituisce una vera e propria “mensa” per gli uccelli.

Sorbo degli uccellatori
Il Sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia) è un albero della famiglia delle Rosacee il cui nome scientifico deriva dal latino: Sorbus, secondo alcuni deriverebbe dal verbo sorbeo = bere, assorbire, in quanto i frutti maturi sono molli e “suole sorbirsene il succo” e aucuparia = formato da "avis e capere" che tradotto significa catturare gli uccelli.

Il nome deriva dal fatto che, essendo le sue bacche appetibili dalla piccola avifauna migratoria, viene tradizionalmente utilizzato negli appostamenti fissi per la caccia e piantato attorno agli impianti per la cattura degli uccelli mediante reti nei roccoli.
Particolare interessante riguarda il fatto che il nome “sorbitolo”, dolcificante naturale presente nella frutta, deriva da questa pianta.

I frutti del sorbo maturano in concomitanza alla migrazione degli uccelli, questi mangiando le bacche, ma non digerendone il seme, lo eliminano disseminandolo in modo naturale e contribuendo alla riproduzione e disseminazione della pianta.

Gruppo di cesene in alimentazione su di un sorbo
Diversi uccelli normalmente si nutrono quasi esclusivamente di insetti nel periodo primaverile, mentre nel pe­riodo autunnale la componente vegetale assume un peso crescente. Tale fenomeno è evidente soprattutto in alcune famiglie come ad esempio i Turdidi.

I Turdidi, tra cui la cesena, sono tra le specie che nel corso della migra­zione autunnale si alimentano di bacche e piccoli frutti. La pianta del sorbo è una delle specie più gradite a questi uccelli.
Cesena Turdus pilaris
In questo breve video che ho realizzato, si vede chiaramente con quale frenesia le cesene si nutrono delle bacche del sorbo. Cliccare per visionare il video


Le bacche del sorbo non sono gradite solo dai Turdidi ma anche dai Fringillidi che ne sono ghiotti.
Fringuello Fringilla coelebs
Ciuffolotto Pyrrhula pyrrhula
Ciuffolotto Pyrrhula pyrrhula
Video del Ciuffolotto in alimentazione.VIDEO

mercoledì 14 novembre 2012

Il Gufo reale e il mobbing.

Pian di Spagna (CO), giornata tipica del mese di novembre, pochi passeriformi e qualche anatra appena giunta per svernare. Come a volte capita quando meno te lo aspetti ecco la sorpresa: un bel Gufo reale posato su di un albero. Diciamo subito che in Pian di Spagna quest’uccello non è certamente specie che si vede tutti i giorni e nelle aree dove vive abitualmente  è più facile individuarlo attraverso il suo canto notturno piuttosto che vederlo direttamente.

il canto del Gufo reale

Gufo reale, Pian di Spagna, fotografia in tecnica digiscoping.

Il Gufo reale Bubo bubo è tra gli Strigidi europei il più grande con un’apertura alare che va da 1,60 per i maschi fino a 2 metri per le femmine, ed un'altezza che varia negli adulti dai 65 agli 80 centimetri.


Gufo reale*
 Il Gufo reale si trova praticamente ovunque in Italia esclusa la Sardegna, presente sulle Alpi dove nidifica sino al limite superiore del bosco, è ampiamente distribuito in Europa ad esclusione delle Isole Britanniche, La Danimarca, l’Olanda e la Francia settentrionale.

Distribuzione del Gufo reale in Europa**

Questo grosso predatore notturno si nutre principalmente di mammiferi come topi e lepri, ma occasionalmente si può cibare anche di animali più grossi quali la volpe e i cuccioli di ungulati ed altri tra cui i rapaci.


Dopo questo breve approfondimento riguardante il Gufo reale, vi racconto come mi è stato facile scovarlo nel folto dei rami. Stavo camminando lungo l’argine del fiume quando all’improvviso ho udito un gran chiasso provenire da un albero. Il frastuono era provocato dal vociare di un gruppo di cornacchie che, vedendo il potenziale nemico, erano intente a provocarlo cercando di allontanarlo attraverso il “mobbing”.

Cornacchia grigia che pratica il “mobbing” al gufo reale
Il termine “mobbing” è stato coniato agli inizi degli anni settanta dall'etologo Konrad Lorenz per descrivere un particolare comportamento aggressivo tra individui della stessa specie con l'obiettivo di escludere un membro dello stesso gruppo. In ornitologia, mobbing indica anche il comportamento di gruppi di uccelli di piccola taglia nell'atto di respingere un loro predatore. Di notte il Gufo reale non avrebbe nessuna difficoltà nel catturare la cornacchia, mentre nelle ore diurne è inoffensivo. Questo è un tipico esempio del fatto che l’unione fa la forza ed il malcapitato non può fare altro che subire l’affronto. Questo comportamento detto “mobbing”, viene praticato anche da molte altre specie di uccelli, ad esempio le cince di giorno praticano il “mobbing” nei confronti della Civetta nana, la loro predatrice notturna.

In questa occasione ho realizzato un breve video clip, cliccare per visionare il video


*Disegno di Gufo reale, realizzato da U. Catalano per la pubblicazione “Iconografia degli Uccelli D'Italia” edito dall’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica.

**Distribution of Bubo bubo, Map made by Achim Raschka.


giovedì 8 novembre 2012

Sulle tracce dei camosci...

Sono passati pochi giorni dalla grande euforia riproduttiva dei cervi (vedi post) che hanno visto le vallate alpine riecheggiare di bramiti e battaglie per la conquista delle femmine. Sono ritornato nella stessa valle, una laterale della media Valtellina, per poter incontrare un altro splendido ungulato, il Camoscio.

Novembre è il periodo della riproduzione dove i maschi si contengono le femmine ingaggiando lunghe corse sui pendii, una prova di forza e di potenza da restare impressionati.

Con queste immagini cercherò di raccontarvi il diario di questa giornata dedicata al camoscio delle Alpi.

L’incantesimo dell’alba, in pochi istanti si apre il sipario sulla splendida veduta alpina.



In questo periodo, il bosco di larici è di un giallo intenso, con i primi raggi di sole questo colore si accende di tonalità dorate.

La neve scesa in anticipo è ricoperta da un particolare tappeto composto da aghi di larice.



La cincia mora.

La cincia dal ciuffo.
La prateria alpina con le prime tracce del passaggio dei camosci.

Escrementi di camoscio.

Il Sordone.
L’incontro con un camoscio femmina e il suo capretto.

La prerogativa del camoscio è la segregazione dei sessi. La struttura sociale di base, di tipo matriarcale, è fondata sul legame madre-piccolo, che si ripete nei gruppi di femmine ai quali si aggiungono gli individui giovani e le femmine subadulte; i maschi adulti e subadulti vivono solitari o in piccoli gruppi instabili di pochi individui. I branchi sono “aperti”, con passaggio di animali da un gruppo all’altro e la loro numerosità è variabile in relazione alla stagione.

Salendo di quota il terreno è coperto dalla neve, le impronte testimoniano il passaggio dei camosci, ora bisogna scovarli tra le rocce.

Impronta di camoscio.


Il Camoscio delle Alpi.
Il camoscio alpino (Rupicapra rupicapra) appartiene alla famiglia dei Bovidi. Questa specie è molto somigliante alle altre specie del genere Rupricapra: il camoscio dei Pirenei (Rupicapra pyrenaica) e il camoscio Appenninico (SSp. Rupicapra pyrenaica ornata), quest'ultima endemica dell'Appennino Italiano centrale.

Il camoscio è un Ungulato molto agile e potente, dotato di un cuore dalle spesse pareti muscolari che gli garantiscono una frequenza cardiaca di circa 200 battiti al minuto. I Polmoni sono generalmente molto sviluppati, queste caratteristiche permettono al camoscio di poter risalire i ripidi e lunghi pendii delle montagne senza dover ricorrere a sforzi eccessivi.

Il maschio adulto raggiunge all’incirca il peso di 50 Kg, mentre la femmina 40 Kg.


Gli zoccoli del camoscio sono di forma triangolare, quello anteriore è nettamente più grande di quello posteriore. Gli zoccoli hanno bordi taglienti, per aumentare l’aderenza su substrati duri come la roccia o il ghiaccio, inoltre possiedono una membrana interdigitale che permette di aumentare la superficie d’appoggio della zampa e facilita la progressione su terreni innevati. Altra prerogativa dello zoccolo è data dalla solea morbida ed elastica che facilita l’aderenza sulla roccia liscia, un fantastico adattamento all’ambiente estremo della montagna.


Da fine ottobre a metà dicembre i maschi adulti, solitamente più tolleranti, si fanno aggressivi verso i loro simili, compiendo spostamenti anche notevoli alla ricerca delle femmine e difendendole all’interno di piccoli territori, da cui scacciano tutti gli altri maschi.

Le corna, relativamente piccole, sono permanenti (a differenza dei Cervidi, che le hanno caduche e sono più propriamente definite Palchi), comuni ai due sessi e presentano una tipica forma ad uncino. In media raggiungono una lunghezza di 20–25 cm.
La crescita annuale delle corna avviene a fasi alterne: durante la primavera, si ha la produzione di tessuto corneo, che si deposita alla base dell'astuccio; in inverno il processo si arresta, per effetto della variazione di luce e la carenza di nutrimento. Si formano così dei solchi anulari, visibili sulla superficie esterna del rivestimento corneo: si tratta dei cosiddetti "anelli di crescita" (o "anelli di giunzione"), il cui conteggio permette una valutazione attendibile dell'età dell'animale.

Siamo circa all’altitudine di 2300 metri, nonostante l’ambiente severo della montagna in questo periodo, su di un masso si posa un Cardellino, è in migrazione ed ha appena passato il valico… che spettacolo la  migrazione degli uccelli…

Il cardellino.
 Il sole sta tramontando ed è giunta l’ora di rientrare.

 L’alba è magica, ma il tramonto lascia senza parole…

Bibliografia:
UNGULATI DELLE ALPI – Nitida Immagine Editrice – 2005
ATLANTE DEI MAMMIFERI DELLA LOMBARDIA – Regione Lombardia - 2001