domenica 28 settembre 2014

Il culbianco, un incredibile viaggiatore

A settembre le praterie alpine si tingono di caldi colori. E’ terminata la stagione riproduttiva degli uccelli e poche sono le fioriture ed è tempo di prepararsi alla brutta stagione: la pernice bianca (LINK del post dedicato) muterà il piumaggio ma resterà in questi luoghi, il sordone a breve si trasferirà a fondovalle, il piviere tortolino (LINK del post dedicato) sosterà qui solo per un breve periodo per poi proseguire il suo viaggio verso i quartieri di svernamento e per altri passeriformi, che qui hanno nidificato, sarà tempo di migrare. Tra questi vi è il culbianco, uno straordinario viaggiatore.

La prateria alpina nei primi giorni di settembre.

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Le nubi si stagliano sul cielo, l’aria è frizzante, l’ambiente è suggestivo.

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La genziana germanica (Gentiana germanica) è, tra i fiori, l’ultima a sbocciare.

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Anfibi e rettili, essendo eterotermi, cioè incapaci di regolare la temperatura, passeranno l’inverno in tane o sotto il fango.

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Rana temporaria (Rana temporaria)

 

 

7_Lucertola vivipara (9)

 

 

 

 

 

 

Lucertola vivipara (Zootoca vivipara)

 

 

 

Tra i mammiferi, la marmotta si rintanerà e inizierà il suo lungo sonno invernale (letargo). Mette in atto cioè una straordinaria strategia evolutiva per superare le rigidità climatiche dell’alta montagna.

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Marmotta (Marmota marmota)

9_Pernice bianca (4)

 

La pernice bianca (Lagopus muta) in questo periodo ha il piumaggio ideale per confondersi con le rocce e a breve diventerà candida come la neve.

9_Pernice bianca (6)

 

 

 

 

 

 

Il sordone (Prunella collaris) è alla ricerca del cibo nel suo tipico ambiente roccioso. In inverno utilizzerà lo stesso habitat ma a fondovalle.

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11_Piviere tortolino (206)

 

 

 

Un gruppetto di pivieri tortolini (Charadrius morinellus) è in sosta migratoria sulla prateria alpina.

 

 

 

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Tra tutti questi frequentatori della prateria alpina c’è anche il culbianco, il protagonista di questo post.

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Gli ultimi giorni di settembre sono anche gli ultimi di permanenza nella prateria alpina
di questo giovane Culbianco
, presto inizierà il suo lungo viaggio migratorio.

 

Il culbianco (Oenanthe oenanthe) è un piccolo passeriforme migratore a lungo raggio con un areale riproduttivo molto ampio, che si estende dalle latitudini più elevate a quelle medie dell’intero continente euroasiatico. Questa specie appartiene all’ordine dei Passeriformi e alla famiglia dei Turdidi. Il curioso nome Culbianco è dato dal colore bianco delle piume del sopracoda mentre Oenánthe deriva dal greco oinánthe = un uccello che compare quando spuntano le gemme della vite, citato da Aristotele: è parola composta da óine = vite e ánthos = germoglio (1).

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Maschio di culbianco in abito riproduttivo.

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Femmina di culbianco in abito riproduttivo.

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Il culbianco è una specie politipica. In Italia è presente come nidificante la sottospecie libanotica. Le sue dimensioni sono di circa 15 cm per una apertura alare di circa 25-30 cm e il suo peso si aggira intono ai 25 grammi.

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Culbianco adulto e giovane nei pressi del nido.

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Questa specie è legata principalmente al terreno per la nidificazione e frequenta le praterie alpine e le zone di morena raggiungendo quote di 3000 metri in Europa e oltre i 4000 metri in Asia. Durante le migrazioni frequenta spazi aperti di varia tipologia come campi agricoli o spiagge.

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Culbianco in abito di transizione post riproduttivo.

 

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Come detto precedentemente, il culbianco è ampiamente distribuito da oriente a occidente – tra Nord America, Europa, Medio Oriente e Asia centrale – e da nord a sud, dallo Stretto di Bering all’Africa con popolazioni che raggiungono l’Alaska, il Canada e la Groenlandia. Terminata la stagione riproduttiva, le popolazioni estreme percorrono un viaggio migratorio che tra i Passeriformi è il più lungo in assoluto che li porta a svernare in Africa a Sud del Sahara, tra Senegal e Sudan e Zambia. Pa17_Culbianco (14)rticolare interessante è il fatto che il culbianco della popolazione Neartica sverni in Africa con la popolazione euroasiatica. Infatti, salvo rarissime eccezioni, non sono mai stati riscontrati svernamenti in zone temperate dell’America. Recentemente si ha avuto conferma di questa particolarità migratoria grazie ad uno studio effettuato da un gruppo di ricercatori, i quali hanno pubblicato un interessante articolo (LINK) in cui viene descritto che ad un gruppo di 46 individui è stato apposto un microscopico geolocator un dispositivo dal peso di 1,4 g che rileva con precisione la posizione giornaliera).

Culbianco in migrazione, ottobre, Pian di Spagna (CO).

Solo 4 geolocator hanno prodotto dati sufficienti, utilizzati poi dai ricercatori, confermando che anche le popolazioni canadesi, nordamericane o dell’Alaska svernano in Africa percorrendo un’incredibile viaggio trans-continentale che li porta ad attraversare lo stretto di Bering, la Siberia, le catene montuose asiatiche, il deserto arabico per un totale di ben 14.600 km tra la zona di riproduzione a quella di svernamento. Da questi risultati viene quindi naturale chiedersi quanto tempo il culbianco impieghi a fare tutta questa strada! L’articolo risponde riportando l’interessante dato che la migrazione primaverile e quella autunnale seguono le medesime rotte ma con tempi diversi: la popolazione canadese, nello specifico la sottospecie leucorhoa, ha percorso circa 290 km al giorno in autunno (850 km durante l’attraversamento dell’Oceano Atlantico) invece in primavera la media è stata di 130 km al giorno. Al contrario, la popolazione dell'Alaska a cui appartiene la sottospecie nominale ha percorso circa 160 km al giorno in autunno e 250 km in primavera.

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Rotte di migrazione e svernamento.
Punto grigio zona di riproduzione, blu di migrazione autunnale e arancio di migrazione primaverile.
Biology Letters - www.royalsocietypublishing.org

L’articolo termina con questa affermazione: In rapporto alle dimensioni del corpo, questo è uno dei viaggi migratori più lungo compiuto da tutti gli uccelli del mondo e solleva domande su come un uccello di queste dimensioni sia in grado di intraprendere con successo una tale fatica due volte l'anno, in particolare, per giovani inesperti di migrazione.

E questa è una domanda che mi sono posto anch’io quando nel mese di giugno mi sono imbattuto in questo pulcino di culbianco appena involato…

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Pertanto, non mi resta che augurare buon viaggio a questo intrepido passeriforme!

 

 

Bibliografia:

(1) Moltoni E., 1946, L’etimologia ed il significato dei nomi volgari e scientifici degli uccelli italiani – Milano

Brichetti, P. & Fracasso, G., 2008. Ornitologia Italiana Vol. 5 – Turdidae-cisticolidae. Alberto Perdisia Editore, Bologna.

lunedì 22 settembre 2014

Equinozio d’Autunno 2014

Il 23 Settembre, alle ore 02:29 UTC, inizia ufficialmente l’autunno. Con l’incamminarsi dell’anno verso la stagione fredda, anche la mantide religiosa termina il suo ciclo di vita. Su questo curioso animale sentiamo che cosa ha da raccontarci Giancarlo Colombo.

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Mantide religiosa Mantis religiosa, settembre, Pian di Spagna (CO).

In realtà il ciclo della mantide adulta si conclude – con la morte della femmina dopo aver deposto le uova – varie settimane dopo l’equinozio, piuttosto tardi rispetto a molti altri insetti: quella che scientificamente porta il nome di Mantis religiosa, classificata nell’ordine dei Mantoidei o Mantodei, schiude come larva in giugno ma completa il suo sviluppo diventando adulta solo in agosto, per cui l’ovideposizione avviene di solito in settembre-ottobre.

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Interessantissima è la struttura di protezione delle uova, detta ooteca, nella quale le stesse passano l’inverno al riparo. Fabbricata dalla madre con un materiale schiumoso che essiccando all’aria prende consistenza legnosa e costituisce un eccellente isolante termico, rimane incollata al substrato su cui viene deposta; può raggiungere le dimensioni di una piccola noce ed è di colore tra il grigio e il beige. Ve ne copio una raffigurazione qui sotto, ricordando la meraviglia provata da ragazzo la prima volta che ne scoprii una, dopo averla vista spesso raffigurata sui libri.

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Ooteca di mantide religiosa da cui stanno schiudendo le larve.
Da
Les Insectes I di Paul-A. Robert, Delachaux & Niestlé, Neuchâtel, 1960.

 

 

Meraviglia non solo mia: un antico libro francese sugli Insetti raffigura un’ooteca di mantide sospesa come qualcosa di prezioso al collo di un idolo africano, forse anche perché in alcune regioni dell’Africa l’insetto è ritenuto una divinità. Per inciso, i Mantoidei contano circa 2000 specie nel mondo e sono soprattutto tropicali; in Italia ne sono presenti all’incirca una quindicina.

 

Ooteca di Mantoideo sospesa a un idolo africano.
Da H. Coupin,
L’amateur de Coléoptères, Baillière, Paris, 1894.

Non appena abbandonata l’ooteca con l’uscita all’aperto, le larve sono già agguerrite cacciatrici; nonostante le loro minuscole dimensioni, intorno ai 6,5 mm (ne approfitto per riferirvi che negli adulti la femmina, più grande del maschio, arriva ai 7,5 cm), qualche entomologo paziente è riuscito ad allevarle nutrendole di afidi, i pidocchi delle piante comuni sulle rose!

Ma non è tanto sul loro ciclo vitale che Roberto mi ha chiesto di soffermarmi oggi, quanto piuttosto su credenze e superstizioni ispirate da questo animaletto, che ha sempre affascinato e impressionato gli uomini per varie ragioni, a incominciare dall’aspetto così insolito.

Partiamo dalle sue zampe anteriori, quelle che hanno valso alla mantide la qualifica di religiosa, dato che quando l’animale le tiene ritratte contro il corpo ricordano vagamente bracc4_MantisLegGBMNHia piegate verso il petto e mani giunte in atteggiamento di preghiera. Niente di più fuorviante, dato che si tratta invece di terribili, efficientissime armi da predatore, tanto da meritare la definizione tecnica di zampe raptatorie, da rapina. Con esse la mantide, dopo aver studiato attentamente la preda, la ghermisce con uno scatto improvviso e rapidissimo, della durata di pochi decimi di secondo.

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Zampa raptatoria di una mantide.
By British Museum of Natural History
[Public domain], via Wikimedia Commons.

 

Non tutti sanno, però, che il modello è comune ad altri ‘carnivori’ appartenenti a gruppi anche molto lontani, per esempio Insetti molto più piccoli chiamati Mantispe, per la somiglianza puramente esteriore con i Mantoidei; e persino, con qualche minima variante, ad animali marini come certi Crostacei, che degli Insetti sono cugini per lo più acquatici (per inciso ne esiste anche qualche specie terrestre, come il comune Porcellino di terra). Tra questi ultimi, se amate il cibo di mare conoscerete di sicuro la cosiddetta cicala o canocchia, riprodotta nella foto qui sotto. Guardate presso la sua testa le due grandi appendici scientificamente denominate massillìpedi, cioè piedi mascellari (l’animale ne ha cinque paia ma le altre, molto più piccole, qui non sono visibili): osserverete un caso esemplare di quella che i naturalisti chiamano convergenza evolutiva, il fenomeno per cui animali che conducono vite analoghe – o parti del loro corpo – assumono forme simili. In questo caso la somiglianza delle appendici raptatorie, orientamento a parte, è così forte da aver suggerito per il Crostaceo il nome scientifico di Squilla mantis.

  Mantis Shrimp adult

 

 

 

Canocchia o Cicala di mare, Squilla mantis (fonte: www.fishingtarget.com). Si osservi il secondo paio di massillipedi trasformati in appendici raptatorie.

 

 

 

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Quanto al significato del termine mantide, prendo spunto da considerazioni interessanti (anche se non sempre corrette) trovate in Internet, annotandole là dove ce n’è bisogno. Purtroppo non sono in grado di risalire all’autore, dato che diversi siti riportano gli stessi brani ma con firma differente, rivelando trattarsi di squallide copiature e relativi plagi: brutta abitudine resa possibile, e comoda, dal taglia e incolla, operazione che purtroppo riproduce e diffonde anche gli eventuali errori.

“…deriva dal greco “mantis”, che significa profeta, colui che pre-vede. E sono proprio i concetti della vista e dello sguardo uno dei motivi che hanno contribuito a rendere l’insetto alquanto inquietante. Il viso (d’accordo che l’autore attribuisce alla mantide un aspetto antropomorfo, cioè simile all’uomo, ma non esageriamo: io direi il capo, o la testa, dato che il viso gli insetti non l’hanno, n.d.r.) triangolare presenta sulla sua sommità due grandi occhi sporgenti che portano al culmine un piccolo puntino nero che assomiglia ad una pupilla”.

 

9_Mantide religiosa_Pian di Spagna ed(30)_filtered

 

Aggiungo subito che si tratta di una sbalorditiva illusione ottica. Gli occhi della mantide, come quelli della maggior parte degli Insetti, sono composti di un gran numero di sottounità dette ommatìdi, accostate le une alle altre, attraverso le quali l’animale vede come attraverso una griglia in cui ogni “riquadro” è la visione del singolo ommatidio; quando l’occhio composto, come nella mantide, è particolarmente grande e convesso e gli ommatidi sono molto piccoli e numerosi, sulla superficie a reticolo si viene a creare, per un gioco di luce, una specie di piccola area nera di forma circolare o ellittica, detta pseudopupilla (pseudo = falsa).

Se fenomeni analoghi, pur se meno pronunciati, si possono osservare anche in altri Insetti, in cui la macchia è più allargata e appare come un’ombra o un riflesso metallico diffuso, nella mantide la nitidezza e le piccole dimensioni della falsa pupilla hanno un effetto che non esito a definire allarmante, per il disagio che provoca: col movimento del capo dell’insetto o con lo spostarsi di chi lo sta guardando, o con la combinazione di entrambi, la macchia sembra muoversi e seguire l’osservatore, restando puntata verso di lui come uno sguardo tutt’altro che benigno. Al riguardo l’unico esempio di filmato breve che ho rintracciato in youtube, anche se il fenomeno può essere assai più vistoso, lo trovate a questo LINK. 10_Mantide religiosa_Pian di Spagna ed(23)

Se invece avete più tempo vi consiglio la visione di questo bel documentario tedesco, che qui è tradotto in spagnolo, lingua per molti meno ostica: LINK a 0.35” si vede assai meglio la pseudopupilla e più avanti ci sono interessanti riferimenti di cui riparleremo.

Si aggiunga che il capo può ruotare di 180 gradi, caso unico tra gli Insetti. Tale circostanza accentua ulteriormente l’impressione che l’animaletto riesca a non perderti mai di vista, anzi ti tenga d’occhio deliberatamente, tanto da far scrivere al sociologo francese Roger Caillois in “Il mito e l’uomo”, nel quale dedica un intero capitolo alla simbologia delle mantidi: “le altre (bestiole) possono soltanto vedere, le mantidi possono guardare”.

L’ impatto psicologico sull’osservatore sprovveduto è alquanto sgradevole e probabilmente costituisce il principale motivo per cui la mantide ha fatto tanto colpo sull’uomo fin dai tempi più antichi. Data la credenza pressoché universale nel malocchio, la possibilità di “lanciare” addosso a qualcuno malattie o disgrazie per mezzo di uno sguardo malevolo, in molte culture questa funesta capacità è stata attribuita all’insetto. Ancora da Internet: “Aristarco (sic) riteneva che il suo sguardo presagisse sventura a colui che lo subiva, uomo od animale che fosse, mentre presso i Romani se qualcuno si ammalava gli si soleva dire ‘la mantide ti ha guardato’ ”.

11_Mantide religiosa_Pian di Spagna ed(20)Sarei curioso di sapere da dove proviene quest’ultima informazione, dato che il termine Mantis è stato inventato solo nel ’700 da Linneo (che per coniarlo ha trasposto in forma latina il vocabolo greco antico) e non esiste nei dizionari di latino classico, con nessun significato. Non sono riuscito a scoprire se Plinio parli del nostro soggetto, e in tal caso con che nome, in qualcuno dei ben 37 libri della sua ponderosa Naturalis historia; ma è più probabile che la superstizione di cui sopra si riferisca a qualche tipo di spettro e non all’insetto.

Per la prima affermazione, invece, ci troviamo quasi sicuramente davanti a un qui pro quo. Il celebre Aristarco di Samo, astronomo, vissuto tra il 310 e il 230 a. C., fu il primo ad affermare che la Terra ruota intorno al Sole, mentre il meno noto Aristarco di Samotracia (216-144 a. C.), bibliotecario ad Alessandria d’Egitto, fu filologo e commentatore di poeti greci; ma che io sappia, né l’uno né l’altro scrissero di argomenti naturalistici. Verosimilmente non abbiamo a che fare con Aristarco bensì con Aristotele, il grande filosofo autore (anche) di vaste e approfondite opere sugli animali, il quale, pur essendo considerato uno dei fondatori della zoologia, non era del tutto immune dalle credenze del suo tempo: afferma infatti che la mantide è una creatura dell’Ade, il regno dei defunti, capace di ipnotizzare i viaggiatori solitari e condurli a morte. Per restare nel mondo greco classico, sembra poi che l’insetto fosse associato al personaggio di Cassandra, inascoltata profetessa di sventure.

Tra le poche tradizioni che in Europa riconoscono alla mantide qualche aspetto positivo ce ne sarebbe una secondo la quale la bestiola, in filastrocche infantili, “è un’indovina e indica il cammino ai bambini smarriti perché intuisce per istinto dove sia il lupo” (Internet). La credenza è probabilmente dovuta al fatto che la mantide ogni tanto distende una delle zampe raptatorie, sembrando così indicare una direzione. Quanto all’attributo di religiosa, qualcuno vuole che sia di origine cristiana: al riguardo, però, oltre al nome provenzale – riportato dal Fabre – di prégo-Diou (prega-Dio) e a quello diffuso in Romania di calagurita (monaca), sempre Internet riferisce come “presso i Turchi si crede che le sue zampe siano sempre orientate verso La Mecca, la città santa dei musulmani”. Poiché il cristianesimo è più antico dell’Islam, non è comunque da escludere che la tradizione sia passata, adattandosi, da una cultura religiosa all’altra.

La mantide era invece indubbiamente un animale sacro per gli antichi Egizi, che la veneravano ricollegandola al regno dei morti e addirittura ne conservavano il corpo mummificandolo; si può vedere un interessantissimo reperto archeologico di mantide mummificata a 7’52” del già menzionato documentario al LINK, dove a 13’18” si parla della mantide presso gli antichi Greci, a 13’30”si ricorda l’opinione di Aristotele e a 14’01” è mostrata una moneta coniata nella colonia greca di Metaponto, fondata nel VII secolo a. C. nell’attuale Basilicata, che raffigura l’insetto insieme con una spiga, simbolo di culti di divinità dell’oltretomba. Per finire, nell’Africa moderna i boscimani del deserto del Kalahari la ritengono anch’essi di natura divina e la invocano perché li aiuti a trovare l’acqua.

12_Mantide religiosa_Pian di Spagna (51)Resta qualcosa da dire sul fatto che la femmina della mantide religiosa divora il maschio dopo l’accoppiamento e spero di non deludervi saltando a piè pari tutte le considerazioni – troppe! – di carattere psicologico collegate alla sessualità umana. Incominciamo con lo sfatare un mito: a volte il maschio riesce a fuggire incolume, o più probabilmente viene lasciato fuggire; ed esistono specie di Mantoidei in cui questa forma di cannibalismo nuziale non si riscontra affatto. Per contro può verificarsi, anche se non abitudinariamente, in altri animali parenti degli Insetti, gli Aràcnidi: tra essi, le femmine di diverse specie di ragni e scorpioni possono attaccare i rispettivi maschi e cibarsene, tanto che esistono specifici rituali a base di gesti di riconoscimento con cui gli aspiranti cavalieri “ammansiscono” le pericolose dame, cui si segnalano come eventuali partner, per evitare di essere qualificati invece come possibili spuntini.

Sta di fatto che nella Mantis religiosa il banchetto della sposa a spese dello sposo avviene spesso. Ma per capirne i motivi e il senso dobbiamo spogliarci da ogni metro di giudizio umano e cercare di immedesimarci nella logica della natura: non esistono animali buoni o cattivi, feroci o miti, vincitori o vinti, ma soltanto esseri viventi di cui l’evoluzione, nel corso di centinaia di migliaia di generazioni, ha codificato complessi comportamenti obbligati, ai quali il singolo non ha la possibilità di sottrarsi.

Per deporre le uova e fabbricare contemporaneamente l’ooteca, la femmina ha bisogno di una gran quantità di proteine; e la fonte più vicina è il maschio che le sta aggrappato sul dorso. Si tenga presente inoltre che lo stadio adulto degli Insetti è solo il breve anche se importantissimo momento culminante dell’esistenza (che negli stadi precedenti può durare anni): quello in cui la specie deve porre le basi per la propria continuazione. Una volta tramandati i propri geni ai discendenti, gli individui che lo hanno fatto hanno esaurito il loro ruolo e la loro ulteriore sopravvivenza sarebbe del tutto superflua.

E’ così che nella stragrande maggioranza degli animaletti a sei zampe il maschio muore dopo la stagione degli accoppiamenti e la femmina dopo la deposizione delle uova. La circostanza che nella mantide il corpo del primo, dopo che la testa ne è stata divorata, grazie alla struttura del proprio sistema nervoso continui efficientemente a fecondare la seconda, fa parte degli ineludibili comportamenti programmati di cui dicevamo; e se proprio ci teniamo ad appiccicare a ogni costo una morale a un evento per noi così strano, dobbiamo semplicemente osservare con rispetto che le due bestiole hanno fatto fino in fondo la loro parte di brava mamma e bravo papà.

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martedì 9 settembre 2014

Il sentiero del viandante da Varenna a Lierna tra acque spumeggianti e fragranze di lauro e ciclamino

Un altro post dedicato alle località lariane: in particolare voglio parlare del tratto di sentiero del viandante che da Varenna conduce a Lierna.

L’intero tracciato denominato “Sentiero del viandante” come lo conosciamo oggi, si estende sulla sponda occidentale del Lario tra Abbadia Lariana e Colico. La configurazione geologica impervia porta a sviluppare questo percorso in ambiente montano toccando quote di circa m 800.
Le origini di questo percorso vengono attribuite all’epoca romana (1) ma venne abbandonato nel 1830 in seguito alla realizzazione della strada rivierasca a lago (l’attuale SP 72) opera imponente per l’epoca, progettata dall’ingegnere Carlo Donegani, progettista dei Passi alpini dello Stelvio e dello Spluga.
1_Varenna (1)

Il sentiero del viandante era infatti poco agevole per essere utilizzato come importante via di comunicazione considerando che per il trasporto sia delle persone che delle merci, la via lacuale era sicuramente più comoda e veloce.

Un tempo questa via di comunicazione veniva indicata con diversi nomi come: via Ducale, via Regia e, in tempi più recenti, Napoleona. Tuttavia prende l’attuale nome di Sentiero del viandante (usando una dizione presente ad Abbadia e Mandello almeno dal 1859) nel 1992 per merito dell’Azienda di Promozione Turistica del Lecchese che riscopre e sistema, ad uso turistico ed escursionistico, l’antico percorso.

 

Dopo questa sommaria ricostruzione storica dell’antico percorso iniziamo il nostro itinerario partendo dalla piazza del paese di Varenna.

   

Al mattino, la sagoma del campanile di Varenna
si staglia in controluce nel cielo

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Presso Villa Monastero si prende la strada asfaltata che sale a monte della ferrovia che conduce al cimitero dove una ripida scala porta ad un pianeggiante sentiero che ci conduce alla sorgente del Fiumelatte

 

 

Villa Cipressi vista dalla strada del cimitero

 

 

3_(9)

 

 

 

 

 

 

 

A circa metà strada tra il cimitero e la sorgente del Fiumelatte, una deviazione verso monte conduce in pochi minuti alla località Baluardo, uno sperone roccioso cinto da cipressi, dove si gode uno dei panorami più suggestivi del percorso.

4_Varenna (15)Imbocco del sentiero per il Baluardo

 

 

 

 

 

I cipressi del baluardo

 

5_Varenna (17)

Varenna vista dal Baluardo

(1) Un anonimo nel 1907 descrisse questo panorama così:

“…Vista dal ramo di Lecco o da Fiumelatte, il suo aspetto è dei più belli e sorprende il passeggero in un’estasi di contemplazione, che rapisce e conquista. Da quel lato, infatti, la disposizione naturale del terreno ha potuto permettere un completo sviluppo di ville splendide e di alberghi, che la mano creatrice dell’uomo, spandendovi tesori di ricchezze incommensurabili, ha saputo tramutare in veri luoghi di soggiorno paradisiaco, dove nulla difetta di tutto ciò che la immaginosa bramosità umana può desiderare…”

6_Varenna (25)

Il Paese di Fiumelatte e il promontorio di Bellagio visto dal Baluardo

Lasciato il Baluardo si riprende il sentiero per la sorgente dove, tra la vegetazione, abbonda l’alloro Laurus nobilis che con le fioriture dei ciclamino odorano l’aria di gradevoli profumi.

7_Ciclamino (10)

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Ciclamino Cyclamen repandum

9_ (5)

 

Caratteristici muri a secco ricordano un tempo antico dove la terra per i coltivi era “rubata” all’impervia rupe scoscesa.

 

10_Cornu aspersum (8)

 

 

 

 

La propensione all’osservare ciò che la natura offre, ci fa soffermare su graziose chiocciole e l’interessante accoppiamento di due lumache.

Cornu aspesum

11_Chilostoma cingulatum (1)

 

Chilostoma cingulatum

 12_Arion vulgaris (1)

 

 

 

 


Accoppiamento di
Arion vulgaris

 

 

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Il Fiumelatte

Il Fiumelatte, lungo appena 250 metri, precipita spumeggiante con una pendenza media di 36°. Questa caratteristica fa sì che l’acqua si infranga violentemente su grossi massi assumendo un colore bianco-latte da cui trae il nome. Da sempre questo corso d’acqua ha affascinato poeti, turisti e studiosi. Tra quest’ultimi il più famoso fu Leonardo da Vinci che nel suo “Codice Atlantico” così lo descrive:15_Fiumelatte (30)

”…È il Fiumelaccio, il quale cade da alto più che braccia 100 dalla vena donde nasce, a piombo nel lago, con instimabile strepitio e rumore. Questa vena versa solamente agosto e settembre...”(3)

14_Fiumelatte (40)17_Fiumelatte (5)

La grotta da dove sgorga il Fiumelatte

 

Anche i versi di un poema del Parlaschino sono dedicati al Fiumelatte:

Lode del Fiumelatte (4)

Balza ch’el fa parer candido latte,
l’acqua si rompe tra macigni neri,
e fa un’acqua spumosa dove batte
che appresso e da lontan par vero latte
dà da filosofar a dotti veri,
perché s’asconde e mostra a suo talento
o bianco come latte o come argento.

 

16_Fiumelatte (16)

 

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Il sentiero, tenendo la destra idrografica del fiume, scende al paese di Fiumelatte, frazione di Varenna, e incrocia la via Padre Luigi Mellera. Ritornando verso nord possiamo osservare una caratteristica fontana denominata “Samaritana”, dove l’acqua sgorga solamente con la presenza attiva del fiume.

 

19_Fiumelatte (58)

 

A dire il vero il Fiumelatte è un torrente temporaneo, con una stagionalità dell’emissione delle acque, che compare in primavera allo sciogliersi delle nevi della Grigna e scompare in autunno. Non sono rari però periodi di secca o di attività fuori periodo dovuti al variare delle condizioni metereologiche.

   

Sul ponticello che attraversa il Fiumelatte, un datato cartello indica la sua brevità20_Madonna nera (4)

 

   

 

Riprendendo il percorso verso Lierna, il sentiero ci conduce alla piazzetta dove sorge la Chiesa dedicata all’Annunciazione. Questa chiesa fu edificata nel 1967 sostituendo una precedente del 1685 dedicata alla Beata Vergine Maria di Loreto della quale rimane un simulacro ligneo raffigurante la Madonna nera che porta in braccio il bambino dalla pelle bianca. Pare che sia l’unico esempio di una così singolare raffigurazione della Madonna di Loreto.

 

 

 

Il percorso ci obbliga a percorrere un breve tratto di strada provinciale. all’altezza di una strettoia verso il lago è situata la Villa Capoana, eretta da Ercole Sfondrati Duca di Monte Marciano nell’anno 1605. Riccamente adornata di dipinti e giochi d’acqua provenienti dalla vicina Fonte Uga, questa villa a causa della costruzione della strada nel 1830 venne divisa in due parti e irrimediabilmente snaturata dello splendore che antichi documenti le attribuivano. 21_Fiumelatte (59)22_Fiumelatte (60)

 

 

 

 

 

 

La Villa Capoana

 

In prossimità della Villa Capoana si trova una sorgente d’acqua perenne dal nome Fonte Uga. Oltre ad abbellire di cascatelle la Villa Capoana questa fonte fornisce anche l’acquedotto comunale di Varenna quando il Fiumelatte è in secca.23_Sorgente Uga (64)

 

L’abate Giovio in un elegante e scherzoso sonetto così descriveva la proprietà di quest’acqua:

«di tal virtù che i pesci morti avviva
e i vivi privi del vital lume»

 

 

Alla sorgente Uga

Uga, vanto dei ruscelli dall’onda pura, nitidissima,
più gelida del ghiaccio, più pura del cristallo,
volteggiando con mormorìo selvaggio tra spumeggianti sassi,
non scema l’onda d’estate, non aumenta d’inverno.(5)

 

 

24_Pino (7)

 

 

 

Lasciato definitivamente l’abitato di Fiumelatte prendiamo la via per Pino e di seguito la ciottolata via Caraa.

25_Fiorrancino (2)

 

 

 

 

 

 


Un fiorrancino
(Regulus ignicapilla)
ci accompagna nel percorso

La via Caraa

26_Pino (3)

 

La via Caraa ci conduce alla frazione di Pino, antico abitato da cui proviene la famiglia omonima del generale napoleonico Domenico Pino.

27_Pino (14)

28_Pino (8)

Edicole votive a Pino                                                                                           Uno scorcio della frazione di Pino

29_ (31)

 

 

Da Pino proseguiamo a sinistra per la via Roslina fino a giungere in prossimità della SS 36. Poco oltre la cabina elettrica, ci inoltriamo nel bosco per incontrare finalmente il vero e proprio tracciato del Sentiero del Viandante che lentamente nel bosco prende quota.

 

 

30_ (53)

 

 

 

 

 

Superata la stretta Valle del Petfer (mt 584) e un varco in uno sperone roccioso, una breve variante sulla destra ci porta a un belvedere da cui si gode di un bel panorama.

 

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Un tratto di sentiero nella prossimità
della Valle del Petfer

 

 

 

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Il centro Lago di Como, in primo piano il promontorio di Bellagio, sullo sfondo il Monte Crocione

 

33_ (80)

Il sentiero riprendere a salire con decisione attraverso un bosco di castagni raggiungendo un pianoro dove sorgono due costruzioni diroccate: siamo a Cascina Roslina, m 700.

34_Codibugnolo(6)

 

 

 

 



Ruderi a Roslina


Unica presenza a Roslina… un gruppetto di Codibugnoli
(Aegithalos caudatus)

Lasciata Roslina riprendiamo brevemente a salire, prima di affrontare l’impervia Valvachera, con i suoi dirupi. Arrivati al suo apice ci portiamo sul lato meridionale della valle sbucando così in vista delle case di Coria m 780, che segnano il punto più elevato del percorso.

35_ (87)36_ (88)

 

 

 

 

 

 

 

Cascine Coria

 

37_ (92)

 

Il percorso qui si divide: si può andare verso Ortanella o scendere a Lierna, come faremo noi.

 

38_Marasmius bulliardi (1)

 

 

 

 

 

 

 


Nel sottobosco umido fanno bella presenza una grande quantità di esili funghi
(Marasmius bulliardi)

39_Lucertola muraiola (10)

 

 

Mentre sulle nude rocce una Lucertola muraiola
(Podarcis muralis) si gode il sole

 

 

 

Superiamo la Valle della Boggia, con un'ampia panoramica vista sul lago e sullo scoglio del Vedrignano.

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41_(119)

 

 

 

 

 

Il Ramo di Lecco…

…e lo scoglio del Vedrignano

 

43_Lierna (143)

 

 

Dopo aver attraversato le pendici del Sasso della Botte, la Valle della Pianca, incrociamo la Cascina Nero di m 382, dove domina un tabernacolo Mariano.

 

 

Località Nero

 

 

l sentiero passa sotto i dirupi del Brentalone e da un punto panoramico si ha un’ incantevole vista sulla riva bianca e la penisola del Castello di Lierna, un intrico di viuzze risalente al 1124.

44_(150)

La penisola del Castello di Lierna

 

Il nostro viaggio termina qui ma solo per ora. Ci ripromettiamo di proseguire il nostro percorso sul Sentiero del viandante stimolati dalla ricchezza della storia e dai piacevoli paesaggi.

1 - Da: Le antiche vie di comunicazione del territorio orientale del Lario e le loro Fortificazioni.

2 – Da: Varenna che Sfugge.

3 - Foglietto 214 del Codicee Atlantico in Ambrosiana - Varenna e Monte di Varenna.

4 - Paolo Emilio de Busi detto il Parlaschino (1571-1653) – Varenna che Sfugge.

5 - Sigismondo Boldoni (1597-1630) , traduzione di Don Lauro Consonni – Varenna Che Sfugge.

 

Bibliografia

Adami V. – Varenna e Monte di Varenna, 1927 – ristampa anastatica a cura dell’Associazione Culturale “Luigi Scanagatta” – Varenna, 1998 – LINK

Pensa P. –Le antiche vie di comunicazione del territorio orientale del Lario e le loro Fortificazioni, 1977 – Editrice Pietro Cairoli, Como.

Brivio D. – Lungo “Quel Ramo”,1985 – Edizione Banca Popolare di Lecco

Borghi A. – Sentiero del Viandante, 1992 – Azienda Promozione Turistica Lecchese

Brembilla G. &  Brembilla R. – Varenna che Sfugge, 1996 – Editore Associazione Culturale “Luigi Scanagatta” Varenna – LINK