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domenica 22 novembre 2015

La civetta nana, il diavoletto della foresta

Questa prima parte di autunno è stata particolarmente calda e povera di eventi meteorologici tipici di questa stagione. Abbiamo infatti vissuto solo qualche sporadico episodio, come un’improvvisa nevicata notturna che ha imbiancato le cime lariane e che ha stimolato un’uscita su1-Civetta-nana_072l campo alla ricerca di qualche spunto fotografico. Il luogo scelto per questa passeggiata è stato il settore italiano della val Bregaglia (SO). Il panorama si presenta suggestivo con le fronde degli alberi imbiancati ed un improvviso gruppetto di piccoli passeriformi attira la mia attenzione e mi chiedo quale sia il motivo di tanta frenesia intorno a quella piccola “pigna” sull’albero. Il binocolo mi svela che la pigna non è altro che un Civetta nana (Glaucidium passerinum), il più piccolo rapace europeo! Bellissima osservazione e ottimo motivo per un post.

 

Civetta nana (Glaucidium passerinum)  

 

 

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Il suggestivo paesaggio imbiancato della Val Bregaglia (SO)

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Civetta nana (Glaucidium passerinum)

La civetta nana appartiene all’ordine dei Strigiformes, un gruppo di uccelli predatori dalle abitudini prevalentemente notturne o crepuscolari. In Europa, tra i rapaci notturni, è il Gufo reale a detenere la dimensione maggiore con i suoi 4 kg di peso e un’apertura alare di 2 metri, mentre la più piccola è la civetta nana che pesa circa 55-80 gr con un’apertura alare massima di 35 cm.

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Iconografia riguardante i rapaci notturni italiani.
Da sinistra in ordine di grandezza: Gufo reale, Allocco degli Urali, Allocco, Barbagianni,
Gufo di palude, Gufo comune, Civetta, Civetta capogrosso, Assiolo e Civetta nana.

Come detto precedentemente, la sistematica posiziona la civetta nana nell’ordine dei Strigiformi e nella Famiglia degli Strigidi. Il suo nome scientifico è Glaucidium passerinum. L’ornitologo Edgardo Moltoni, nel suo preziosissimo lavoro “L’Etimologia ed il significato dei nomi volgari degli uccelli italiani”, identifica Glaucidium come diminutivo della voce greca glaux che significa civetta mentre passerinum indica le dimensioni quasi simili a quelle del passero.

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La Civetta nana (Glaucidium passerinum) spesso ha l’abitudine di posarsi sulla cima degli alberi scrutando ciò che la circonda girando il capo e spesso scuotendo la coda. Le piume sul lato posteriore del capo disegnano un ”falso viso” che dovrebbe proteggerla dagli attacchi alle spalle.

 

 

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La civetta nana è una specie nordica strettamente legata all’ambiente della taiga con un’area di diffusione che parte dalla Norvegia e si estende sino alla Siberia orientale. Sulle catene montane (Giura, Alpi e Carpazi) è considerata un relitto glaciale. Questa specie non compie vere e proprie migrazioni ma alcune popolazioni più settentrionali compiono ciclicamente movimenti verso sud in anni poveri di prede.

Ambiente tipico della civetta nana sulle Alpi 

 

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Areale europeo della Civetta nana
da www.birdguides.com

In Italia la civetta nana è stazionaria e nidificante lungo l’arco alpino tra i 900 e i 2.000 m s.l.m. ma con una presenza frazionata e in alcune aree, specialmente quelle occidentali, è molto rara.

Questa specie sulle Alpi vive in preferenza in boschi umidi e piuttosto freddi di conifere o in quelli misti di conifere, pioppi e betulle. La nidificazione avviene in cavità naturali o più comunemente nei nidi scavati nei grossi alberi dal picchio rosso maggiore. Depone 3-5 uova bianche che cova per 28-29 giorni e i pulcini rimangono nel nido per 29-32 giorni, compiendo così una sola covata all'anno. L’aspettativa di vita della Civetta nana è di circa 7-9 anni

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Evidenziato in rosso l’areale italiano della civetta nana

La civetta nana caccia prevalentemente di notte, in estate, mentre per il restante periodo la sua attività inizia al crepuscolo. Si nutre di micro-mammiferi, piccoli uccelli, rettili e grossi insetti. Nonostante le sue piccole dimensioni, è una cacciatrice molto coraggiosa e dotata di grande agilità, molto abile e aggressiva che arriva a catturare prede più gradi di lei, come ad esempio il Picchio rosso maggiore. Questo piccolo rapace notturno ha l’abitudine di depositare le prede nelle cavità degli alberi come fossero una dispensa per i momenti difficili. 18-civetta nana_041

 

 

La civetta nana ha un volo battuto e planato,
silenzioso e ondeggiante.

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“Bioindicatore naturale” la civetta nana risente pesantemente dell’inquinamento atmosferico.

 

 

 

Conclusa la chiacchierata dedicata alla civetta nana, apro il capitolo riguardante l’atteggiamento dei piccoli passeriformi verso questo rapace. Su questo blog avevo già parlato di “mobbing1” (LINK) e in quell’occasione si era trattato di un gufo reale che era stato “mobbato” da un gruppo di cornacchie. Ecco il link del breve clip che avevo registrato a riguardo (LINK)

Nel caso odierno della civetta nana, le specie che hanno “mobbato” il potenziale pericolo sono state le cince, i rampichini e i regoli. Si può proprio quindi affermare che… ad ogni predatore la sua preda!

 

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Cincia alpestre e cincia dal ciuffo in “mobbing” verso la civetta nana.

Sin dai tempi antichi l’uomo ha notato questa particolarità ed ha, a suo modo, sfruttato questo comportamento per fini venatori. Presso il Museo Civico Archeologico "Eno Bellis" di Oderzo (TV) è esposto un frammento di mosaico di epoca tardoantica (fine III-inizi IV sec. d.C.) dove viene rappresentata “l’uccellagione con il vischio e la civetta”. Altro mosaico dove viene rappresentata la caccia con la civetta è visibile al Museo degli Argenti a Firenze. Queste raffigurazioni rappresentano un metodo di caccia in uso fino alla metà del secolo passato (tipo di caccia denominata “Con la pania” o “Vischio”). Si trattava di cospargere con la sostanza collosa ricavata dalle bacche del vischio tutti i posatoi posizionati nei pressi della civetta sulla gruccia. I malcapitati uccelli, attratti dal potenziale predatore, rimanevano appiccicati e dopo lunga sofferenza morivano. Un metodo cruento e ignobile ma purtroppo ancora in uso in alcuni paesi e da molti bracconieri.

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Uccellagione con la civetta sulla gruccia (sec. III d.C), Museo Civico Archeologico "Eno Bellis" di Oderzo (TV)

 

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Civetta e altri uccelli su un ramo di quercia, micro mosaico conservato presso il Museo degli argenti, Palazzo Pitti, Firenze.

 

Auguriamoci che questa pratica di caccia diventi ora solo un ricordo e che il “mobbing” resti un fenomeno da osservare con stupore in una natura libera e protetta.

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1Il termine mobbing è stato coniato agli inizi degli anni settanta dall’etologo Konrad Lorenz per descrivere un particolare comportamento di alcune specie animali che circondano, in gruppo, un proprio simile e lo assalgono rumorosamente per allontanarlo dal branco. In ornitologia, mobbing indica anche il comportamento di gruppi di uccelli nell’atto di respingere un rapace loro predatore.


Riferimenti bibliografici

L'etimologia ed il significato dei nomi volgari e scientifici degli uccelli italiani – Edgardo Moltoni – Milano 1946.

Brichetti P. & Fracasso G., 2006. Ornitologia Italiana. Vol. 3 - Alberto Perdisia editore, Bologna.

Ghidini L., Il libro dell’uccellatore, 1925, Editore Ulrico Hoepli

mercoledì 2 ottobre 2013

L’autunno in Val di Campo

La montagna con l’autunno porta con sé i caldi colori della vegetazione. Con questa sequenza d’immagini cercherò di descrivere la visita odierna in Val di Campo, un tipico paesaggio naturale della Svizzera, ben tenuto e ancora ricco di un suggestivo ambiente rurale.
Il paesaggio è arricchito da laghetti alpini dove si specchiano i boschi di conifere che in questo mese di ottobre offrono uno spettacolo autunnale dalle calde tonalità del giallo e dell’arancio. 
Le condizioni metereologiche inoltre durante la giornata qui trascorsa hanno condizionato in parte e suggestivamente la visione del paesaggio.

La Valle di Campo è una valle laterale della Val Poschiavo incuneata verso l’Italia e posta poco sotto il Passo del Bernina.


L’imbocco della Val di Campo è situato nei pressi di Sfazù (m 1622), piccola località sulla SS 29 la strada che conduce al Passo del Bernina, di cui non si può non notare sulla destra l’albergo che le dà il nome a questa località.
L’albergo di Sfazù (m1622) segna l’inizio della Valle di campo
Il nostro cammino inizia presso l’albergo Sfazù su una strada sterrata che si addentra subito in un bosco di conifere e, dopo una breve salita, la valle si apre mostrando alla vista un ambiente molto bello. La strada prosegue attraversando pascoli, baite, casolari e boschi di conifere che mostrano già i primi segni di quanto i colori saranno padroni all’inoltrare dell’autunno. Intorno si fanno spazio tra le nubi  alcune cime spruzzate di neve.





Sui prati ingialliti spicca il lilla del Colchico autunnale, bellissimo quanto velenosissimo fiore. La pianta nella sua interezza è alquanto velenosa per la presenza di alcaloidi particolarmente tossici concentrati in particolare nei bulbotuberi. Nonostante tutta la pianta sia molto velenosa (e non esista antidoto al suo veleno) in dosi molto modeste è un ottimo diuretico ed ha anche proprietà antireumatiche e antigottose, seppur lasciamo l’uso farmaceutico strettamente riservato ai medici.

Colchico autunnale Colchicum autunnale L.

Lasciati alle spalle i casolari di Salva e abbandonata la strada sterrata ci si incammina verso la località Terzana.

Un gruppo di mucche incuriosite del nostro passaggio.


Il fragore del fiume fa da colonna sonora alla tavolozza di colori.


L’ampia radura di Terzana.


Attraversato i prati di Terzana (m1861) si rientra nel bosco e si fanno nuovi incontri.


L’ Amanita muscaria. Questo fungo è tanto bello quanto è velenoso.



Nel sottobosco adagiati su un manto rosso sono ancora presenti i deliziosi mirtilli neri...
Mirtillo - Vaccinium myrtillus
…e il mirtillo rosso
Mirtillo rosso – Vaccinium vitis


Nonostante la stagione inoltrata troviamo i lamponi ancora dal gradevolissimo sapore.
Lampone - Rubus idæus


Un morbido tappeto di muschi e licheni avvolge i tronchi delle piante quasi a volerle proteggere dal freddo che a breve si impadronirà della zona.


I resti di una pigna di cembro svuotata di pinoli dalla Nocciolaia.


Incontreremo la Nocciolaia spesso durante la nostra visita in questa valle. Questo uccello in modo particolare ha un ruolo importante per la vita del bosco in quanto ha l’abitudine di nascondere i semi in sovrappiù per poi cibarsene durante il periodo invernale. 

Questa pratica di immagazzinamento però fa anche sì che alcuni dei semi depositati possano germogliare poi in primavera propagando nuovi alberi. Questo vale specialmente per il Pino cembro.

Nocciolaia Nucifraga caryocatactes
Il sentiero prosegue con un alternarsi di prati, boschi e specchi d’acqua…


…sentiero sempre ben segnalato

…e curiosamente indicato.

Il paesaggio è arricchito da manufatti ben inseriti nell’ambiente circostante.




La Val Poschiavo (Grigioni Italiano) non è sempre stata parte dell’attuale Svizzera. Durante l’epoca romana apparteneva all’XI Regio. Dopo il periodo carolingio passò dapprima al vescovo di Como e poi ai Visconti di Milano. Dopo vari tentativi il vescovo di Coira riuscì a sottrarla al Ducato milanese. Nel 1408 la valle entrò a far parte della Lega Caddea. Da quel giorno il suo futuro fu principalmente legato alla storia grigionese e quindi svizzera. La lingua madre della valle è ufficialmente l’italiano, che però non corrisponde in toto alla nostra lingua ma al dialetto poschiavino o “pus’ciavin”, un idioma semplice che ricorda un passato contadino e rurale che è stato adattato alla cultura attuale della valle. L’italiano è quindi usato soltanto nei momenti ufficiali, nelle scuole, in forma scritta e solo in piccola parte in forma orale.


L’idioma “pus’ciavin”
Il Lago di Saoseo (m2030) ci appare circondato da monti i cui riflessi giocano con il turchese del colore del lago. La limpidezza delle acque fa intravvedere sul fondale un letto di tronchi di conifere.



Nascosto dagli alberi dal colore dorato, laciamo il lago Saoseo per incamminarci verso il Lago di Val Viola.

Lago di Val Viola (m2160) è situato in una  grande conca naturale dove, data l’altitudine, il bosco lascia spazio alle praterie alpine.




A questa quota l’autunno si presenta nei suoi colori…

…e con i suoi abitanti
Cincia alpestre - Poecile montanus

Picchio muratore – Sitta europaea

Cincia dal ciuffo - Lophophanes cristatus
Infreddolito un coleottero gode gli ultimi tepori di sole.
Galeruca tanaceti L

Un ciuffo giallo di fiori lascia un timido ultimo saluto d’estate lascia

Lasciamo ora il Lago della Val Viola e ci incamminiamo per il ritorno attraverso un comodo sentiero che presto ci condurrà al Rifugio Alpe Campo (m2065).


Le nubi si addensano sempre di più accompagnandoci fino a fondovalle

Lungo la strada del ritorno incrociamo il Rifugio Saoseo (m1987), quindi nuovamente i prati, le baite e le mandrie che costellano la parte più bassa della valle.




Gli sprazzi di sole lasciano il posto alle nubi, il paesaggio si incupisce, la giornata volge al termine…





…mentre osserviamo una cavalletta che sta giungendo al termine della sua stagione di vita.

La cupa sagoma di un abete chiude definitivamente la giornata in Val di Campo.

Anche la mia inseparabile compagna di viaggio è stanca ma soddisfatta della bella giornata trascorsa.



Una stima dei tempi di percorrenza:

Sfazù > Terzana h0.40 T > Lago di Saoseo h1.00 E > Lago Val Viola h0.30 E > Rifugio Alpe Campo h0.20 E > Rifugio Saoseo h0.20 T > Sfazù h1.00 T
I Rifugi, per chi non se la sentisse di percorrere integralmente il sentiero, nei mesi estivi, sono raggiungili da Sfazù utilizzando il servizio di trasporto pubblico Autopostali.