giovedì 26 luglio 2012

La Val Cedèc: Gran Zebrù e Cevedale.

Come sapete, lo spirito di “libereali” è quello di apprezzare la natura nelle sue molteplici manifestazioni, è per questo motivo che oggi il blog ci porta in Alta Valtellina nel cuore del Parco Nazionale dello Stelvio precisamente in Val Cedèc* tra gli i più belli scenari alpini dove lo sguardo spazia dall’Ortles (3902 m), il Piccolo Zebrù (3735 m) al Gran Zebrù (o König-Spitze, 3851 m), mentre più a Sud-Est troviamo il Monte Cevedale (3768 m), il Monte Pasquale (m. 3553) e il Punta S.Matteo (m.3684).
A queste quote, il tempo di fioritura sembra scorrere più velocemente ed il freddo si presenta prematuramente.
Si possono scorgere su queste montagne camosci, stambecchi, marmotte, pernici bianche e lepri variabili. Questo è anche il luogo di antichi conflitti come “la guerra bianca” ancora oggi sono molto evidenti le tracce lasciate dal conflitto della prima guerra mondiale.

Adagiato sulla conca terminale della Valle del Cedèc, sorge il rifugio Pizzini- Fràttola (2706), nello stesso luogo nel 1887 fu eretta la “Capanna Cedèc” che venne distrutta durante la Grande Guerra. L’attuale rifugio fu ricostruito nel 1926 e dedicato alla memoria di Luigi E. Pizzini, alpinista milanese.

L’ambiente terminale della Val Cedèc è splendido e la prateria alpina in questo periodo è un “giardino fiorito”.

Linaria alpina Linaria alpina
Garofanino alpino Epilobium anagallidifolium
Cerastium uniflorum
Non ti scordar di me alpestre Myosotis alpestris
Impetuoso un ruscello trascina a valle
fini sedimenti glaciali.
Alzandoci di quota la prateria alpina lascia il posto
all’inospitale ambiente dei ghiaioni e rupi rocciose.
Androsacea dei ghiaccai Androsace alpina
Cariofillata delle pietraie Geum reptans
Ranuncolo dei ghiacci Ranunculus glacialis
Sassifraga brioide Saxifraga bryoides
Silene acaule Silene exscapa 
Il Cevedale e la Vedretta di Cedèc
Un “nevaio rosso” – Tutta colpa del Chlamydomonas nivalis che è una specie di organismo unicellulare (simile alle alghe) che per difendersi dai raggi UVA , presenti ad alta quota, si protegge grazie a questo carotenoide colorando la neve con tonalità dal rosa al rosso.

Lo splendido anfiteatro con la vetta del Gran Zebrù.
Gran Zebrù
Il Gran Zebrù e il Rifugio Casati (mt. 3269) posto sul Passo Cevedale. La costruzione del Rifugio Casati risale al 1922, in questo luogo durante la prima guerra mondiale vi erano posizionati dei baraccamenti austriaci. Il Passo Cevedale delimita i confini tra la Lombardia e il Trentino Alto Adige e Il Rifugio si trova in una posizione strategica di comunicazione tra le valli Valfurva, Solda e la Val Martello.

Lasciato il Passo Cevedale si attraversa un tratto di ghiacciaio del Cevedale…


…per raggiungere una balconata che permette una splendida veduta della Val Martello.

Il Cevedale e il suo ghiacciaio.


Gran Zebrù, Piccolo Zebrù e a destra l'Ortles.

Purtroppo, queste zone sono tristemente note anche per i fatti tragici della 1° guerra mondiale (1915-18), dove la regione dell'Ortles - Cevedale fu teatro di cruenti scontri fra le truppe italiane e quelle austriache. E’ difficile ad oggi immaginare le disumane condizioni di vita a cui i soldati, erano sottoposti nei combattimenti per la sopravvivenza a queste quote, dove oltre che con il nemico si lottava contro eventi climatici avversi.
A testimonianza di questi fatti si scorge ciò che resta di una preda bellica conquistata dagli austriaci composta da 3 cannoni italiani 149G.
Alla fine del conflitto come segno di pace 2 cannoni furono rovesciati.


Reticolati
Ancora oggi capita spesso di rinvenire schegge di bombe.
Una volta scesi a valle, notiamo una vigile Marmotta allertata dalla nostra presenza. 
mentre un Gipeto si posa su un pendio dopo aver avvistato del cibo.

*La Val Cedèc si raggiunge da Bormio, attraversando Santa Caterina Valfurva si svolta verso la Valle dei Forni fino al parcheggio presso il Rifugio Albergo Ghiacciaio dei Forni, quota 2178 metri.

sabato 21 luglio 2012

Fulmini e saette.

Con i temporali estivi avviene uno dei fenomeni fisici che ha affascinato da sempre l’uomo: i fulmini.
Vi propongo alcune immagini scattate ieri sera nel cielo di Varenna, la macchina fotografica riesce a catturare quello che per via della velocità, l’occhio umano non percepisce, una grande espressione di potenza.








lunedì 2 luglio 2012

Il Tritone alpestre

La natura è meravigliosa. Basta saper osservare e il mondo apre le porte a nuove scoperte!

Siamo nel parco Nazionale dello Stelvio a circa 2000 m di quota. Questo stagno un tempo apparteneva ad una area umida caratterizzata dal susseguirsi di pozze e ruscelli, circondato da una torbiera.



Pur essendo uno stagno dalle ridotte dimensioni ci troviamo di fronte ad un importante ed insostituibile ambiente naturale. Queste piccole aree umide sono gli ambienti ideali per la sopravvivenza di specie vegetali e animali legati alla presenza dell’acqua per compiere il proprio ciclo riproduttivo e non solo. Gli uccelli, ad esempio, hanno bisogno dell’acqua per dissetarsi e per tenere in ordine il piumaggio. La notte, lungo le sponde umide ricche di invertebrati, si instaura una vivace attività di micro mammiferi. Questo stagno è anche un luogo insostituibile per gli anfibi che sono i vertebrati tra i più minacciati a livello globale per la crescente riduzione di questi micro habitat. Ed è in questo lo stagno che vive il Tritone alpestre.


Un maschio di Tritone alpestre
Il Tritone alpestre, Mesotriton alpestris alpestris, è un anfibio dalle piccole dimensioni, riconoscibile per la colorazione scura del dorso contrastante con i colori ventrali aranciati molto intensi.



La distribuzione altitudinale di M. alpestris sulle Alpi è alquanto ampia, spingendosi normalmente a quote superiori ai 2000 m.
E’, tra le varie specie di tritoni, il più legato all’ambiente acquatico. Si riproduce solo dopo il disgelo e lo scioglimento della copertura nevosa (tra maggio e giugno). La femmina depone all’incirca da 100 a 300 uova che ancora singolarmente alla vegetazione sommersa. Dopo circa un mese, alla schiusa delle uova, nascono larve branchiate che in 4-5 mesi completano la metamorfosi. L’abbandono del sito riproduttivo ha luogo solitamente nel tardo autunno anche se alcuni individui di tritone alpestre possono trascorrere in acqua anche tutto l’inverno.
Il tritone alpestre è particolarmente minacciato dalla scomparsa degli habitat riproduttivi e dallo sconsiderato ripopolamento ittico con pesci predatori in tutte le raccolte d’acqua alpine, anche in quelle dove naturalmente nessun pesce sarebbe mai potuto, e dovuto, arrivare.

Una femmina di Tritone alpestre
 Nei dintorni dello stagno si avverte la vivacità del mondo animale.

Un giovane maschio di Crociere
Un Venturone alpino
Una femmina di Merlo dal collare con l’imbeccata da portare al nido
Un maschio di Merlo dal collare
Nei dintorni dello stagno una fioritura di bianchi 
Erioforo Eriophorum angustifolium si estendono nella torbiera.
Erioforo
Una Rosa canina