martedì 25 luglio 2023

Il Rondone comune cerca casa

Osservare gli uccelli con una certa continuità mi ha portato a vivere un'esperienza affascinante sulle abitudini del rondone comune (Apus apus), che considero uno degli uccelli più interessante e affascinante che popola i cieli delle nostre città e campagne. Questa particolare storia si svolge a Varenna, un piccolo paese situato sulle sponde del Lario.

Luglio. Un gruppo di rondoni comuni si esibisce in voli acrobatici
sopra le acque lariane.

Pur avendo già parlato su questo blog del rondone, per chi non avesse letto il post già pubblicato (LinkLink) riprendo in breve le caratteristiche di questo uccello.

Il rondone comune è un uccello di medie dimensioni appartenente alla famiglia degli Apodidae. Con un peso che oscilla tra i 30 e i 40 grammi e una lunghezza di circa 16 centimetri, ha una corporatura snella e allungata. La sua caratteristica più distintiva è l'aspetto a “falce” delle sue ali, che sono lunghe e affusolate e che consentono al rondone di raggiungere velocità elevate durante il volo. La colorazione del piumaggio è prevalentemente nera o bruno scuro, con una gola e una fronte bianche. In volo, il suo corpo appare quasi nero, ma se osservato da vicino, si possono notare dei piccoli ricami sul piumaggio. Questo uccello è un maestro del volo, capace di evoluzioni e manovre aeree sorprendenti ed audaci, volte a catturare insetti in volo. È il dominatore dei cieli in quanto la sua evoluzione lo ha portato a vivere in volo continuo senza mai posarsi, tranne che durante il periodo riproduttivo.

L’inconfondibile silhouette affusolata del rondone denota
il suo totale adattamento al volo.

Il rondone comune è una specie migratoria che si trova in gran parte dell'Europa e dell'Asia. Durante la stagione estiva, è possibile avvistarlo nelle regioni settentrionali dell'Europa e in alcune parti dell'Asia, dove nidifica in colonie di varie dimensioni. Al fine del periodo riproduttivo il rondone vaga negli spazi aerei fino alla stagione invernale in cui si trasferisce nell'Africa subsahariana, in cerca di cibo e clima più favorevole.


La nidificazione del rondone comune avviene principalmente nelle fessure degli edifici o sotto i coppi dei tetti. Non costruisce un vero nido ma accumula un insieme di pagliuzze raccolte in volo. Le colonie di rondoni comuni possono essere molto numerose, creando in volo affascinanti spettacoli chiamati “caroselli” ed è proprio da questo modo di volare in gruppo che ha preso il nome volgare di rondone, cioè “ronda-rotazione”.

Giugno. Un “carosello” di vocianti rondoni comuni danza nel cielo.

Le femmine generalmente depongono 2-3 uova che vengono incubate sia dal maschio che dalla femmina per circa 3-4 settimane. Una volta schiuse, i giovani rondoni vengono alimentati con una sorta di pallottola formata da insetti aerei.


Immagine gentilmente concessa da Giovanni Colombo scattata,
per uso scientifico, all’interno di una cavità utilizzata
per la nidificazione da una coppia di rondoni comuni.

Veniamo ora ai nostri rondoni comuni varennesi.

Le mie osservazioni decennali hanno stabilito la data di arrivo (ultima decade di aprile*) e la data di partenza, più interessante e precisa (dal 21 al 27 luglio).

Da un giorno all’altro, improvvisamente, i cieli si svuotano completamente dal pullulare e vociante volo di rondoni. Uno spettacolo della natura che si ripete ogni anno che però è messo sempre più in pericolo da una pesante minaccia che incombe su questi uccelli ed è legata alla perdita dell'habitat riproduttivo. Mi riferisco, alle ristrutturazioni moderne degli edifici e dei sottotetti che vengono “sigillati” impedendo a questi uccelli di trovare un luogo idoneo alla riproduzione.

Negli ultimi anni le ristrutturazioni per l’efficienza energetica hanno fatto sparire una moltitudine di siti riproduttivi e anche Varenna non è rimasta indenne da ciò. La recente ristrutturazione di un condominio e la conseguente sigillatura del sottotetto, in cui vi era la colonia più numerosa del paese, è stato un vero dramma. 


Varenna 22 aprile 2021. L’edificio ripreso in foto durante l’inverno ha sostituito la vecchia copertura, ricca di pertugi dove si era stabilita una grossa colonia di rondoni comuni. Ora la possibilità di nidificazione si è ridotta notevolmente…


…un vero dramma per i rondoni comuni appena arrivati
e pronti alla deposizione.

Anche la mia abitazione aveva un’esigenza di ristrutturazione per efficienza energetica ed è bastato poco ristrutturare il mio tetto mantenendo degli spazi anche per i rondoni e far realizzare delle nicchie apposite per loro. Ci tengo a precisare che le dimensioni di accesso sono tali da impedire l’entrata ad altri sgradevoli volatili (“i piccioni domestici”).

Le nicchie realizzate nell’inverno 2021-22 sono state dapprima visitate dai rondoni giovani (non ancora riproduttivi) nati l’anno precedente, i quali hanno visitato i vari luoghi idonei per l’anno successivo da utilizzare per la nidificazione.  E così è stato!

Nel 2023 alcune coppie hanno occupato le nicchie con mia grande soddisfazione e mi hanno regalato uno spettacolo quotidiano gratuito di acrobazie aeree casalinghe.

Varenna, aprile 2022. Nonostante il mio impegno nel fornire nuove camere nido sulla mia abitazione, opportunamente dotate di richiami acustici e sagome di rondoni, gli adulti di questa specie sembrano restare fedeli al loro storico luogo di nidificazione. Questo comportamento dimostra quanto siano profondamente legati al loro ambiente di origine.

Nel mese di giugno 2022, con l'arrivo dei giovani nati l'anno precedente noti come "sfioratori", le visite alle camere nido si sono intensificate. È stato uno spettacolo osservali nella loro contesa per conquistare il posto migliore.


Con precauzione un individuo controlla la nicchia…

Con coraggio si ispeziona la futura camera nido…


…è piaciuta e ora la si difende da altri eventuali occupanti.


martedì 15 febbraio 2022

Un Astore in ammollo

Certamente i non più giovani si ricorderanno del “Carosello, il teatrino pubblicitario serale andato in onda dal 1957 al 1° gennaio 1977 sulla Rete Nazionale (poi Rai1) che consisteva in una serie di filmati e scenette comiche con lo scopo di promuovere prodotti commerciali. In uno di questi sketch per la promozione di un detersivo, un “uomo in ammollo*” veniva immerso, completamente vestito, in una grande vasca di vetro dalla quale emergeva solo la sua testa.

Sarà stato il ricordo della mia giovinezza ma quando mi sono trovato difronte ad un Astore Accipiter gentilis, un uccello rapace di medie dimensioni, immerso nelle acque del fiume Adda mi è venuto in mente proprio questa pubblicità.

Di seguito alcuni scatti documentativi di questo uccello in acqua. La scena è durata davvero pochi secondi.
Un gran vociare di cornacchie ed in pochi attimi si forma un folto concentramento di centinaia di questi uccelli provenienti da ogni direzione. Temono sicuramente un predatore in zona ma in cielo non si vede nulla di pericoloso.


Ed ecco la sorpresa! In acqua vedo un immaturo di Astore. In un primo momento ho pensato ad un incidente di caccia a seguito del quale l’esemplare è finito in mezzo al fiume. Non nascondo la mia preoccupazione per la sua condizione; l’uccello galleggia utilizzando le ali come fossero un salvagente. Ma è apparentemente tranquillo e si fa trasportare dalla corrente del fiume…

… è molto attento alle cornacchie che lo sovrastano
e ne controlla i movimenti.

L’Astore tenta di togliersi dalla situazione imbarazzante e svela il motivo della permanenza in acqua: tra gli artigli ha la preda e si tratta proprio di una cornacchia.

Di seguito la sequenza d’immagini dell’avventura di questo
“Astore in ammollo”


L’Astore Accipiter gentilis è un uccello predatore di medie dimensioni dalla lunghezza corporea di circa 46–62 cm. L'apertura alare va dagli 96 ai 115 cm. Il maschio, come in altre specie di uccelli predatori, è più piccolo della femmina. Le ali sono relativamente corte, ampie e arrotondate, la coda è piuttosto lunga, caratteristiche tipiche dei predatori di ambienti boscati, che gli permettono una grande velocità in volo ma anche una buona mobilità in uno spazio ristretto.

Gli adulti sono di colore grigio ardesia: nella parte superiore è di un bianco perla con una netta barratura scura nella parte sotto. Colori simili tra i sessi, ma come detto, il maschio è di notevole misura inferiore rispetto alla femmina.

I giovani, come l’individuo di questa avventura “acquatica”, sono di colore beige con gocciolature verticali nella parte inferiore e l'iride degli occhi di color giallo chiaro, che con l'età va dall'arancione fino al rosso ciliegia. Uccello aggressivo e agile che utilizza molte tecniche di caccia per catturare uccelli e mammiferi di media e grande taglia. L’Astore trascorre diverso tempo su posatoi nascosti ad individuare la preda. L’attacco avviene avvicinandosi direttamente alla preda con un rapido volo a stretto contatto con il terreno o dall’alto con in volteggio nel cielo. La cattura avviene sul terreno e sugli alberi o in volo. Gli individui adulti e più esperti si avvicinano alla preda indirettamente prendendo vantaggio nascondendosi dietro ripari e l’80% degli attacchi hanno un esito positivo. Come tutti i predatori, anche gli Astori preferiscono le prede facili come i piccioni e sono determinanti per l’equilibrio ambientale nella selezione delle varie specie e per il controllo di alcune di queste particolarmente invasive come i corvidi.

L’Astore è poco comune ed è distribuito in tutta Europa in aree ricche di foreste, ma resta difficilmente osservabile in quanto è abbastanza riservato.

Una curiosità: la casualità ha voluto che esattamente 10 anni fa su questo blog io avessi descritto l’incontro casuale con un Astore LINK iniziando la bella avventura di questo blog. Oggi, 10 anni dopo, vivo un altro incontro con un altro Astore. Quale miglior motivo per festeggiare i 10 anni di Libereali!

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*Franco Cerri (Milano, 29 gennaio 1926 – Milano, 18 ottobre 2021) è stato un chitarrista e docente italiano, considerato tra i più grandi e autorevoli chitarristi italiani nel campo del jazz. Divenne famoso anche per la pubblicità dell’uomo in ammollo che reclamizzava il detersivo Bio presto.


Bibliografia
Clark W., Guida ai rapaci d’Europa. Muzio Editore, 2010

domenica 30 gennaio 2022

Il pettirosso, un curioso e simpatico uccello frequentatore dei nostri giardini

Il pettirosso, abituale frequentatore delle aree urbane di parchi e giardini, è tra gli uccelli urbani il più famigliare e conosciuto anche tra coloro che non sono particolarmente interessati all’ornitologia. Personalmente è tra i miei uccelli preferiti e non a caso la sua immagine è riportata nell’intestazione di questo blog.

Il suo rapporto con l’uomo è tuttavia molto discordante e secondo molte tradizioni popolari “è amato o massacrato”.
Quindi con questa chiacchierata cercherò di svelare alcuni segreti di questo simpatico volatile.
Il Pettirosso (Erithacus rubecula) è un uccello particolarmente curioso e
poco timoroso anche nei confronti dell’uomo. Febbraio, provincia di Lecco
Uccello dal portamento caratteristico e dalla silhouette a volte paffuta o a volte asciutta a seconda del rigonfiamento del piumaggio. Quando posato, sta eretto sulle zampe relativamente lunghe e sottili, con petto sporgente, ali leggermente abbassate e la coda un po' sollevata. Spesso si trova nel folto della vegetazione ma la sua indole curiosa lo porta ad utilizzare qualsiasi tipo di posatoio scoperto (di solito poco elevato) da cui spesso si lancia al suolo e muovendosi così a terra con rapidi saltelli per poi prendere il volo con agilità e rapidità raggiungendo di nuovo il folto della vegetazione.
Un Pettirosso con la sua classica forma paffuta…
…e in silhouette asciutta

Il Pettirosso (Erithacus rubecula) appartiene all’ordine dei Passeriformi. Fino a pochi anni fa era inserito nella famiglia dei Turdidi ma con le nuove revisioni sistematiche è stato trasferito nella famiglia dei Muscicapidi. È l'unica specie nota del genere Erithacus. L’ornitologo Moltoni nel suo trattato di etimologia e significato dei nomi degli uccelli sostiene che il nome del genere Erithacus derivi dal nome greco di Erithakos dato da Aristotele a questo uccello. Mentre il nome della specie rubecula derivi da piccolo (uccello) rosso ruber=rosso.

Il vistoso petto del Pettirosso tradisce la sua presenza
 anche quando parzialmente nascosto dalla vegetazione
Più volte mi sono chiesto perché sia stato chiamato pettirosso quando in realtà il colore del petto è arancione. Credevo che la ragione derivasse dalla consueta mancanza di fantasia tipica della nostra lingua nel dare i nomi comuni. Ma in questo caso in tutte le lingue europee compare sempre il termine “rosso”.

Spagnolo: petirrojo (rojo=rosso)
Greco: κοκκινολαίμης (κόκκινος=rosso)
Francese: rouge-gorge (rouge=rosso)
Olandese: roodborstje (rood=rosso)
Tedesco: rotkelchen (rot=rosso)
Finlandese: punarinta (punainen=rosso)
Inglese: oggi “robin” ma in passato “robin redbreast” (petto rosso)

Qual è quindi il motivo?In un interessante articolo apparso sul sito del Parco del Monviso viene fornita una spiegazione a questa questione.

Sembra che il colore arancione in Europa fosse poco noto e non distinto chiaramente dal rosso, almeno fino al XVI secolo. Solo con l’importazione prima (XIV secolo in Portogallo) e la coltivazione dell’Arancio nel continente poi, l’arancione venne riconosciuto e distinto come colore a sé stante. Lo stesso termine “arancione” deriva etimologicamente proprio dall’arancia, frutto di origine asiatica fino ad allora quasi del tutto sconosciuto agli europei.

Un Pettirosso mette in mostra il suo petto aranciato.
Settembre provincia di Como
Il pettirosso non ha distinzione di sesso e maschio e femmina sono pressoché identici. Questo denota che l’appariscente petto di color arancione non abbia alcuna ragione legata al corteggiamento (come invece capita in altre specie dove i colori sgargianti dei maschi in primavera servono a questo scopo).

In realtà l'unico motivo del tipico colore del petto nel pettirosso è la difesa del territorio. La macchia rossa innesca un forte comportamento territoriale per cui i pettirossi attaccano con foga gli altri conspecifici se oltrepassano i “confini territoriali” (al contrario sono molto tolleranti con altre specie di uccelli).

Solitario e in continuo movimento, il pettirosso dimostra la sua indole aggressiva verso i propri simili di cui non ama la vicinanza. In primavera arriva ad ingaggiare lotte sanguinose con i rivali nel corteggiamento delle femmine. Questa specie è tra le poche che occupa un territorio sia nelle aree riproduttive sia in quelle di svernamento. Durante il periodo riproduttivo, il territorio è difeso dalla coppia mentre quello invernale è difeso da ogni singolo individuo. I confini della zona sono fluidi e cambiano frequentemente al variare delle circostanze e dalle disponibilità alimentari. Il possesso di un buon territorio è una chiave per la sopravvivenza. Questo fornisce ad ogni pettirosso scorte alimentari esclusive tutto l'anno.
Il rigido clima invernale può avere gravi ripercussioni sui pettirossi. Un uccello può consumare fino al 10% del suo peso corporeo durante una fredda notte e se non è in grado di nutrirsi bene ogni giorno per ricostituire le sue riserve di grasso, un'ondata di freddo prolungata può diventare fatale. Per questo motivo un Pettirosso incapace di proteggere il proprio territorio è destinato a morire di fame.
Nel periodo invernale il Pettirosso è molto attivo. Oltre che a cercare il cibo,
è impegnato nella difesa del territorio utilizzando anche il canto. Per questo motivo è uno dei pochi uccelli che canta anche d’inverno.
Dicembre, provincia di Sondrio

Per la difesa territoriale i pettirossi utilizzano il canto in quasi ogni periodo dell'anno. Cantano da un posatoio sia al coperto della vegetazione sia allo scoperto. Il canto che è prodotto da entrambi i sessi.

Oltre al canto sono frequenti le vocalizzazioni: la più comune è un secco "tic" usato spesso in situazioni di allarme (verso un predatore terrestre) e che a seconda del grado di eccitazione può dar luogo a serie più o meno lunghe.
Invece il verso di contatto è simile ad un "tsib" mentre durante i voli di migrazione notturna un acuto "tziiu".

Nelle aree urbane spesso i pettirossi (e non solo loro) cantano anche di notte. Questo fenomeno era stato attribuito all'effetto dell'inquinamento luminoso ambientale. Recenti studi hanno evidenziato che questo rumore ambientale interferisce con la propagazione dei segnali acustici lanciati attraverso l'ambiente. L'urbanizzazione e lo sviluppo di reti di trasporto trafficate hanno portato ad un drammatico aumento dei livelli di rumore ambientale con cui devono competere le comunicazioni acustiche degli animali. È dimostrato che i pettirossi urbani, uccelli altamente territoriali, utilizzano il canto notturno in difesa territoriale in quelle aree che sono più rumorose durante il giorno.
In bella mostra un Pettirosso canta a difesa della sua area.
Maggio, provincia di Lecco
Il suo habitat naturale è quello dei boschi di conifere ma è spesso presente anche in giardini, siepi, boschetti, boschi con sottobosco. Può adattarsi però anche a zone molto antropizzate, questo accade di solito durante l’inverno, quando la necessità di trovare cibo è più consistente.

Nel periodo autunnale ed invernale, il Pettirosso è uno tra i
più assidui frequentatori delle mangiatoie nei birdgarden

L’ambiente utilizzato durante la nidificazione è quello forestale ricco di substrati relativamente umidi e di sottobosco anche a quote elevate. Nel resto dell’anno utilizza ogni tipo di habitat purché fornito di un minimo di copertura arboreo-arbustiva, compresi ambienti agricoli e quelli urbanizzati come parchi e giardini.

Una coppia di Pettirossi con i pulcini nel nido.
Litografia di John Gould - The Birds of  Europe. 1873.

La stagione riproduttiva inizia a marzo e in genere le covate sono due o tre all’anno. Il nido è costruito dalla femmina: ha una forma di coppa voluminosa composta da foglie morte, erba e muschio, rivestita da radici sottili, peli e raramente da piume. Spesso viene costruito in nicchie nel terreno. La deposizione è di 5-7 uova incubate per 14 giorni. I nidiacei stanno nel nido per circa 15 giorni e sono accuditi da entrambi i genitori. La cura dei pulcini involati è affidata al maschio mentre la femmina si prepara per la nidificazione successiva. I pettirossi giovani mancano del petto rosso ma sono macchiati di marrone. In media questi uccelli vivono dai 3 ai 4 anni ma alcuni raggiungono un'età piuttosto avanzata. Il più antico individuo selvatico conosciuto aveva 17 anni e 3 mesi (fonte Euring).

La mortalità è alta e le cause sono varie. Solo il 40% dei pettirossi sopravvive da un anno all'altro. Tuttavia questi alti livelli di decessi sono compensati da un'elevata riproduttività.

Giovane di Pettirosso. Luglio, Russia.
Fonte iNaturalist, Autore Nikolaj Gnezdilov.  Licenza (CC BY)

L’areale di diffusione del pettirosso spazia da tutta Europa fino al Circolo Polare Artico e dall’Atlantico agli Urali. Questa specie è parzialmente migratrice o migratrice a corto raggio. Esistono popolazioni scandinave, baltiche e dell’Europa orientale che migrano nella stagione fredda mentre i Pettirossi delle Isole britanniche, del Centro e del Sud Europa tendono ad una maggiore stanzialità o al massimo compiono movimenti migratori brevi. Le aree di svernamento interessano le parti meridionali e sud-occidentali dell'areale riproduttivo, estendendosi in parte anche più a sud, concentrandosi soprattutto attorno al Mediterraneo ma non superando il Nord Africa e il Vicino Oriente. Il pettirosso è un migratore notturno con movimenti giornalieri massimi di circa 100 km.

Mappa di distribuzione geografica ed habitat del pettirosso.
(Crediti in bibliografia)

Grazie agli studi di inanellamento è stata documentata la fedeltà interannuale ai siti sia di nidificazione che di svernamento. In pratica il Pettirosso che osserviamo in giardino potrebbe essere lo stesso dell’anno precedente.
Pettirossi inanellati all’estero e ricatturati in Italia (n = 711)

Il regime alimentare durante il periodo riproduttivo è basato prevalentemente su Artropodi (Insetti, Molluschi, Anellidi ecc.) a partire dalla tarda estate e fino alla conclusione dell'inverno e in larga parte è anche vegetariano (bacche e frutta).
Durante il periodo autunnale e invernale il Pettirosso integra la dieta con vegetali, in questo caso, con le bacche del Sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia). Ottobre, provincia di Como

L’immagine del Pettirosso è stata spesso utilizzata nei biglietti augurali. Furono gli inglesi, già nel diciannovesimo secolo i primi a decorate con immagini di Pettirossi le cartoline natalizie che ben presto si diffusero anche nel resto d’Europa.
Il pettirosso nei biglietti di auguri

Nessun altro uccello ha forse avuto così tanta influenza sulla cultura britannica come questo uccello. Il pettirosso è infatti presente nel folklore britannico in diverse favole e poesie tanto da aggiudicarsi negli anni 60 il titolo di “National Bird” attraverso un referendum popolare organizzato dalla Royal Society for the Protection of Birds. Sono stati ben 224mila i britannici che hanno espresso il proprio parere sul volatile che avrebbe dovuto rappresentare il loro Paese.

 

Al contrario, in Italia, il rapporto con questo simpatico e confidente uccello è di tutt’altro tenore. Il Savi sul suo trattato di ornitologia del 1827 così scriveva: “E’ naturale che un uccello tanto poco pauroso e dotato di tanta curiosità, si debba prendere facilmente. Di fatto un immenso numero sempre se ne trova ne’ mercati per tutto il tempo che stanno da noi a svernare. La Ragnaja1, gli Archetti,  le Gabbiuzze, le Stiacce2, la Gaggia3, ne uccidono molti; ma la caccia con cui se ne prende una grandissima quantità (imperochè in un giorno, un sol cacciatore è arrivato a prenderne fino a centocinquanta e duecento), è quello della Civetta, e Panioni4

Il pettirosso, insieme ad altri uccelli “insettivori”, fu inserito come “utile all’agricoltura” nella vecchia suddivisione antropica della fauna tra – utili e nocivi - e protetto dalla legge italiana fin dagli anni 40 del secolo passato. Da allora catturare i pettirossi è un atto di bracconaggio e sanzionato dalla legge.
Il Pettirosso nelle zone lariane era e, forse lo è ancora ma in misura più contenuta, una delle principali specie vittime del bracconaggio. Tra i vari attrezzi usati, il più diffuso era “l’archetto”. Di queste trappole ne erano disseminati i boschi. La tecnica, molto semplice ma micidiale, era costituita da un arco in legno teso da una cordicella che ad una estremità aveva un piccolo bastoncino “posatoio” che teneva allentata un’asola della cordicella stessa. Il povero malcapitato che si posava faceva cadere il bastoncino e l’asola e la corda si tendevano imprigionando e spezzando le zampe del povero uccello il quale rimaneva appeso per i tendini e dopo una lunga agonia moriva. Inutile commentare tanta crudeltà

Purtroppo però, come detto, il bracconaggio non è un fatto esclusivo del passato. Ad oggi si continua questa incivile attività per garantire una delle ricette gastronomiche del Nord Italia: la “polenta con osei” ovvero “polenta con uccelli”.

450 Pettirossi sequestrati dai Carabinieri Forestali attivi
 a Brescia grazie alle segnalazioni dei volontari del 
CABS
 

La terribile strage dei pettirossi: uccisi 175 esemplari.
Bracconieri nei guai  LINK

Potremmo definire il pettirosso con il suo carattere vivace e il canto melodioso che rallegra le fredde giornate invernali il simbolo della vita che sopravvive anche al freddo.

Terminiamo quindi con i versi commoventi che la poetessa americana Emily Dickinson dedica al pettirosso, augurando a questo simpatico uccello un futuro sereno.
Se io potrò impedire
a un cuore di spezzarsi
non avrò vissuto invano.
Se allevierò il dolore di una vita
o aiuterò un pettirosso caduto
a rientrare nel nido
non avrò vissuto invano.



1) Ragnaja - Bosco dove si tendono le reti “ragne”, sistema di cattura antecedente al roccolo (appostamento fisso di uccellagione con reti verticali, con pergolato a forma di semicerchio o ferro di cavallo: è generalmente impiantato su montagne, valichi e zone collinari).

2) Stiaccia – Pietre a scatto - Trappola rustica, costruita con un legnetto verticale che sorregge una pietra. Stiaccia è così denominata perché viene caricata mediante un peso (una grossa pietra) e quando la selvaggina entra nella trappola viene schiaccia.

3) Gaggia – Una gabbia posta in cima ad un palo con all’interno un pettirosso vivo come richiamo. Intorno al palo ci sono dei posatoi spalmati di vischio (sostanza molle e vischiosa, ottenuta dalla cottura delle bacche e delle foglie del vischio) dove i malcapitati restavano appiccicati.

4) I panioni sono dei bastoncini detti paniuzze o panioni spalmati di vischio che servivano per la cattura di uccelli di piccole dimensioni.

5) R.D. 5 giugno 1939, n. 1016. Approvazione del testo unico delle norme per la protezione della selvaggina e per l'esercizio della caccia.
LINK


Bibliografia

Brichetti P., Fracasso G., Ornitologia Italiana Vol 5. Perdisia editore. Bologna 2008
Ghidini L., L’uccellatore. Hoepli Milano, 1825
Harrison C., Nidi, uova e nidiacei degli uccelli d’Europa. Muzzio Editore. 1988
Moltoni E., L’etimologia ed il significato dei nomi volgari e scientifici degli uccelli italiani. Milano 1946
Savi P., Ornitologia Toscana. Milano 1827
Spina F., Volponi S., Atlante della migrazione degli uccelli in Italia. ISPRA 2008

Dal Web
Mappa della distribuzione del Pettirosso: By Verbreitungskarte_des_Rotkehlchens.png: mario The original uploader was Devil m25 at German Wikipedia derivative work: Chuunen Baka (Verbreitungskarte_des_Rotkehlchens.png) [CC BY-SA 2.0 de)], via Wikimedia Commons

https://www.parcomonviso.eu/

Il rumore diurno predice il canto notturno nei pettirossi urbani: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2390663/

https://www.greenme.it/informarsi/animali/strage-pettirossi-polenta-osei/

domenica 21 marzo 2021

Il biancone lariano

Sono trascorsi nove anni da quando pubblicai su questo blog un articolo riguardante il Biancone e la sua migrazione. In questo lasso di tempo la fenologia di questo uccello da preda ha subito una sostanziale modifica nelle provincie di Lecco e Como. Se un decennio fa questa specie era considerata rara o addirittura accidentale, oggi questo uccello è un visitatore regolare e in alcune località è anche nidificante.
Sebbene non sia chiaro a cosa sia dovuta questa rapida colonizzazione dei territori del nord, è evidente che le opportunità di scrutare qualche esemplare sono aumentate.
E poiché mi piace stare con il naso all’insù a guardare il cielo, vi racconto cosa mi è accaduto domenica 21 marzo. Per caso, appunto, mi è capitato di scorgere sulle assolate pareti rocciose sovrastanti Varenna due esemplari, intenti alla caccia.

Un biancone (Circaetus gallicus) da una quota elevata immobile nel cielo mentre compie il cosiddetto volo a "Spirito Santo" durante il quale si mantiene totalmente fermo in aria con piccoli battiti delle ali, tenendo la coda aperta a ventaglio e sfruttando il vento per mantenersi stabile. Osserva con la sua straordinaria vista il terreno alla ricerca di rettili, la sua principale fonte di sostentamento. Marzo, Varenna (LC).


Il Biancone, nome dovuto alla colorazione chiara del piumaggio nelle parti inferiori del corpo, è un rapace dalle dimensioni medio grandi. Con apertura alare di 1770-1900 mm è decisamente superiore alla comune poiana e la sua struttura è più simile alle aquile.


Poiana (Buteo buteo), marzo Varenna.

Il Biancone in Italia è una specie migratrice e nidificante estiva, segnalata principalmente sugli Appennini. Nel corso degli ultimi anni la fenologia di questo uccello si è man mano modificata spostando la sua presenza sempre più a nord. In provincia di Lecco nel 2006 era ancora considerato come presente irregolare con poche osservazioni. Nel corso degli anni si sono susseguite una serie di osservazioni nel periodo riproduttivo tanto da indicarlo come probabile nidificante. Ciò è stato confermato quando nel 2020 sui monti di Dervio è stato accertato il successo riproduttivo e il relativo involo del pulcino.

Settembre 2020, monti di Dervio (LC). Una delle prime coppie che si confermano come nidificanti certi per la provincia di Lecco. Il successo riproduttivo è confermato dall’involo del giovane che fino a tarda estate è ancora in compagnia dei genitori. Questi sono gli ultimi giorni della permanenza di questi uccelli in terra lariana prima di partire per il lungo viaggio migratorio verso l’Africa.

Il Biancone costruisce il nido prevalentemente su alberi, molto raramente su roccia, e a volte lo stesso nido viene rioccupato negli anni successivi. La deposizione è composta da un singolo uovo che viene incubato per 45-47 giorni. Il piccolo si invola dopo 70-75 giorni, periodo questo che vede molto impegnata la coppia nel recuperare cibo. Il fabbisogno alimentare giornaliero della coppia con il pulcino si aggira attorno agli otto rettili e solo dei genitori abili cacciatori riescono a portare a termine questa impresa.


La dieta del biancone è costituita principalmente da rettili. In questa immagine vediamo un bel esemplare di Colubro di Esculapio o Saettone (Zamenis longissimus). La cattura di rettili di queste dimensioni è problematica anche per un uccello così specializzato e non è raro che in fase di cattura il biancone rimanga avvinghiato dal rettile. Questo tipo di guaio capita ai giovani poco esperti, difficilmente un adulto evita di trovarsi in questa situazione pericolosa.

La dieta del Biancone è composta prevalentemente da rettili e non a caso viene chiamato anche “Aquila dei serpenti”. Implacabile cacciatore, con la sua strepitosa vista li coglie di sorpresa, anche se infrattati nelle sterpaglie. L’abilità non consiste solo nel trovare questi rettili. Una volta piombato sulla preda, deve fare i conti con il serpente che vende cara la sua pelle e il biancone deve stare ben attento a non farsi avvinghiare.
Vi propongo questo video dove un serpente sta avendo la meglio su un biancone. Entrambi verranno messi in salvo dall’intervento dell’uomo. Non fate il tifo per l’uccello, la vita in natura è così: ci vuole poco per passare da predatore a preda.

La migrazione del biancone è molto particolare. Al contrario degli altri uccelli, attraversare tratti di mare proprio non gli piace! Per questo motivo compie una migrazione circolare. In pratica i bianconi italiani arrivano dallo stretto di Gibilterra e attraversano la Spagna, la Francia e l’Italia fino alla località designata. Collo di bottiglia sono le alture di Genova, da qui transitano la maggior parte dei Bianconi italiani.
Di questo ne ho già parlato su questo blog (LINK).


Ora sappiamo che se diamo uno sguardo in cielo, oltre alle tradizionali specie locali possiamo avvistarne una nuova e mentre il sole non è ancora tramontato e la luna fa capolino sul profilo della montagna, da qui i nostri bianconi sorvegliano con attenzione tutto ciò che striscia per terra.



Bibliografia

 AA.VV., Annuario CROS Varenna, anni 2006-2019

Brichetti P. & Fracasso G., 2003 Vol. 1, Ornitologia Italiana. Alberto Perdisia Editore, Bologna.

sabato 20 marzo 2021

Equinozio di primavera 2021

Oggi 20 marzo 2021 alle ore 09:37 è iniziata la primavera astronomica.

Il ricordo mi porta alla primavera 2020 (link) quando eravamo immersi in piena pandemia da Covid19 e il post che scrissi allora terminava con un messaggio augurale: “Presto tutto sarà un brutto ricordo e potremo ritornare a godere delle bellezze che la natura ci offre...”. Quel “presto” ora stride con quanto poi in effetti è successo. Mai ci saremmo immaginati che dopo un anno saremmo stati ancora in condizioni così complicate e con un totale di 2.680.469 morti a livello mondiale (rilevazione del 19 marzo, fonte ministero della salute LINK).

Oggi però possiamo essere fiduciosi nel futuro grazie all’aiuto della scienza che, con i vaccini, ci fornisce di un importante antidoto a questa malattia. Ora il pensiero corre a chi non ce l’ha fatta. Anche se la morte è una parte naturale della vita stessa, la perdita di una persona è sempre un evento drammatico.



sabato 27 febbraio 2021

Il rampichino. Il piccolo uccello che diede il nome ad una bicicletta

Nonostante sia ancora inverno, con l’aiuto del tiepido sole di febbraio, la natura si sta risvegliando. Passeggiando nei boschi tutto pare ancora assopito. Le piante sono prive di foglie e non sono ancora spuntati i primi fiori. Ma gli uccelli, con i loro timidi canti, ci avvertono dell’imminente arrivo della primavera.
Tra questi annunciatori di tempi migliori, ve n’è uno dal lieve canto ai più non conosciuto, dall’aspetto mimetico e dal comportamento elusivo. Si tratta del rampichino, un minuscolo uccello che ha reso famosa una bicicletta.

Rampichino comune, febbraio, provincia di Lecco.


Se oggi dovessimo fare un’indagine popolare ponendo la precisa domanda:

“A cosa pensi se dico rampichino?”
Sono certo che la quasi totalità degli interrogati risponderebbe:

“Una bicicletta da fuoristrada!”

Certo, nulla in contrario. Ma vi assicuro che se questa domanda fosse stata posta nel 1985, la risposta sarebbe stata ben diversa. Infatti, il punto di svolta sta proprio quando la prestigiosa rivista Airone della Mondadori nel marzo 1985 in copertina esce con il titolo “Rampichino, la più bella bici da montagna”.


L’articolo annuncia la nascita della prima mountain bike italiana, lanciando così una nuova era nel mondo delle biciclette. La ditta produttrice è la Cinelli, che inizia con la produzione di mille pezzi e la rivista Airone ne fa promozione con un lungo e articolato servizio con tanto di foto di questa allora “strana” bicicletta dal colore verde militare.


Ma da dove trae ispirazione il titolo fantasioso di Airone del 1985, che tanto influenzerà la lingua italiana attribuendo un nuovo significato alla parola rampichino? Proprio dal Rampichino comune! Onorando quindi lo spirito di questo blog, che è quello di cercare di diffondere ai non addetti ai lavori alcune note e curiosità sulla natura che ci circonda, parliamo ora di questo piccolo uccello.

Il rampichino comune (Certhia brachydactyla), è una specie tipicamente sedentaria che ama frequentare i boschi, dove si arrampica su tronchi e rami. Uccello dalle piccole dimensioni ha un aspetto mimetico e difficilmente osservabile. Il nome volgare rampichino è dato dal suo comportamento di arrampicatore sugli alberi con movimenti dal basso all’alto. Riporto integralmente un brano tratto dal volume Ornitologia Toscana di Paolo Savi1 (1857), che è una curiosità oltre che scientifica anche letteraria dell’epoca:“Le Certhie2 si servono delle penne rigide e forti della coda come un puntello, quando s’arrampicano sulla scorza degli alberi per cercare i Ragni, Afidi, piccoli Coleotteri, ed altri insettini che sono il loro cibo. Tenendo la coda piegata e appoggiata con forza contro la scorza su cui camminano, e puntandola così contro le scabrosità di questa, sostengono il peso del loro corpo, di modo che allora con le zampe allatro non debbano fare che reggersi per non cadere addietro, e progredire nel loro cammino. Ma a questo oggetto, come facilmente si comprende, serve la coda solo quando l’animale vuole andare dal basso all’alto, ed è perciò che le Certhie non camminano sulle scorze che in questa direzione, e quando una volta son giunte alla cima dell’albero, in vece di calare aggrappandosi, come ne sono salite, prendono il volo, e tornano alla base di quello, o d’un altro.


Un rampichino comune si arrampica sul tronco degli alberi alla ricerca d’insetti.


Il comportamento di volo del rampichino in un disegno pubblicato sulla rivista Airone del marzo 1985.

Il rampichino appartiene all’ordine dei Passeriformi e alla famiglia dei Certidi. Quest’ultima è rappresentata a livello mondiale da otto specie, di cui solo due sono europee: il rampichino comune (Certhia brachydactyla) e il rampichino alpestre (Certhia familiaris).

Mappa di distribuzione del Rampichino comune

Di Jimfbleak di Wikipedia in inglese, CC BY-SA 3.0,
 https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=8277346


Se chiara è l’origine del nome volgare rampichino, più imprecisa invece è l’etimologia del nome scientifico del genere Certhia=kerthios di origine greca, nome col quale Aristotele cita un non meglio identificato uccello abitante dei boschi. Il nome specifico del Rampichino comune brachydactyla deriva dall'unione delle parole greche brachys-brachus=corto e dactylos-daktulos=dito, dal significato "dalle dita corte”, per via delle unghie più corte rispetto al rampichino alpestre.

Il nome volgare dell’altra specie europea, il Rampichino alpestre Certhia familiaris, è dato dalla sua tipica area di diffusione a quote più elevate rispetto al suo congenere.

Rampichino alpestre, provincia di Lecco.

Entrambe le specie sono molto simili tra loro sia nel comportamento che nell’aspetto fisico. Le contraddistingue invece un diverso habitat: il Rampichino comune vive nei boschi di bassa e media quota mentre l’alpestre frequenta boschi di conifere a quote più elevate. In natura resta complicato distinguerlo, specialmente se ci si trova nella fascia di transizione delle due specie o nel periodo invernale quando alcuni individui scendono a quote basse. L’aiuto per un’identificazione certa è dato dal suo flebile canto costituito da una monotona ripetizione di sottili note che però variano notevolmente da specie a specie e consentono un‘agevole identificazione.

Vocalizzazione del rampichino comune
Javier García Sáez, XC620283. Accessible at www.xeno-canto.org/620283.



Vocalizzazione del rampichino alpestre
Bodo Sonnenburg, XC624197. Accessible at www.xeno-canto.org/624197.


Questi piccoli uccelli dotati di ali corte e dal volo breve ed ondulato nidificano due volte all'anno, tra marzo e aprile e a giugno. La costruzione del nido avviene nei buchi e nelle spaccature dei tronchi, tra l'edera o dietro grossi pezzi di corteccia. La femmina depone da 7 a 9 uova, bianche e punteggiate di rosso, che vengono covate da entrambi i coniugi.
Nidificazione del rampichino in un disegno di John Gould, 1832-37

I rampichini sono sempre molto attivi nella ricerca di cibo. Se vi capita di passeggiare nei boschi o semplicemente nei parchi pubblici concentratevi con l’udito e con un po’ di fortuna potrete fare il piacevole incontro con questo piccolo e sfuggente folletto.
Un rampichino comune, “acrobata” del bosco.


1- Paolo Savi (Pisa 1798-1871) è stato un illustre geologo e ornitologo italiano. Tra le sue opere troviamo di notevole importanza per la storia dell'ornitologia italiana i 3 volumi (Pisa 1827-1831) “Ornitologia Toscana, descrizione e storia degli uccelli che trovansi nella Toscana”.

2 - Certhie è il genere di appartenenza del rampichino.


Bibliografia

Airone Numero 47, Editoriale giorgio Mondadori. Marzo 1985

Brichetti P. & Fracasso G., 2011. Ornitologia Italiana Vol 7. Perdisia Editore. Bologna

Frugis, S., Uccelli D’Europa, Rizzoli, 1972

Gould’s J., Birds of Europe, 1832-1837

Moltoni E., L’etimologia ed il significato dei nomi volgari e scientifici degli uccelli italiani. Milano 1946

Savi P., Ornitologia Toscana, ossia descrizione e storia degli uccelli che trovansi nella Toscana”. 3 volumi. Pisa 1827-1831